Si chiamava Aléna, era la sua ex collega. Poche ore prima della cena di festa, il marito chiamò e disse: ‘Dobbiamo parlare’.

Il suo nome era Alena, una sua ex collega. Poche ore prima della cena di festa, il marito chiamò e disse: «Dobbiamo parlare».

Si chiamava Carlotta, unex collega di lui. Poche ore prima della cena di celebrazione, mio marito mi chiamò e disse: «Dobbiamo parlare».

Beatrice stava in piedi nella cucina del suo appartamento a Milano, sistemando con cura i tovaglioli sulla tavola apparecchiata per la cena speciale. Era il loro decimo anniversario di matrimonio con Matteo, e voleva che tutto fosse perfetto: le candele, il suo vino preferito, il profumo del pesce al forno che riempiva la casa. Ma poche ore prima dellarrivo degli ospiti, il telefono squillò. Sullo schermo, il nome di suo marito. «Beatrice, dobbiamo parlare», sussurrò con una voce fredda e distante. In quel momento, il suo cuore si strinse, come se avesse intuito linevitabile. Ancora non sapeva che quella chiamata le avrebbe sconvolto la vita, ma già sentiva tutto ciò che aveva costruito in anni crollare.

Matteo era la sua roccia, il grande amore, quello con cui condivideva sogni e difficoltà. Si erano conosciuti alluniversità, sposati giovani, cresciuto insieme la loro figlia, Sofia. Beatrice si fidava ciecamente di lui, anche quando tornava tardi dal lavoro o partiva per viaggi di lavoro. Era orgogliosa del suo successoMatteo era diventato capo reparto in una grande azienda, e il suo carisma apriva tutte le porte. Eppure, con il telefono in mano, ripensò ai dettagli che aveva ignorato: il suo sguardo assente, le risposte secche, quelle chiamate strane che interrompeva subito. Il nome «Carlotta» le tornò in mente, come unombra che aveva rifiutato di vedere.

Carlotta aveva lavorato con lui due anni prima. Beatrice laveva incrociata a un seminarioalta, sorriso sicuro, lo sguardo su Matteo un po troppo insistente. Allepoca, aveva scacciato quel pizzico di gelosia: «Solo una collega, niente di grave». Matteo le aveva persino detto che Carlotta aveva lasciato il lavoro per trasferirsi in provincia. Ma oggi, sentendo il suo respiro incerto al telefono, Beatrice capì: Carlotta non se nera mai andata davvero. «Non volevo che succedesse così, Beatrice», iniziò lui, ogni parola che risuonava come un colpo. Confessò che frequentava Carlotta da un anno, che era tornata a Milano, che era «confuso». Beatrice rimase in silenzio, sentendo il terreno mancarle sotto i piedi.

Non ricordava di aver riagganciato. Né di aver spento il forno, riposto le candele che aveva acceso con tanta speranza quella mattina. I suoi pensieri turbinavano: «Come ha potuto? Dieci anni, Sofia, la nostra casatutto per lei?» Seduta sul divano, la foto del loro matrimonio tra le mani, cercava di capire quando la sua vita era diventata una bugia. Ripensò allabbraccio di Matteo la settimana prima, alla sua promessa di portare Sofia in montagna. Intanto, lui era con unaltra. Il tradimento la bruciava, ma la cosa peggiore era quel pensiero: non aveva visto nulla perché credeva in lui. Lo aveva amato così tanto da diventare cieca.

Quando Matteo tornò, Beatrice lo accolse in un silenzio pesante. Gli ospiti non arrivaronoaveva annullato la cena, incapace di recitare. Lui sembrava in colpa, ma non distrutto. «Non volevo farti soffrire, Beatrice. Ma con Carlotta è diverso». Quelle parole la finirono. Non gridò, non pianselo guardò come uno sconosciuto. «Vattene». La voce era più ferma di quanto pensasse. Matteo annuì, prese la borsa e se ne andò, lasciandola sola in quellappartamento ancora profumato dei preparativi di una festa che non ci sarebbe mai stata.

Passò un mese. Beatrice cercava di vivere per Sofia, che non sapeva tutto. Sorrideva a sua figlia, le preparava la colazione, ma passava le notti in lacrime, chiedendosi: «Perché non sono stata abbastanza?» Le amiche la sostenevano, ma le loro parole non guarivano nulla. Scoprì che Matteo e Carlotta vivevano insieme ormai, un altro dolore. Eppure, nel profondo, qualcosa stava nascendouna forza. Non era crollata. Aveva annullato quella cena, ma non la sua vita.

Oggi Beatrice guarda al futuro con una prudenza piena di speranza. Si è iscritta a un corso di design, un vecchio sogno, passa più tempo con Sofia, impara ad amarsi. Matteo chiama ogni tanto, chiede perdono, ma lei non è pronta ad ascoltarlo. Carlotta, il cui nome un tempo era solo unombra, non ha più potere su di lei. Beatrice ora lo sa: la sua vita non è lui, né il loro matrimonio. È lei. E quellanniversario, che doveva essere una festa, è diventato il primo capitolo di una nuova storia. Una storia in cui non vivrà più per le promesse degli altri.

Ho imparato, attraverso questo, che non si deve mai spegnere la propria luce per qualcuno che non sa vederla.

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Si chiamava Aléna, era la sua ex collega. Poche ore prima della cena di festa, il marito chiamò e disse: ‘Dobbiamo parlare’.