Prendi il mio posto

Non voglio andare da papà La zia Livia ha detto che papà non mi ama più Matteo si è abbracciato le ginocchia e ha nascosto il viso tra di esse, seduto sul letto.

Giulia è rimasta immobile. Tutto sembrava normale. Il pigiama sgualcito con le macchinine, lo zaino pieno di giocattoli in un angolo, la giacca sulla sedia. Tutto così familiare e accogliente. Solo che il suo bambino non correva per casa come un turbine, ma si era rannicchiato in un angolo, contratto.

Oggi avrebbe dovuto andare dal padre, ma allimprovviso supplicava di restare a casa. Se ci pensava bene, da un po di tempo affrontava queste visite con meno entusiasmo. Giulia aveva cercato di convincerlo, ma Matteo le aveva detto bruscamente che Livia, la nuova compagna di Marco, lo insultava.

Matteo la donna si è seduta con delicatezza accanto a lui. Dimmi, per favore, cosè successo?

Ha taciuto. Poi ha alzato un po la testa e lha guardata dal basso verso lalto. Non sembrava più un bambino di cinque anni. Nei suoi occhi cera una stanchezza e una tristezza da adulto che nessuno credeva.

Stavo solo giocando Lei si è arrabbiata perché il giocattolo faceva rumore. Quel robot. Ti ricordi? Me lha tolto e mi ha detto che avrebbero avuto un altro figlio, e che papà si sarebbe dimenticato di me. E che sono di troppo. E se lo dico a qualcuno, ha sospirato pesantemente, crederanno che mento. Perché la zia Livia dirà che non è vero. E lei è grande. Le crederanno.

Parlava piano, a singhiozzi, quasi piangendo. Nel cuore di Giulia è divampato un miscuglio di rabbia, paura e colpa per aver lasciato che le cose arrivassero a questo punto. Un nodo pesante le serrava la gola. Matteo si è girato e ha iniziato a grattare il lenzuolo con lunghia. Giulia gli ha teso la mano.

Ti credo. Sai perché? Perché tu non menti mai. Solo quando nascondi le caramelle.

Ha sbuffato, ma non ha sorriso.

Papà ha scelto lei invece di me
Papà semplicemente non conosce tutta la verità, ha detto Giulia, cercando di sembrare ferma. Ma capirà. Senza dubbio.

Quando Giulia ha messo Matteo a letto, ha deciso di bere una tisana. Nel silenzio della notte, le è tornato in mente come aveva conosciuto Livia. Se poteva chiamarla conoscenza.

Circa un anno prima, aveva ricevuto un messaggio da un profilo anonimo: *”Buongiorno! Non mi presenterò, sappia solo che voglio il suo bene. Se le interessa sapere dove passa le serate suo marito, venga lunedì alle sette di sera al ristorante in via Dante Alighieri, numero 8. Tavolo vicino alla finestra.”*

Allora, Giulia si chiedeva ancora chi si nascondesse dietro la maschera del “benefattore”. Ora lo sapeva: era Livia. Una benefattrice con un odore di marcio.

Quella sera, Giulia aveva visto tutto. Marco, seduto di fronte a Livia. Le loro mani sul tavolo. Le dita intrecciate. Un bacio sulla guancia. Lui aveva poi mormorato qualcosa su un incontro di lavoro, su unamica, e alla fine su “niente di serio”. Ma Giulia non era pronta a perdonare il tradimento.

Si erano lasciati. Ma Matteo era rimasto. Così come Livia, che non avrebbe aspettato molto per diventare la moglie di Marco.

La sua immagine era impeccabile: educata, dolce fino alleccesso, bravissima con i bambini. Il pacchetto completo. Regalava persino giocattoli a Matteo per le feste. Puzzle, set di dinosauri, una volta una grande rana di peluche.

Ma quei regali non erano per il bambino, ma per Marco. Livia non lottava per laffetto di Matteo, ma per lattenzione delluomo. La sua gentilezza era uno strumento, il sorriso unesca. E ora, che la sua pazienza era finita e allorizzonte si profilava la prospettiva di un figlio proprio, Livia aveva cambiato tono.

Aveva sbagliato in una cosa sola: Giulia poteva rinunciare a un uomo. Ma non ai sentimenti di suo figlio.

Sul frigorifero era appesa una lista di cose da fare, ma a Giulia non importava. Aveva un compito molto importante per oggi. Parlare con Marco.

Ha fissato lo schermo del telefono a lungo prima di premere il tasto per chiamare. I toni sono sembrati più lunghi del solito. Quando lex marito ha risposto, la sua voce aveva una nota di irritazione. Era tardi.

Qualcosa di urgente?
Urgente. Dobbiamo parlare. Di Matteo.

Si è teso immediatamente. Lo si sentiva anche al telefono.

Che succede? È malato?
No. Non vuole più venire da te. Ha detto che Livia gli dice cose brutte. Che tu non lo ami più. Che avrai un altro figlio e ti dimenticherai di lui.

Dallaltra parte è calato il silenzio. Poi Marco ha parlato con tono tagliente, con una certa rabbia, come se ora fosse lui laccusato di quel comportamento meschino.

Giulia, non esageriamo! Credi davvero che io creda a queste bugie? Ricominci. Ricominci a intrometterti nella mia vita e nella mia relazione con Livia attraverso il bambino!
Non ricomincio. Sono sua madre. E lo ascolto. Tu, a quanto pare, no. la voce di Giulia era ora ferma. Aveva paura di dirtelo. E, a quanto pare, aveva ragione.
Lo stai solo usando! è scattato lui. Vuoi che non venga più da noi. Che mi senta in colpa e che ti rincorra. Sei impossibile, Giulia. Semplicemente impossibile.

Non ha potuto rispondere subito, per paura che la discussione degenerasse in litigio. Era difficile controllare la rabbia. Le pulsavano le tempie.

Ecco Marco. Non il peggior padre, ma sempre con le stesse abitudini da adolescente: tutti sono contro di lui. Poteva essere dolce con suo figlio, certo. Ma quando si trattava di Livia, il suo cervello

Matteo ha allungato la mano per prendere un orsacchiotto di peluche dalla mensola, e Giulia e Marco, per la prima volta dopo tanto tempo, si sono scambiati uno sguardo dintesa, sap

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