GUARDANDO LE SCARPE DAL FINESTRINO… MA NESSUNO MAI ENTRA NEL NEGOZIO.

Nessuno sapeva come si chiamasse.
Era un ragazzino di 9 anni, magrolino e con la maglietta un po’ strappata.
Ogni pomeriggio, uscendo da scuola, passava davanti alla calzoleria del quartiere.
Si fermava lì, immobile, a fissare le scarpe da ginnastica rosse appese nella vetrina.
Non toccava il vetro.
Non faceva rumore.
Le guardava soltanto.

Un giorno, il proprietario del negozio, signor Franco, decise di uscire e domandargli:
—”Ti piacciono quelle?”
Il bambino abbassò lo sguardo e rispose:
—”No, signore. Le sto solo ricordando.”
Il signor Franco non capì.
Allora il bambino spiegò:
—”Erano uguali a quelle che aveva mio fratello.
Ma lui non c’è più… e non voglio dimenticare come erano.”

Il signor Franco rimase in silenzio.
La voce gli tremava.
Quel pomeriggio, decise di incartare le scarpe in una scatola e regalarle al bambino.
Ma non era un regalo qualunque.
Gli disse:
—”Ogni volta che le indosserai, ricorda che i fratelli non si ricordano per ciò che hanno ai piedi…
si ricordano per ciò che lasciano nel cuore.”

Il bambino portò le scarpe a casa, ma non le usò subito.
Le mise in un angolo, accanto a una foto del fratello.
Ogni pomeriggio, invece di guardare la vetrina, guardava la scatola.
E quando finalmente decise di indossarle, non fu per correre o per giocare.
Fu per andare al parco dove andava con suo fratello, sedersi sulla stessa panchina… e sorridere.
Perché a volte, gli oggetti non sono solo oggetti.
Sono ponti.
Sono modi per non lasciarsi andare.
Sono modi per continuare ad amare senza dover dire addio.

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