Tutta colpa della tua educazione

Tutto questo è la tua educazione

Ludovica Marchetti stava alla finestra della cucina e osservava il nipote, Dario, che lanciava sassi al gatto del vicino. Il bambino aveva solo sette anni, ma nei suoi movimenti si intravedeva già una rabbia che la turbava.

Dario, smettila subito! gridò, spalancando la finestra.

Il nipote non si voltò nemmeno. Prese un sasso più grosso e lo scagliò di nuovo contro lanimale. Il gatto miagolò lamentoso e scomparse dietro i garage.

Ludovica sospirò e andò a vestirsi. Doveva scendere a parlare con il bambino. Ma sapeva che non sarebbe servito a molto. Dario non la ascoltava mai, rispondeva male e a volte scappava a casa a lamentarsi con sua madre, Alessia.

Nellandrone incontrò la vicina, Giuseppina Romano.

Ludovica, hai visto tuo nipote? chiese quella, indignata. Ancora una volta tormenta il mio Micio!

Sì, Pina. Ora gli parlo.

A che serve parlare? Dovresti parlare con Alessia! È tutta colpa della sua educazione, o meglio, della mancanza di educazione.

Ludovica non rispose. Non voleva litigare con la vicina, ma non poteva neanche darle ragione. Alessia era sua figlia, e per quanto fossero complicate le loro relazioni, doveva difenderla.

Nel cortile, Dario si era già dedicato a un nuovo divertimento: strappava le ali alle mosche che aveva catturato in un barattolo.

Dario, cosa stai facendo? Ludovica si sedette accanto a lui sulla panchina.

Studio borbottò il bambino senza alzare lo sguardo.

Cosa studi?

Come faranno a vivere senza ali.

E perché vuoi saperlo?

Dario alzò le spalle.

Mi interessa.

Ludovica prese delicatamente il barattolo dalle sue mani.

Sai, anche le mosche sono esseri viventi. Soffrono, se gli strappi le ali.

E allora? Sono schifose.

Dario, non si fa del male agli altri, anche se non ci piacciono.

Il bambino la guardò con unespressione che sembrava non capire una parola.

Mia mamma dice che se qualcuno è più debole, non cè bisogno di averne paura.

Ludovica sentì il cuore stringersi. Alessia gli insegnava davvero queste cose?

Tua madre dice tante cose, ma non tutte sono giuste. I forti devono proteggere i deboli, non offenderli.

Che stupidaggini sbuffò Dario, scappando verso laltalena.

Quella sera, Ludovica decise di parlare con sua figlia. Alessia arrivò verso le otto, come al solito stanca dal lavoro e irritata.

Mamma, lhai almeno sfamato? chiese, senza nemmeno salutare.

Certo che sì. Alessia, dobbiamo parlare.

Di cosa? la figlia agitava nervosamente la cinghia della borsetta.

Di Dario. Del suo comportamento.

Alessia roteò gli occhi.

Altre lamentele? Mamma, ha sette anni! Tutti i bambini a quelletà combinano guai.

Questi non sono guai, Alessia. Tortura gli animali, risponde male agli adulti, non ascolta nessuno.

E cosa mi suggerisci? Di rinchiuderlo in casa?

Ti suggerisco di occuparti della sua educazione. Di spiegargli cosa è giusto e cosa è sbagliato.

Alessia sbuffò.

Mamma, i tempi sono cambiati. Oggi bisogna essere duri per sopravvivere. Non voglio che mio figlio cresca un debole che tutti possano pestare.

Ma cè differenza tra forza e crudeltà!

Che differenza cè? Limportante è non farsi mettere i piedi in testa.

Ludovica guardò sua figlia e non la riconobbe. Dovera finita quella bambina dolce e gentile che aveva cresciuto? Quando era diventata così cinica?

Dario, andiamo a casa! gridò Alessia verso il parco giochi.

Il bambino si avvicinò a malincuore.

Nonna, vengo domani? chiese.

Certo, tesoro.

Alessia prese il figlio per mano e si avviò verso luscita. Alla cancellata si voltò.

Mamma, non riempirgli la testa di stupidaggini su gentilezza e giustizia. La vita è una cosa dura.

Dopo che se ne furono andati, Ludovica rimase a lungo seduta sulla panchina, chiedendosi dove avesse sbagliato con leducazione di Alessia. Era cresciuta come una bambina normale, né migliore né peggiore delle altre. Studiava decentemente, si dava da fare. Aiutava in casa, non rispondeva male. Cosa era successo dopo?

Il giorno dopo, Dario arrivò da lei di malumore.

Che è successo? chiese Ludovica, notando un graffio sulla guancia del nipote.

Luca è un idiota, mi ha graffiato borbottò il bambino.

E perché ti ha graffiato?

Per niente. Così.

Ludovica non ci credette. Luca era un bambino tranquillo, abitava nella casa accanto. Conosceva lui e i suoi genitori.

Dario, dimmi la verità. Cosa hai fatto a Luca?

Niente di che il nipote evitò di guardarla negli occhi. Gli ho preso una caramella.

Preso o strappato?

Be strappato. Ma non lho picchiato!

E lui non voleva condividerla?

No. È un tirchio.

Ludovica sospirò.

Dario, non si prendono le cose degli altri. Se vuoi una caramella, chiedila o comprane una tua.

E perché? Lui è più debole di me, quindi io sono più forte. La mamma dice che il forte ha sempre ragione.

La mamma si sbaglia.

Dario la guardò sorpreso.

La mamma non può sbagliare. È unadulta.

Anche gli adulti sbagliano, Dario. E tua mamma non fa eccezione.

Il bambino rimase in silenzio, riflettendo.

E se la mamma si sbaglia, chi ha ragione?

Hanno ragione quelli che non fanno del male ai deboli, che aiutano gli altri, che dicono la verità.

Allora hai ragione tu, e la mamma no?

Ludovica si sentì incerta. Non voleva mettere il nipote contro sua madre, ma non poteva più tacere.

Io cerco di avere ragione. Ma la cosa più importante è la tua coscienza. Quella ti dirà sempre cosa è giusto fare.

E cosè la coscienza?

È una voce dentro di te che ti dice cosa è bene e cosa è male. Quando hai fatto del male a Luca, la coscienza non ti ha detto niente?

Dario aggrottò la fronte.

Sì. Ma la mamma ha detto che sono sciocchezze.

E tu cosa ne pensi?

Non lo so ammise onestamente.

Ludovica decise di raccontargli una favola su un gigante buono che proteggeva i deboli invece di offenderli. Dario ascoltò attentamente, facendo domande. Si vedeva che largomento lo interessava.

Dopo la favola, uscirono a passeggiare. Nel cortile cerano altri bambini, tra cui Luca. Appena vide Dario, il bambino cercò di nascondersi dietro sua madre.

Dario sussurrò Ludovica forse potresti scusarti con Luca?

Il nipote la guardò, poi fissò laltro bambino.

Perché?

Perché gli hai fatto del

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