Il pomeriggio era tranquillo, con il sole che calava sulla strada secondaria che attraversava la campagna. Passavano pochissime macchine, e il silenzio era rotto solo dal canto dei grilli. In una piccola utilitaria grigia, una famiglia viaggiava verso la città dopo una giornata trascorsa in mezzo alla natura.

**Diario personale**

Il pomeriggio era quieto, con il sole che scendeva dolcemente sulla strada secondaria che attraversava la campagna. Le macchine erano poche, e il silenzio era rotto solo dal canto dei grilli. In una piccola utilitaria grigia, una famiglia viaggiava verso la città dopo una giornata trascorsa in campagna.

Sul sedile posteriore, un cane meticcio con occhi color miele e muso grigiastro fissava il paesaggio dal finestrino. Si chiamava Arturo, e per otto anni era stato parte della vita di quella famiglia. Era cresciuto insieme ai bambini, li aveva accompagnati a scuola, aveva dormito accanto ai loro letti nelle notti di tempesta.

Ma quel giorno, qualcosa era diverso. Lauto si fermò su una strada sterrata, lontano da ogni casa. Il padre, Luca, aprì lo sportello posteriore e gli fece cenno di scendere.

«Forza, Arturo, scendi un momento.»

Il cane obbedì, scodinzolando, convinto che fosse una pausa per sgranchirsi le zampe o magari per giocare. Annusò laria, fece qualche passo, e allimprovviso sentì il rumore del motore che ripartiva.

Si voltò giusto in tempo per vedere lauto allontanarsi.

Allinizio, Arturo corse dietro di lei, con le orecchie basse e il cuore che batteva forte. Non capiva perché non si fermassero. Credeva fosse un gioco. Ma i metri diventarono sempre più lunghi finché la polvere sollevata dalle ruote gli offuscò la vista. Si fermò, ansimante, fissando il punto dove lauto era sparita.

Rimase lì per ore, seduto ai margini della strada. Ogni volta che passava una macchina, si alzava speranzoso, solo per scoprire che non era la sua. Il cielo si oscurò, e il freddo cominciò a farsi sentire.

Il giorno dopo, una donna di nome Beatrice passò per quella stessa strada e lo vide. Fermò lauto e scese con calma.

«Ciao, bello sei perso?» sussurrò.

Arturo esitò. Non era abituato agli estranei, ma la fame e la stanchezza lo spinsero ad avvicinarsi. Beatrice gli offrì un pezzo di pane che aveva in macchina e una bottiglietta dacqua. Lui mangiò lentamente, tenendo gli occhi fissi su di lei, come per capirne le intenzioni.

«Dai, vieni con me,» disse infine, aprendo la portiera del passeggero.

Con sua sorpresa, Arturo salì senza esitare. Forse aveva capito, in qualche modo, che nessuno sarebbe tornato a prenderlo.

A casa, Beatrice lo asciugò con un asciugamano, gli preparò una ciotola di cibo caldo e gli mise una coperta vicino alla stufa. Quella notte, Arturo dormì profondamente, ma di tanto in tanto muoveva le zampe e emetteva piccoli gemiti, come se sognasse di correre ancora dietro a quellauto che lo aveva abbandonato.

Per settimane, Beatrice cercò i suoi vecchi padroni. Pubblicò foto sui social, chiamò i veterinari, appese volantini. Nessuno rispose. Pian piano, Arturo smise di essere un cane smarrito e divenne il suo cane.

Un giorno, mentre passeggiavano al parco, un bambino gli si avvicinò e gli accarezzò la testa. Arturo chiuse gli occhi, godendosi quel gesto, e Beatrice capì che quellanimale, tradito nel peggiore dei modi, era ancora capace di fidarsi, di donare affetto senza riserve.

Col tempo, Arturo ritrovò la gioia. Giocava in giardino, dormiva ai piedi della sua nuova padrona e correva a salutarla ogni volta che sentiva rientrare lauto. Non guardò mai più la strada con ansia.

Beatrice diceva spesso alle amiche:

«Non so chi abbia perso di più quel giorno se lui, o quelli che lo hanno lasciato.»

Perché a volte, chi abbandona non capisce che non sta rinunciando solo a un animale sta lasciando indietro la parte più leale e pura della propria vita.

E Arturo, senza saperlo, aveva trovato ciò che meritava da sempre: una casa che non lo avrebbe mai abbandonato.

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Il pomeriggio era tranquillo, con il sole che calava sulla strada secondaria che attraversava la campagna. Passavano pochissime macchine, e il silenzio era rotto solo dal canto dei grilli. In una piccola utilitaria grigia, una famiglia viaggiava verso la città dopo una giornata trascorsa in mezzo alla natura.