Dove andate? Siamo venuti a farvi visita!

“Dove andate? Siamo venuti a farvi visita!” gridò Alba, con un sorriso che sembrava dipinto a forza.

“Detesto tua sorella!” sbottò Lucrezia, torcendo la bocca come se avesse assaggiato un limone amaro. “Mi fa impazzire!”

“Non sei lunica,” rispose Matteo, stringendole la mano per confortarla.

“Si intromette in tutto e crede di saperne più di chiunque altro. Dovresti vedere quella faccia trionfante quando riesce a umiliarmi,” borbottò Lucrezia tra i denti. “Prima dice che ho una pessima educazione, poi che il mio trucco è fuori moda”

“È sempre stata così,” replicò Matteo alzando le spalle. “Colpa di nostra madre, che lha viziata e le ha permesso tutto.”

“Meno male che abitiamo a cento chilometri dalla tua famiglia,” sospirò Lucrezia, rivolgendo gli occhi al cielo.

La suocera, Elisabetta, e la cognata, Alba, vivevano in città, mentre Matteo e Lucrezia abitavano in un paesino tra le colline.

Entrambe vedove, risiedevano insieme in un appartamento, e ogni volta che la coppia andava a trovare Elisabetta, si ritrovava inevitabilmente anche da Alba.

La sorella di Matteo non sopportava Lucrezia, e così gli scontri erano allordine del giorno.

Allinizio, Lucrezia stringeva i denti in silenzio, ma poi cominciò a rispondere a tono, soprattutto quando notò che anche Elisabetta, approfittando della sua remissività, iniziava a criticarla.

Ogni visita finiva in scenate, finché la coppia decise di non mettere più piede in casa dei parenti.

Elisabetta se ne accorse subito e cominciò a tempestare il figlio di telefonate.

“Perché non venite più? Sono già due settimane che non vi vedo. Non pensi che tua madre e tua sorella si sentano sole?” rimproverò.

“Abbiamo molto da fare, non abbiamo tempo,” rispose Matteo secco, evitando di entrare nei dettagli.

“Che cosa di così interessante?” domandò Elisabetta sospettosa. “Tua moglie te lo vieta? Lultima volta è uscita con una faccia da funerale.”

“Ti ho detto che siamo occupati,” tagliò corto Matteo.

Unora dopo, però, Elisabetta richiamò per annunciare che lei e Alba sarebbero passate dal paese.

“Perché?” si stupì Matteo.

“Vogliamo visitare una vecchia amica e approfittare per vedervi, visto che voi non vi fate vivi,” spiegò Elisabetta con tono sicuro.

Matteo impallidì. Aveva smesso di andare da loro proprio per evitare che si presentassero a casa sua.

“Probabilmente non saremo in casa,” disse, sperando di dissuaderle.

“Dove andate?” sbottò Elisabetta irritata. “Secondo me, semplicemente non ci volete vedere. Se è così, ditelo chiaramente.”

“Festeggiamo un compleanno,” inventò Matteo in fretta.

“Andate pure, anche se vostra madre e vostra sorella non vengono tutti i giorni a trovarvi,” rispose amareggiata, prima di riagganciare.

Matteo si sentì in colpa, ma ricordando come trattavano Lucrezia, decise di non preoccuparsene.

Non disse nulla alla moglie per non agitarla inutilmente.

Ma tre ore dopo, capì di aver sbagliato. Quando il campanello suonò, fu Lucrezia ad aprire.

Davanti a lei, Elisabetta e Alba sorridevano beffarde. Non si aspettava certo quella visita.

Matteo, ricordandosi allultimo momento, corse in ingresso.

“Lucrezia, sei pronta? Non sei ancora vestita?” disse, facendo finta di non notare le ospiti indesiderate.

“Pronta per cosa?” chiese lei, confusa.

“Il compleanno. Hai dimenticato?” sorrise Matteo, teso. “Oh, mamma, Alba, che ci fate qui?”

“Siamo venute, ti avevo avvertito,” rispose Elisabetta con calma. “Potreste almeno farci entrare invece di lasciarci sulla porta?”

“No, non possiamo, stiamo uscendo. Lucrezia, vai a cambiarti,” ordinò Matteo, afferrandole la mano.

Lucrezia lo guardò interrogativa, ma capì il suo gioco quando lui le strizzò locchio.

“Dove andate? Siamo venute apposta!” esclamò Alba, incrociando le braccia. “Non è un po tardi per un compleanno?”

“No, dobbiamo essere là per le otto,” mentì Matteo. “Tra mezzora siamo già in ritardo.”

“Andrai così vestito?” rise Elisabetta, osservando i suoi abiti casual.

“Dio, mi sono dimenticato di cambiarmi!” fece Matteo, fingendo imbarazzo, prima di correre in camera.

Alba ed Elisabetta si scambiarono unocchiata sospettosa.

Non credevano affatto alla scusa del compleanno.

“Non potete rimandare per noi?” chiese Elisabetta quando Matteo tornò in giacca e cravatta.

“Impossibile,” tagliò corto lui. “Siamo attesi da ore. E abbiamo già pagato la cena. Volete venire la prossima settimana?”

“Potremmo aspettarvi qui,” propose Alba, guardandosi intorno.

“No, perché mai?” rifiutò Matteo. “Non avete altro da fare?”

“Casa tua è sempre meglio della vecchia amica,” disse Elisabetta con una risatina. “Tra laltro, ci siamo già viste e non era molto contenta.”

“Posso accompagnarvi alla stazione degli autobus?” suggerì Matteo.

“Non ci sono più corse per la città, e tu non puoi portarci,” rispose Alba con malizia.

“Allora vi prenoto una camera in albergo,” propose lui. “Purtroppo non posso fare di più.”

Elisabetta aggrottò le sopracciglia, delusa.

“Allalbergo?” si offese Alba. “Avete paura che vi rubiamo qualcosa?”

“No, semplicemente preferiamo non lasciare nessuno in casa nostra,” intervenne Lucrezia.

“Vi accompagno io,” insistette Matteo.

“Non serve!” sbottò Elisabetta, uscendo a passo svelto.

Alba la seguì, lanciando occhiate velenose al fratello e alla cognata.

Guardandole dalla finestra, Matteo e Lucrezia tirarono un sospiro di sollievo.

La scusa del compleanno non serviva più.

Elisabetta e Alba chiamarono un taxi e tornarono in città, decise a non avere più a che fare con quei parenti scortesi.

Matteo ci pensò solo quando, mesi dopo, andò in città per una visita medica e cercò un posto per pranzare.

Alba gli aprì la porta e, vedendolo, gli disse secca: “Stiamo uscendo, e non lasciamo estranei in casa.”

Matteo capì, con amarezza, che madre e sorella erano profondamente offese.

Da quel giorno, i rapporti si spezzarono per sempre.

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