Mio figlio, ti prego, abbi cura di tua sorella malata. Non puoi abbandonarla!” – sussurrò la madre.

Figlio mio, ti prego, prenditi cura di tua sorella malata. Non puoi abbandonarla! sussurrò mia madre, le parole che le laceravano il petto.
Ascoltami, figlio respirò a fatica.
Ogni parola era una tortura. La malattia la consumava senza pietà. Era distesa nel letto, fragile, quasi trasparente. Luca non la riconosceva più. Un tempo era stata forte, sorridente, piena di vita. Ora
Luca, ti prego, non lasciare Ginevra È innocente. È diversa, ma è nostra. Promettimelo Mia madre gli strinse la mano con una forza inaspettata. Da dove veniva tanta resistenza, si chiese lui.
Luca aggrottò le sopracciglia. Lo sguardo gli scivolò verso la sorella maggiore, Ginevra, che giocava in un angolo del loro piccolo appartamento a Napoli. Aveva superato i quaranta, ma si divertiva ancora con le bambole, canticchiando senza senso. Sorrideva, come se non fosse davanti alla morte della madre, ma a una festa.
Luca aveva una vita sicura: unazienda edile, un SUV costoso, una grande casa vicino al Po. Ma lì non cera posto per Ginevra. I suoi figli avevano paura di lei, e sua moglie, Isabella, la chiamava pazza. Anche se Ginevra era tranquilla, giocherellona, innocente.
Be sai ho una famiglia e Ginevra è balbettò, cercando di liberare la mano dalla stretta della madre.
Figlio mio, la casa di tuo padre è tua Per Ginevra ho lasciato un appartamento di tre stanze. È tutto in regola.
Da dove i soldi?! Luca e Isabella si scambiarono unocchiata sbalordita. I loro volti si illuminarono di avidità.
Mi sono presa cura della vecchia maestra Le portavo da mangiare, le medicine Era buona con me. Non credevo che mi avrebbe lasciato lappartamento. Lho intestato a Ginevra, così avrebbe un rifugio. Ma tu tu veglia su di lei, ti prego Un giorno sarà dei tuoi figli. Chissà quanto vivrà
Quella notte, mia madre morì.
Ginevra sembrava non capire di essere rimasta orfana. Luca la portò subito da lui e iniziò a ristrutturare lappartamento.
Perché Ginevra ha bisogno di tutto quel spazio? Che resti con noi. Possiamo affittarlo.
Allinizio, Isabella non obiettò. Ginevra non dava fastidio: giocava tutto il giorno, ridendo. Ma le sue stranezze spaventavano Isabella. Oggi è tranquilla, ma domani?
Abbi ancora un po di pazienza, la pregò Luca. Ma, dopo sei mesi, con laiuto di un notaio amico, trasferì la casa di famiglia e lappartamento di Ginevra a suo nome. La ingannò facendole firmare i documenti senza spiegarle nulla.
E allora iniziò linferno.
Mentre Luca era al lavoro, Isabella torturava Ginevra: la insultava, la chiudeva in camera, a volte le dava cibo per gatti. La trovava piangente, terrorizzata. Un giorno, Isabella la colpì. Ginevra, impaurita, si bagnò addosso.
Non solo sei unidiota, ma ti fai anche la pipì addosso?! Fuori di casa mia!
Le gettò le sue cose in una borsa e la spinse fuori dal cancello.
Dovè Ginevra? chiese Luca quella sera, sdraiandosi a letto.
Se nè andata! urlò Isabella. Si è bagnata addosso, poi si è chiusa in camera. Quando ho aperto, è scappata con la borsa. Non corro dietro a una pazza!
Luca tacque. Poi disse: Va bene, se è andata via e accese la televisione. A proposito, ho trovato degli affittuari.
Quella notte fu lunga. Pensò a Ginevra. Dovera finita? Era come una bambina, indifesa. Riuscì ad addormentarsi solo allalba, sognando nostra madre:
Te lavevo chiesto, figlio disse dal feretro, minacciandolo con un dito.
Il sogno lo perseguitò per settimane. Non ce la faceva più. Dopo due mesi, chiamò la madrina, Anna:
Allora, Luca, ti rode la coscienza? rispose lei fredda. Per fortuna sono passata da tua madre. Ho trovato Ginevra terrorizzata, lho presa con me. La tengo io. Non mi serve il suo appartamento. Tu vivi con la vergogna!
Madonna santa, comare borbottò, riattaccando. Si sentì sollevato: Ginevra era al sicuro.
Ma morì due mesi dopo, della stessa malattia di nostra madre. Luca non andò al funerale aveva impegni urgenti.
Passarono dieci anni. Ora Luca era malato, tormentato dai dolori e dai rimorsi. Isabella viveva con un altro uomo. I figli venivano raramente, lamentandosi: Puzzi di malattia
Un giorno, Isabella entrò con dei documenti:
Firma, dobbiamo sistemare lazienda.
Lui firmò. Più tardi capì: era la cessione della casa. Poi dellazienda. Troppo tardi. Si ricordò di nostra madre e di Ginevra. Le lacrime gli rigarono il volto.
Perdonatemi sussurrò nel vuoto che lo inghiottiva.

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Mio figlio, ti prego, abbi cura di tua sorella malata. Non puoi abbandonarla!” – sussurrò la madre.