«Sei un uomo sottomesso?!» — La suocera è sconvolta nel vedere il figlio prepararsi la colazione da solo

«Ma sei un uomo sottomesso?!» La suocera è inorridita nel vedere suo figlio preparare la colazione da solo.

«Ma che diavolo è questo, un uomo in cucina?!» La suocera rimase sconvolta nel scoprire che suo figlio si preparava la colazione da solo.

Valentina Rossi era venuta a farci visita per la prima volta in otto anni. Da quando suo figlio, Luca, e io ci eravamo sposati, non aveva mai messo piede a casa nostra. Viveva in un paesino vicino a Verona e si muoveva raramente in città: letà, la salute e gli impegni della piccola azienda agricola la tenevano lontana. Ma questa volta aveva insistito: «Vengo a vedere come vivete. Dopotutto, avete una famiglia, un mutuo da pagare Devo assicurarmi che tutto vada bene.»

A dirla tutta, ero felice. In tutti questi anni, né una visita né una telefonata per chiedere come stavamo. Speravo che finalmente potessimo rompere il ghiaccio. Labbiamo accolta come si deve: camera pronta, piatti tradizionali, accappatoio morbido e pantofole comode. Abbiamo fatto del nostro meglio, io e Luca. Tra lavoro e faccende domestiche, non era semplice, ma lei meritava ogni attenzione.

I primi giorni trascorsero senza intoppi. Poi arrivò quel sabato mattina. Mi concessi di dormire un po di più, esausta dopo una settimana di lavoro intenso. Luca, invece, si alzò presto. È così, premuroso, sempre alla ricerca di piccoli gesti per farmi felice. Quel giorno, aveva deciso di preparare una colazione a sorpresa, per me e sua madre.

Mezza addormentata, sentivo i rumori dalla cucina: la padella che sfrigolava, la macchinetta del caffè che ronzava, lodore delle fette biscottate imburrate. Sorridevo, con il cuore leggero. Il mio uomo. Il mio Luca così attento. Ma quella dolce quiete durò solo un attimo. Fino a quando Valentina non fece il suo ingresso in cucina.

La sua voce mi trapassò la porta:

«Ma che stai combinando, figlio mio? Davanti ai fornelli? Con un grembiule?!»

«Mamma, stavo solo preparando la colazione. Dovresti essere stanca per il viaggio. E Sofia dorme ancora, lasciala riposare. Comunque, a me piace cucinare, lo sai…»

«Toglilo subito! Un uomo in cucina, che vergogna! Non è per questo che ti ho cresciuto! Tuo padre non ha mai lavato un piatto in vita sua, e tu stai lì a fare le frittate come una serva! E Sofia, poi, perché sta ancora a letto? È il suo dovere! Sei completamente sotto il suo controllo, è patetico!»

Rimasi sotto le coperte, serrando i pugni, divisa tra la voglia di ridere e quella di intervenire. Le sue parole mi disgustavano. Provavo vergogna per Luca, dolore per me stessa e paura che quella visita lasciasse cicatrici indelebili tra noi.

Uscii proprio mentre cominciava a soffocare dallindignazione. Luca teneva ancora la paletta in mano, mentre la frittata si carbonizzava lentamente sul fuoco. Valentina, invece, tremava di rabbia, borbottando qualcosa sulla decadenza, lirresponsabilità e «un uomo deve fare luomo».

Preparai in fretta una camomilla calmante senza quella, avremmo rischiato un infarto in diretta. Mi sedetti accanto a lei, le presi la mano e cercai di spiegarle con calma:

«Da noi le cose funzionano diversamente. Siamo una squadra. Io cucino, pulisco, lavoro. Ma anche Luca mi aiuta. Cucina perché gli piace. Perché si prende cura di noi. È davvero così grave?»

Ma lei non ascoltava. Il suo viso era chiuso, lo sguardo pieno di giudizio. Non disse nulla, ma la sua espressione parlava per lei: «Hai trasformato mio figlio in un debole.» E quando ripartì, qualche giorno dopo, senza nemmeno abbracciarci, capii che non avrebbe mai accettato il nostro modo di vivere.

Più tardi, Luca mi confessò che aveva chiamato suo padre per lamentarsi: «Il nostro ragazzo è diventato lo schiavo di sua moglie, poverino, non può nemmeno dormire già allalba davanti ai fornelli.» E io pensai: che tristezza crescere un uomo insegnandogli che prendersi cura degli altri è una debolezza. Che lamore è una vergogna.

Non sono arrabbiata. Solo addolorata. Per lei, che ha vissuto una vita in cui la cucina era una prigione. Per lui, che ha dovuto lottare per il diritto di essere un bravo marito. E per me, perché avevo sperato tanto che saremmo diventate più vicine.

Ma almeno so una cosa: il mio uomo non è un «debole». È qualcuno che ama. E se questo non piace a tutti pazienza.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

fourteen − 5 =

«Sei un uomo sottomesso?!» — La suocera è sconvolta nel vedere il figlio prepararsi la colazione da solo