Una donna esausta dopo sei anni di solitudine.

Oggi scrivo queste parole con il cuore ancora pieno di emozioni contrastanti. Sono sei anni che vivo sola, da quando mio marito mi ha lasciato, e lanno scorso mia figlia si è sposata e si è trasferita a Firenze.

A quarantadue anni, sono nel pieno della mia maturità, una seconda giovinezza. Sono una brava padrona di casa, famosa per i miei pomodori sottolio che tutti elogiano come capolavori. Ma per chi li preparo ormai? I vasetti si accumulano sul balcone, inutilizzati.

“Non voglio appassire nella mia solitudine, io che sono ancora così bella!” dico alle mie amiche. Loro mi rispondono: “Cerca un marito allora! Ci sono tanti uomini soli.” Una di loro mi suggerisce unagenzia matrimoniale chiamata “Il Miglior Sposo”. Mi sembrava quasi ridicolo, patetico ricorrere a unagenzia. Ma poi, quarantadue anni quel numero mi fa sentire lo scorrere del tempo, come lorologio antico di nonna che ticchetta nella sala.

E così mi sono presentata allagenzia. Una signora gentile, con gli occhiali viola, mi ha accolta:
“Abbiamo i migliori candidati. Dai, siediti qui vicino a me e guardiamo insieme il database.”
“Sì, sono tutti bellissimi,” rispondo sorridendo. “Ma come faccio a capire se uno è quello giusto?”
“È semplice,” spiega. “Te lo prestiamo per una settimana. Basterà per decidere se è luomo per te o se devi provare con un altro.”
“Come, prestarmelo?”
“Esatto! Verrà a vivere con te per sette giorni. Non siamo qui per fare gli ingenui, affrontiamo le cose con pragmatismo. E tranquilla, nessun pazzo o maniaco.”

Lidea mi ha entusiasmata. Con la signora dagli occhiali viola, ho scelto cinque candidati. Ho pagato una cifra modesta e sono tornata a casa in fretta. Il primo sarebbe arrivato quella stessa sera.
Mi sono messa un vestito verde, colore della speranza, e gli orecchini di diamanti che tiro fuori solo per le occasioni speciali.
Ding! il campanello suona.
Sbircio dallo spioncino: vedo delle rose ed emetto un piccolo grido di gioia. Apro la porta. Luomo è elegante, proprio come in foto.

Ci sediamo a tavola; ho preparato una cena sontuosa. Metto le rose al centro. Lo osservo con discrezione e penso: “Perfetto, non serve cercare altro, questo è quello giusto.”
Iniziamo con linsalata. Lui arriccia il naso: “Perché così tanto sale?” Imbarazzata, sorrido e gli servo lanatra arrosto. Mastica un boccone: “Un po dura” Non gli piace neanche il resto. Nella fretta, ho dimenticato il vino, scelto con cura. Lo verso dicendo: “Alla nostra conoscenza!” Lui annusa, beve un sorso: “Che vino mediocre.” Si alza: “Fammi vedere un po la casa”

Prendo le rose e gliele porgo: “A dire il vero, non mi piacciono affatto. Arrivederci.”
Quella notte ho pianto un po, ferita. Ma mi restavano ancora quattro incontri.

Il secondo pretendente è arrivato la sera dopo. Entra sicuro di sé: “Ciao!” Odora di grappa. Gli chiedo: “Hai già festeggiato la nostra conoscenza da qualche parte?” Ride: “Dai, su! Dimmi, cè una TV qui? Sta per iniziare la partita, JuventusMilan. Possiamo parlare mentre guardiamo.” Rispondo secca: “Guarda la partita a casa tua.”

Anche quella notte ho pianto.

Due giorni dopo, è arrivato il terzo. Non bello, giacca vecchia, unghie trasandate e fango sulle scarpe. Stavo già pensando a come mandarlo via con gentilezza, ma ho deciso di offrirgli prima da mangiare. Ha divorato tutto velocemente, lodandomi in continuazione. Ero quasi imbarazzata. Allora ho tirato fuori i miei pomodori sottolio. “Mamma mia!” esclama. “La cosa più buona che abbia mai assaggiato!”

In quel momento, lorologio di nonna ha suonato. Lui aguzza le orecchie: “Cosè questo rumore di ferraglia?” Entra in sala, sale su uno sgabello e lo esamina: “Lo sistemo subito! Hai degli attrezzi?”

E poco dopo, lorologio ha ricominciato a ticchettare con un suono limpido e armonioso. Ero felice. Ho pensato che fosse un segno. Quelluomo goffo doveva essere il mio destino. Era capace, premuroso le scarpe sporche e le unghie trascurate erano dettagli rimediabili. Inoltre, era il terzo candidato, numero fortunato.

Dovevamo passare la notte insieme. Mi ero preparata: istituto di bellezza, lenzuola eleganti con grandi rose (che in fondo adoro). Quando sono uscita dal bagno, lui già dormiva vestito. Non mi sono preoccupata. Lho guardato con tenerezza: “Sei stanco, poverino.” E mi sono infilata accanto a lui.

Poi è cominciato lincrollabile russare. Potente, epico. Ho provato a coprirmi la testa col cuscino, a girarlo niente. Non ho chiuso occhio.

Al mattino, lui è andato in cucina, dove io sedevo cupa: “Allora? Vengo a vivere qui stasera con le mie cose?”

Ho scosso la testa: “No, mi dispiace. Sei una brava persona, ma no.”

Il quarto, barbuto, sembrava un eroe di vecchi film davventura. Gli ho persino permesso di fumare in cucina. Dopo un tiro, ha detto: “Sofia, chiariamo subito una cosa. Sono un uomo libero. Amo la pesca, uscire con gli amici. E non tollero domande del tipo Dove sei? Ci sta?”

Lho visto lasciar cadere la cenere nel vaso dellorchidea e ho chiesto: “E tu vai anche dietro alle donne, vero?” Lui ha sorriso: “E perché no? Sono libero, no? È normale per un uomo.”

Dopo di lui, ho arieggiato la cucina a lungo. Avevo mal di testa, mi sentivo svuotata. Non ho nemmeno lavato i piatti.

Al mattino, mi sono svegliata col sole che filtrava dalle tende e i passeri che cantavano. Ho capito allimprovviso quanto mi sentissi bene. Era sabato. Nessuna fretta, nessuno che mi disturbava, che borbottava o russava. I piatti? Li avrei lavati quando ne avessi avuto voglia. Pace e libertà.

Poi il telefono ha squillato. “Buongiorno, Sofia! È Il Miglior Sposo. Abbiamo un altro candidato per oggi, ricorda? È fantastico, questo sì che è quello giusto!”

Ho quasi urlato nel telefono: “Cancellatemi! Eliminate il mio profilo! Nessun altro! Il miglior sposo è quello che non esiste!”

E, ridendo, ho aperto le tende.

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