Era un pomeriggio qualsiasi quando Giulia tornò dal lavoro e decise di fermarsi al mercato sotto casa. Mentre era in fila alla cassa, riconobbe zia Rosa, un’amica di sua madre con cui aveva lavorato anni prima. Come da abitudine, Giulia la salutò con affetto e attese che finisse gli acquisti per scambiare due chiacchiere.
“Buongiorno, zia Rosa, è tanto che non la vedo,” disse Giulia mentre l’anziana donna si avvicinava con il suo carrello.
“Giulietta, tesoro, sono stata male, non uscivo da giorni,” rispose zia Rosa abbassando la voce. “Camminiamo insieme, devo dirti una cosa.”
Un brivido freddo percorse Giulia. Luca aveva sedici anni, un’età ribelle, e la piclena Beatrice, sebbene avesse solo tredici anni, già si comportava da ragazzina grande. Che cosa poteva essere successo? La borsa della spesa le pesava tra le dita, i manici le segnavano la pelle. Forse poteva evitare quel discorso, inventarsi un impegno? Ma era troppo tardi. Zia Rosa si fermò e, con un tono confidenziale, le sussurrò all’orecchio:
“Non credere che io sia una chiacchierona, ma ho visto con i miei occhi. Tu mi sei cara, ti ho vista crescere. Tuo marito, Marco, va spesso in quella casa di fronte alla mia. Ogni volta che entra, la donna tira subito le tende.”
Giulia sentì il sangue gelarsi nelle vene, poi un’ondata di calore le salì al volto. Non se l’aspettava, proprio da Marco.
“Ho voluto avvisarti. Mi tormenta il pensiero. Avete due figli, e se lui si fosse affezionato a quell’altra? Parlane con lui, prima che sia troppo tardi.”
“Sì, zia Rosa, ora devo andare,” mormorò Giulia, allontanandosi in fretta, dimenticando che abitavano nella stessa strada.
Arrivata a casa, le tremavano le mani mentre cercava di infilare la chiave nella serratura. Appena entrata, lasciò cadere la borsa, ignorando le provviste sparse sul pavimento. Beatrice accorse al rumore.
“Mamma, stai bene? Sei pallida,” chiese la ragazzina.
“Vai in camera tua, lasciami stare un momento,” rispose Giulia con voce aspra.
Beatrice esitò, poi obbedì.
“Meglio che Marco non sia qui,” pensò Giulia, “avrei perso il controllo.”
Si trascinò in cucina, bevve un bicchiere d’acqua a piccoli sorsi, cercando di calmarsi. Poi si mise a preparare la cena, ma le pentole le sfuggivano di mano.
Il rumore della chiave nella serratura la fece sussultare. Marco entrò con un sorriso.
“Che buon profumo,” disse allegro.
“Cambiati e lavati le mani, la cena è quasi pronta,” rispose lei, la voce tesa come una corda di violino.
“Che succede?” lui si avvicinò, cercandole lo sguardo.
“Ho incontrato zia Rosa. Mi ha detto che… è stata male. E poi mi ha detto di averti visto entrare in quella casa di fronte.”
Marco aggrottò le sopracciglia. “Che altra menzogna ti ha raccontato quella vecchia pettegola?”
Ma Giulia vide il suo sguardo vacillare e capì tutto.
“Altri ti hanno visto. Cosa pensavi? E i bambini? Io non posso sopportarlo. Decidi: o resti qui con noi, o te ne vai da lei.”
“Giulia…” Marco le posò le mani sulle spalle.
Lei si scostò di scatto. “Non toccarmi!”
“Mamma, papà, perché urlate?” Luca apparve sulla porta.
Giulia non lo aveva sentito rientrare. “Lavati le mani e chiama tua sorella, è ora di cena.”
Per giorni, tra loro regnò un silenzio opprimente. Giulia sperava che Marco chiedesse perdono, che promettesse di non tornare più da quell’altra. Ma una sera, mentre i figli erano fuori, lui parlò.
“Non posso continuare così. Devo spiegarti. I suoi genitori sono morti in un incidente, poi è mancata anche la nonna. Io l’ho aiutata a traslocare. Non so cosa mi sia preso… forse compassione. Ma ora è incinta.”
Giulia si aggrappò a una sedia. “Dopo il nostro discorso, non ci sono più andato. Ma lei mi ha fermato sotto casa… Cosa dovrei fare? Non posso abbandonarla.”
“E noi sì? I nostri figli?”
“Sono grandi, capiranno.”
“Vuoi che paghino per il tuo errore? Vattene, prima che tornino.”
Lei afferrò il telecomando e lo scagliò contro il muro. Marco la trattenne.
“Mi fermerò poco. Me ne vado. Ma lascia che possa vedere i bambini.”
Giulia crollò sul divano, il volto tra le mani.
Quando Luca rientrò, trovò la madre a raccogliere i pezzi.
“Non piangere, mamma. Tornerà.”
“Tu… lo sapevi?”
“No. Ma l’ho sentito. Se ne è andato, non abbiamo più un padre.”
“Sciocchezze! Sarà sempre vostro padre.”
“Ci ha traditi. Fai come vuoi,” ribatté Luca, allontanandosi.
Marco non tornò. Dopo tre giorni, Giulia andò a cercare l’altra donna. Una ragazza graziosa aprì la porta, il sorriso che le svanì in volto.
“Lei è… la moglie di Marco?”
“Tu sapevi di noi? Dei bambini?”
“Sì. Mi dispiace. Non volevo che lasciasse la famiglia.”
“Eppure non l’hai mandato via,” replicò Giulia, uscendo in fretta.
I mesi passarono. Un giorno, bussarono alla porta. Era Marco, irriconoscibile, gli occhi rossi.
“È morta. Il bambino è nato prematuro, ma vivo. Non so cosa fare.”
Giulia lo fece entrare, gli offrì un tè.
“Andrò via,” disse lui. “Al Nord, a ricostruire. Ma il bambino…”
“Lo prenderò io,” decise Giulia.
Un anno dopo, Luca tornò dal servizio militare. Sollevò il piccolo Andrea ridendo.
“Papà mi ha scritto di lui,” disse. “Hai fatto bene, mamma.”
“Voi… vi sentite?”
“Sì. Ti ama ancora.”
“Anch’io l’ho perdonato da tempo.”
Poi Luca annunciò: “Andrò da lui.”
Giulia tentò di opporsi, ma capì che ormai il destino era scritto. Aspettò, leggendo ogni lettera, ogni telefonata. Andrea la chiamava “mamma”. E un giorno, forse, anche Marco sarebbe tornato.