Affidare le chiavi a suocera: un gesto di fiducia che si trasforma in una prova di igiene

Consegnare le chiavi alla suocera: un gesto di fiducia diventato prova di pulizia

«Avevamo dato le chiavi del nostro appartamento a mia suocera, e lei ha deciso di fare unispezione igienica»

Mia suocera, Rosaria Lombardi, è una donna di una certa età dallo sguardo severo dal carattere inflessibile. Con mio marito, non la vedevamo come despota o ostile. Al contrario, i loro rapporti sembravano sempre cordiali, e con me rimaneva educata, anche se distante. Fino a quel recente viaggio in Sicilia in cui le lasciammo le chiavi solo per annaffiare le piante.

Rosaria, le dissi prima della partenza, ecco le chiavi. Dai unocchiata per controllare che tutto sia in ordine, dai da mangiare ai pesci rossi, innaffia i gerani. E chiamaci se cè qualche problema.

La settimana sulle spiagge di Taormina fu idillica: sole, relax, tranquillità. Al nostro ritorno, tutto sembrava uguale: lavoro, routine, serate davanti alla tv. Eppure, certi dettagli non tornavano. Una tazza spostata, un asciugamano piegato diversamente. Pensavo fosse solo la mia immaginazione. Mio marito scrollava le spalle: «Stai esagerando.»

Poi arrivò il venerdì in cui tornai prima dallufficio. Aprendo la porta, trovai le sue scarpe nellingresso. Il suo cappotto marrone appeso allattaccapanni. E lì, Rosaria, seduta in cucina, sorseggiava un tè mentre sfogliava le nostre bollette Enel.

Buongiorno, dissi, trattenendo un tremore nella voce. Cosa ci fa qui?

Sussultò come fulminata:

Isabella! Sei già tornata?

Devo avvisare prima di rientrare a casa mia? E lei?

Io volevo assicurarmi che tutto andasse bene. E ho due parole da dirti.

Segue una scena surreale. Indicò la polvere sotto la mensola, ispezionò il frigo con locchio di unispettrice sanitaria e dichiarò:

Dovè il ragù? La carne stufata? Non state nutrendo mio figlio come si deve! Prima era curato, sazio. Adesso? Torna esausto in una casa gelida. La prossima volta, voglio questo frigo pieno di piatti fatti in casa. E questo disordine Qui si sente soffocare!

Strinsi i pugni, soffocando di rabbia repressa. Aggiunse un vago «Scusami, voglio il tuo bene», infilò il cappotto e se ne andò. Rimasì immobile nellingresso, derubata non di oggetti, ma di intimità.

Poi la raggiunsi davanti allascensore.

Riprenditi le chiavi, dissi. Ma basta ispezioni. Aiutaci o astieniti.

Fingì di rifiutare, imbarazzata:

Non arrabbiarti, Isabella. È per amore.

Il giorno dopo, rientrando, trovai una pentola di minestra fumante. Un biglietto diceva: «Di a Luca che sei stata tu a prepararla. Sarà così felice!»

Sorrisi nonostante tutto. Forse potevamo trovare un terreno comune. A patto di stabilire limiti chiari. Le chiavi aprono le porte, ma non devono mai forzare quelle del rispetto. E se le consegni, devi saperle riprendere in tempo.

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