L’Amica

Arianna chiuse il file e lo inviò alla sua email lavorativa. Lunedì in ufficio lo avrebbe aperto, stampato, timbrato e consegnato il rapporto. Fatto! Libertà!

Lavorava come contabile in una piccola azienda di Milano. Il carico di lavoro era pesante, ma lo stipendio era buono, e l’ufficio era a due passi da casa. Niente ore perse nel traffico o nella folla dei mezzi pubblici. Una passeggiata per arrivare, un po’ d’aria fresca.

In contabilità erano tutte donne. Non era stretta con nessuna. Quasi tutte avevano famiglia, figli, mentre Arianna era single. Se qualcuna le chiedeva aiuto, di prendersi parte del lavoro, non rifiutava mai. Lavorava a casa la sera e nei weekend, come quella volta.

Sabato mattina si era alzata presto e si era subito messa al laptop, controllando tutto un’ultima volta prima d’inviare il file. Ora poteva finalmente sistemarsi e fare colazione, e poi… Ma un squillo del telefono le interruppe i pensieri.

“Arianna, ciao!” disse una voce femminile allegra dall’altra parte.

“Ciao,” rispose Arianna, cauta. “Chi parla?”

“Dai, non mi riconosci? Sono io, Michela!”

“Michela?” ripeté Arianna, incredula. “Sei a Milano?”

“Non ancora, sto arrivando,” rispose quella ridendo.

Arianna non sapeva che dire. Di tutte le persone che si aspettava di sentire, l’ultima era la sua amica del liceo. Dopo il suo tradimento quindici anni prima, non si erano più sentite. Ora rimpiangeva di non aver cambiato numero.

“Ari, a Milano non ho nessuno tranne te,” riprese Michela, rompendo il silenzio. “Puoi venirmi a prendere? Per favore. Sono divorziata da Luca. Ho deciso di ricominciare.” La voce era spenta, quasi colpevole.

Arianna non voleva vederla. Ma erano passati tanti anni, ormai era tutto acqua passata. E poi, voleva notizie della loro città natale. Va bene. L’avrebbe accompagnata dove serviva e basta.

“A che ora arriva il treno?” chiese, senza entusiasmo.

“Tra venti minuti. Vieni?” La voce di Michela si era illuminata.

“Ci vorrà almeno un’ora tra autobus e metro. Aspetti? Allora non muoverti, resta nella sala principale.” Arianna sentiva la sua voce e non credeva di starle dicendo di sì.

“Ti aspetto,” promise Michela.

Arianna guardò con rammarico la teiera fredda, andò in bagno a lavarsi, si truccò in fretta, si vestì e uscì. Affittava un monolocale in una zona periferica di Milano. Piccolo, ma economico.

Nella sala della stazione, Arianna si guardò intorno smarrita. Come avrebbe trovato Michela in quella folla? Non la vedeva da quindici anni, l’avrebbe riconosciuta? Camminava lentamente, cercando di farsi notare.

“Arianna!” la chiamò una voce allegra.

Dai chioschi le venne incontro una Michela riconoscibile, ma cambiata. Era ingrassata, si era schiarita i capelli, il trucco pesante la invecchiava, ma Arianna la riconobbe subito.

Michela le corse incontro e l’abbracciò forte.

“Finalmente. Stavo per crollare.” Le prese il braccio e la trascinò verso il suo trolley e una borsa enorme.

“Non puoi lasciare le cose così, potrebbero rubartele,” disse Arianna, solo per dire qualcosa.

“Non l’hanno fatto. E poi non c’è niente di importante, soldi e documenti li ho con me.” E Michela abbassò gli occhi sul suo décolleté.

Arianna scosse la testa. Nessuno intorno le stava guardando.

Michela mise la borsa sul trolley e fissò l’amica.

“Dove devi andare?” sospirò Arianna.

“Sei ancora arrabbiata? Volevo chiederti… Posso stare da te qualche giorno, finché non trovo casa?” Michela si morse il labbro.

