Lucia era affacciata alla finestra, osservando sua figlia Giulia che caricava le ultime scatole nell’auto. La ragazza si affaccendava, riposizionava le borse, spiegava qualcosa al marito. Già adulta, trentun anni, eppure la madre continuava a vederla come quella bambina che si aggrappava alla sua gonna e aveva paura di restare sola.
“Mamma, sei pronta?” gridò Giulia dal cortile. “Dobbiamo andare!”
Lucia prese la piccola borsa dal davanzale, con dentro l’essenziale, e si avviò lentamente verso la porta. Nell’ingresso, sulla credenza, c’erano le foto: il matrimonio di Giulia, il compleanno della nipotina Beatrice, le vacanze in montagna. Una vita normale, che ora sembrava così lontana.
“Arrivo,” rispose, chiudendo l’uscio di casa.
L’auto era parcheggiata con il bagagliaio aperto. Il marito di Giulia, Marco, fumava vicino al portone e guardava l’orologio con aria nervosa.
“Buongiorno, signora Lucia,” annuì. “Come sta?”
“Bene, grazie,” rispose seccamente.
Marco si rivolgeva sempre a lei in modo formale, anche dopo otto anni di conoscenza. Non che fosse una cattiva persona, ma… un po’ freddo. Lucia non si era mai sentita davvero a suo agio con lui.
“Siediti dietro, mamma,” disse Giulia aprendo lo sportello. “È più comodo.”
Viaggiarono in silenzio. Lucia osservava dal finestrino le strade conosciute che lasciavano il posto a quartieri sconosciuti. Trasferirsi dalla figlia sembrava la scelta giusta. Dopo la morte del marito, vivere da sola era diventato pesante, e la salute non era più quella di un tempo. E poi c’era Beatrice, poteva aiutare con la bambina.
“Siamo arrivati,” annunciò Giulia quando l’auto si fermò davanti a un moderno condominio. “Casa nostra.”
L’appartamento era spazioso e luminoso. Un ampio soggiorno, cucina separata, tre camere da letto. Giulia mostrava orgogliosa i lavori di ristrutturazione, i mobili nuovi, gli elettrodomestici.
“Questa è la tua stanza, mamma,” aprì la porta della stanzetta più piccola. “L’ho sistemata apposta per te.”
La camera era ordinata, ma anonima. Un letto singolo, un armadio, una scrivania sotto la finestra. Tutto nuovo, tutto estraneo.
“Grazie, tesoro,” Lucia appoggiò la borsa sul letto. “Molto carino.”
“Mamma, dov’è Beatrice?” chiese, guardandosi intorno.
“È rimasta un giorno da un’amichetta. Domani la riporto e potrai conoscerla davvero.”
Lucia annuì. Beatrice l’aveva vista solo qualche volta: al compleanno, a Natale. Giulia veniva di rado a trovarla, sempre occupata tra lavoro e famiglia.
Quella sera, sedute in cucina a bere il tè, Marco sfogliava il tablet mentre Giulia parlava dei vicini, dei negozi vicini.
“Ti piacerà vivere qui, mamma. Il quartiere è tranquillo, le persone per bene. C’è un parco giochi, la farmacia è a due passi.”
“Sì, è proprio bello,” concordò Lucia.
“E poi, potrai darmi una mano con Bea. La baby-sitter costa troppo, e l’asilo inizia solo a settembre.”
Marco alzò lo sguardo dallo schermo.
“Giulia, avevamo detto che tua madre avrebbe avuto la sua indipendenza. Non dobbiamo caricarla.”
“Ma che carico! Starà con la nipotina, è una gioia, non un lavoro.”
“Certo, darò una mano,” si affrettò a dire Lucia. “Non sono venuta qui per stare con le mani in mano.”
Marco scrollò le spalle e tornò al tablet.
Il mattino dopo, Giulia riportò Beatrice. La bambina aveva quattro anni, vivace, chiacchierona, l’immagine della madre da piccola.
