*La voglia di tornare*
Fiorenza si svegliava sempre prima della sveglia, come se dentro di lei ci fossero un orologio perfetto. Si alzava, si lavava e preparava la colazione. Quando il marito entrava in cucina, rasato di fresco e profumato di acqua di colonia, sul tavolo lo aspettavano uova strapazzate o alla coque, affettati, formaggio, pane tostato e una tazza di caffè forte. Lei si accontentava solo di un caffè e qualche pezzetto di formaggio, senza pane.
Vivevano insieme da trent’anni. In tutto quel tempo si erano studiati così bene che quasi non parlavano, soprattutto al mattino. «A stasera», «Farò tardi oggi», «Grazie…» Dagli sguardi, dai passi, persino dal silenzio capivano l’umore dell’altro. A che servivano tante parole?
«Grazie», disse Leonardo, finendo il caffè, e si alzò.
Quando avevano cominciato a vivere insieme, la baciava sempre sulla guancia prima di uscire per lavoro. Adesso non lo faceva più, si limitava a ringraziare e andare via. Lui lavorava come ingegnere alla fabbrica di treni, partiva presto perché doveva attraversare tutta Roma nel traffico.
Fiorenza sparecchiò, lavò i piatti e si preparò. Insegnava all’università, che distava due fermate di autobus da casa. Andava sempre a piedi, con qualsiasi tempo, anche con vento e pioggia. Alta, sportiva, asciutta. Indossava abiti solo d’estate. All’università portava sempre tailleur grigi, a righe sottili, con camicette pastello sotto la giacca.
I capelli, un tempo scuri, erano diventati grigi. Non li tingeva, li raccoglieva in una treccia sottile e li sistemava a chiocciola sulla nuca. Niente trucco, niente gioielli, solo la fede.
Come insegnante, parlava molto durante lezioni e seminari. A casa preferiva il silenzio. Al marito andava bene. Amava la quiete. Per molti erano la coppia perfetta. Non litigavano, non discutevano.
Leonardo era più grande di due anni, ma restava un uomo attraente. Fiorenza si era abituata all’attenzione che le donne gli rivolgevano. Una volta era gelosa, poi, con gli anni, aveva sviluppato un atteggiamento filosofico. «Dove vuoi che vada? Nessuna lo nutrirebbe come faccio io», diceva a se stessa. E in effetti cucinava divinamente.
Avevano una figlia, che dopo la laurea si era sposata con un militare e se n’era andata con lui.
Gli studenti avevano un po’ paura di Fiorenza. Sorrideva di rado, sempre controllata e pacata. Ma non era cattiva. Persino agli esami si poteva trattare con lei. Se uno studente ammetteva onestamente di non sapere la risposta ma di aver studiato, lei lo aiutava, spesso tirandolo fuori con un ventiquattro. Ma se beccava qualcuno a copiare, lo cacciava senza pietà, e alle bugie rispondeva con un due. C’erano anche furbetti che non studiavano, sperando di strappare un diciotto con uno sguardo supplichevole. Ma non funzionava. Fiorenza sentiva le menzogne e non le perdonava.
Con nessuno del dipartimento aveva legami profondi, e non partecipava ai pettegolezzi.
Una volta, in mensa, sentì la conversazione di due matricole. Era seduta di spalle e non l’avevano notata.
«Che ne pensi della prof? Una zitellona. Se non avesse la fede, direi che è una vecchia nubile», disse una.
«Ha un marito, tra l’altro piuttosto carino. E una figlia, già sposata», aggiunse l’altra.
«E cosa ci trova in lei, se è carino? E tu come lo sai?»
«Abitiamo nello stesso palazzo. Secondo me è normale.»
«Normale un corno. Si veste come un uomo. Dubito abbia un seno.»
Fiorenza finì il pranzo, si alzò e le guardò.
«Scusate», farfugliarono, arrossendo.
*Zitellona. Vecchia nubile. Così la vedono.* In sala professori si osservò allo specchio. *Davvero. Cosa ha trovato Leonardo in me?* Suonò la campana e Fiorenza andò a lezione.
A casa si mise subito a cucinare. Decise di preparare uno spezzatino in coccio, che sarebbe stato pronto per l’ora del suo rientro. Tutto era pronto. Si avvicinò alla finestra. Leonardo parcheggiava sempre sotto casa. Ma la macchina non c’era. All’improvviso, la serratura della porta d’ingresso scattò.
Fiorenza si stupì e andò in corridoio.
«Non hai preso la macchina? È rotta?»
«No, l’ho lasciata altrove.»
Non chiese perché. Tornò in cucina per tirare fuori lo spezzatino dal forno. Leonardo la seguì e si sedette.
«Fiore, siediti.»
Tolse il guanto da forno e si sedette di fronte a lui, incrociando le dita. Capì subito che qualcosa non andava. Lui evitava il suo sguardo. Tra loro c’era sempre stato un rapporto riservato. Ma ora sembrava un estraneo, distante e teso.
«Allora. Io amo un’altra donna. E me ne vado con lei», disse, asciugandosi la fronte sudata.
Fiorenza strinse le dita fino a farle male.
«Mi dispiace. Vado a prendere le mie cose.» Si alzò e uscì dalla cucina.
Fiorenza rimase seduta. *Vai, fermalo, parlagli…*, le ordinava una voce interiore. Ma non si mosse. Sentì l’armadio aprirsi, le grucce vuote che tintinnavano. Poi un cassetto, forse i documenti. Il rumore di una valigia che si chiude. Per un po’, dalla camera non arrivò alcun suono. Poi le ruote della valigia che scivolavano sul tappeto e poi sul pavimento del corridoio.
Leonardo impiegò un’eternità a mettersi il cappotto e le scarpe. *Ora entra e dice che ha cambiato idea, che mi ama solo io…*, sperò. Ma la porta si chiuse e la serratura scattò. Fiorenza rimase seduta ancora un po’, fissando il vuoto. Poi sciolse le mani, si coprì il viso e pianse.
Ecco perché non aveva parcheggiato sotto casa. Perché i vicini non vedessero. O forse c’era l’altra, in macchina? Si alzò e si sciacquò il viso. *Lo spezzatino…*
Il primo impulso fu buttarlo nella spazzatura, coccio e tutto. Poi ricordò la coppia anziana che viveva al loro piano e decise di portarlo a loro. Lo tirò fuori dal forno, ancora caldo, lo avvolse nella stagnola e lo portò ai vicini.
Ad aprire fu una giovane donna.
«Buongiorno. Dov’è…» cominciò Fiorenza, poi si ricordò di non sapere i loro nomi.
«Cercate i Moretti? Hanno venduto, il figlio li ha portati a vivere con sé. Noi abbiamo comprato, ci siamo trasferiti ieri. Entrate, vi prego. Mi chiamo Alessia, mio marito è Marco. Che buon profumo.»
«È per voi. Benvenuti», disse Fiorenza.
Voleva sorridere, ma i muscoli del viso non rispondevano. Consegnò i cocci alla donna sorpresa e tornò a casa.
Quella notte non riuscFiorenza chiuse gli occhi e sorrise, finalmente libera di vivere la sua vita senza più chiedersi se lui sarebbe tornato.