*Che faccia tosta. Mi ha rubato il ragazzo e ora vuole stare da me. Avrei dovuto ignorarla…*

“Andiamo,” disse Arianna, dirigendosi verso l’uscita.

Michela parlava, faceva domande, ma Arianna non rispondeva, fingendo di concentrarsi sui passanti. Michela tacque e sbuffava dietro di lei.

“Credevo vivessi in centro. Non sembra nemmeno Milano,” disse delusa quando arrivarono nel monolocale. “Non preoccuparti, troverò casa e me ne vado. Vivi sola? Ci sono pantofole da uomo in ingresso.”

*Aveva notato. Dovevo toglierle,* pensò Arianna.

“Vivo sola, sono per gli ospiti.”

Michela si lasciò cadere sul divano, allungando le gambe.

“Sono a Milano! Non ci credo.”

Arianna scaldò l’acqua per il tè, prese pane e affettati, fece dei panini.

“Hai del vino? Brindiamo,” propose Michela.

Arianna tirò fuori una bottiglia già aperta, mise due bicchieri.

Michela bevve, ignorando che Arianna avesse solo assaggiato, e parlò. Con Luca si erano lasciati subito dopo il matrimonio. Bellissimo, ma con un carattere impossibile. Il secondo marito era più vecchio, ma lei non l’amava, l’aveva sposato per i soldi. Lo aveva tradito con l’autista ed era stata cacciata. Il divorzio l’aveva stancata, ma almeno aveva i soldi. Ora ricominciava a Milano.

“Brava te, che sei scappata subito dopo il liceo. Nel nostro paesino non c’è niente da fare…”

Arianna non era dovuta venire a Milano per diventare contabile. Con Luca erano insieme dal terzo anno. La vigilia della maturità avevano parlato di sposarsi dopo il suo diploma. Ma alla festa Michela l’aveva ubriacato e ci era andata a letto. Poi aveva detto di essere incinta, una bugia. Luca l’aveva sposata lo stesso.

Arianna aveva pianto e deciso di partire. Non era una secchiona, non sognava l’università. Voleva solo lavorare e rendersi indipendente. Quando la verità era venuta fuori, Michela e Luca si erano lasciati.

“Non importa, piccola. Non lasciare che Michela torni nella tua vita. E Luca… Se ti ha dimenticato così, non ti amava davvero. Meglio ora che dopo il matrimonio.”

Seduta in cucina, Arianna ricordò le parole di sua madre. Per fortuna non le aveva parlato di Marco.

Lo aveva conosciuto sei mesi prima in metro. Lui era milanese, i genitori gli avevano comprato casa ma erano esigenti con le sue ragazze. Ad Arianna erano piaciuti. “Una ragazza seria, dignitosa, raro per chi viene da fuori,” aveva detto sua madre.

Dopo Luca, Arianna non si era più legata a nessuno. Con Marco invece sognava una vita insieme, la casa al mare, i figli, i nipoti…

Adesso Marco era in viaggio di lavoro fino a martedì. Sperava che Michela avrebbe trovato casa prima del suo ritorno.

Ma i giorni passavano e Michela non andava via. E probabilmente non cercava nemmeno casa. Usciva di notte, tornava all’alba, spesso ubriaca. Dormiva quando Arianna usciva, e quando tornava, Michela era già sparita di nuovo. Non riuscivano a parlare.

“Vuoi che le parli io?” propose Marco una volta.

“No, ci penso io,” rispose Arianna in fretta, temendo che si incontrassero.

Una sera, tornando dal lavoro, trovò Michela a casa. Dormiva sul divano vestita con il suo abito. Alla caviglia luccicava il suo braccialetto. Arianna si infuriò. Non solo si era installata da due settimane,Arianna finalmente chiuse la porta alle spalle di Michela per l’ultima volta, respirando profondamente, pronta a riprendersi la sua vita e la felicità che meritava.

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