“Bea, questa è la nonna Lucia. D’ora in poi vivrà con noi.”
“Ciao, nonna,” disse educata la bambina, ma con un’aria guardinga.
“Ciao, stellina,” Lucia si chinò verso di lei. “Che bella che sei!”
“Mamma, perché la nonna sta nella mia stanza dei giochi?”
Giulia si confuse.
“Beatrice, ora è la stanza della nonna. I tuoi giochi li sposteremo nella tua camera.”
“Ma lì non c’è più spazio! Dove faccio i castelli?”
“Troveremo una soluzione,” disse Giulia sollevandola. “Non ti preoccupare.”
Lucia capì di aver occupato uno spazio che Beatrice considerava suo. Una spiacevole sensazione di colpa le serrò il petto.
“Potrei dormire in soggiorno,” propose. “Sul divano.”
“Ma no, mamma!” ribatté Giulia. “Ora sei qui, devi avere la tua stanza.”
Ma per tutto il giorno, Beatrice lanciò occhiate alla porta chiusa con un’espressione malinconica.
I giorni passarono. Giulia andava a lavoro, Marco anche, spesso fino a tardi. Lucia restava con Beatrice. La bambina si abituava poco a poco, ma non nasceva nessuna complicità. Erano educate l’una con l’altra, ma come estranee.
“Beatrice, vuoi che ti racconti una favola?” proponeva Lucia.
“No, la mamma mi legge i libri con le figure.”
“Posso farti dei biscotti?”
“La mamma li compra già fatti. Dice che sono più sani.”
Ogni rifiuto feriva Lucia. Voleva rendersi utile, prendersi cura della nipotina, ma la bambina sembrava non volerla far entrare nel suo mondo.
A tavola, la sera, i discorsi erano sempre su lavoro, progetti per il weekend, amici che Lucia non conosceva.
“Come sta Laura?” chiese Marco.
“Bene, ha avuto una promozione. Sabato ci invita in campagna.”
“Ci andiamo? Portiamo Bea?”
“Certo. A lei piace, gioca con gli altri bambini.”
Lucia taceva, capendo di non essere inclusa nei piani. Era come un mobile: presente, ma senza parte nella vita della famiglia.
“Se volete, posso restare a casa,” disse con cautela. “Andate pure voi.”
“Perché?” sorrise Giulia. “Vieni anche tu! Conoscerai i nostri amici.”
“Dai, tesoro. Io cosa ci faccio? Voi giovani vi divertite, io sarei solo di troppo.”
“Mamma, che dici? Come puoi essere di troppo?”
Ma Lucia vide Marco tirare un sospiro di sollievo. Evidentemente non voleva la suocera in mezzo agli amici.
Sabato, la famiglia partì per la campagna, e Lucia restò sola nell’appartamento estraneo. Camminava per le stanze vuote, senza sapere cosa fare. A casa sua c’erano sempre cose da fare: innaffiare i fiori, chiacchierare con la vicina, fare la spesa dai commercianti di sempre.
Qui tutto era nuovo. Persino il tè non era quello a cui era abituata.
Provò a guardare la TV, ma i programmi non la interessavano. Prese un libro, ma non riusciva a concentrarsi.
La sera, la famiglia tornò abbronzata e allegra.
“Come è andata, mamma?” chiese Giulia stendendo i costumi bagnati. “Ti sei annoiata?”
“No, tranquilla. Mi sono riposata.”
“Meno male. Noi ci siamo divertiti tantissimo! Beatrice ha nuotato nel fiume, abbiamo fatto la grigliata.”
La bambina corse dalla nonna mostrandole le conchiglie raccolte sulla riva.
“Guarda, nonna, che belle!”
“Bellissime,” approvò Lucia. “Dove le hai trovate?”
Beatrice si entusiasmò a raccontare del fLucia ascoltava il racconto della nipotina, sorridendo, ma dentro di sé sentiva che, nonostante tutto l’amore, la sua casa era un’altra, e lì, finalmente, avrebbe ritrovato se stessa.