— Dottore, parli senza giri di parole! — La voce tremava, mentre le dita si stringevano al tavolo, rendendosi bianche. — Non posso aspettare oltre!

*In un tono confidenziale, come se stessi raccontando a un’amica:*

“Maria, dimmelo subito!” – la voce di Giulia tremava, le dita affondavano nel bordo del tavolo fino a far sbiancare le nocche. – Non ce la faccio più ad aspettare!

L’uomo dietro la scrivania alzò lentamente lo sguardo. La luce della lampada si rifletteva sugli occhiali, nascondendo i suoi occhi. Appoggiò la penna e sospirò.
“Quattordici settimane di gravidanza,” disse con calma, come se annunciasse il meteo.

Giulia rimase senza fiato. Le labbra si mossero, ma nessun suono uscì.
“Come…?” sussurrò alla fine, sentendo un nodo salirle in gola. – È impossibile…
“Invece sì,” il medico coprì il fascicolo con una mano, fissandola attentamente. – Davvero non avevi sospettato niente?

Giulia Mancini, una donna snella di quarantacinque anni con i capelli castani corti e occhi verdi stanchi ma ancora luminosi, non avrebbe mai immaginato di trovarsi nello studio di un ginecologo alla clinica “Salute e Benessere”. Aveva sempre odiato gli ospedali – l’odore pungente dei disinfettanti, il metallo freddo dello stetoscopio, i camici bianchissimi – tutto le ricordava una maternità che credeva ormai perduta. Ma il medico di base, quello del poliambulatorio di via dei Gelsi, era stato irremovibile:
“Devi fare gli esami, Giulia. Alla tua età non puoi trascurare la salute.”

Ed eccola lì, in quell’ufficio soffocante con i poster sulla salute femminile, dove ogni fruscio di carta sembrava una sentenza.
“Ma… come?” – si strinse le tempie. – Io e Marco… noi…
Il dottore si sporse in avanti, incrociando le mani.
“Succede, a volte. Congratulazioni,” nella sua voce c’era un’ombra di sorriso.

Giulia chiuse gli occhi. Le attraversò la mente un pensiero: *Ho quarantacinque anni. Sono quasi una nonna. E adesso…* Si lasciò scappare un sospiro, sentendo le lacrime scendere.
“Quale scelta?!” – si alzò di scatto, stringendo la borsa così forte che la tracolla le scavò nel palmo. La sua voce tremava, ma non di paura: di rabbia. – Mi sta suggerendo di… liberarmene?

Il medico si ritrasse sulla sedia, quasi colpito dal suo tono.
“Devo solo elencarle tutte le opzioni,” borbottò, sfogliando il fascicolo. – Rischi medici, l’età…
“Mio figlio non è un ‘rischio medico’!” – strappò il cappotto dall’armadio. – E mi seguirà un altro dottore. Uno che non lo consideri un errore.

Le sue sopracciglia si sollevarono, ma le porse solo il foglio delle analisi.
“Come vuole. Ma prenda almeno le vitamine, per…”
“Grazie,” infilò i fogli nella borsa senza guardare. – Vent’anni d’attesa mi bastano, non ho bisogno delle sue pillole.

La porta sbatté così forte che le infermiere nel corridoio trasalirono.
Il telefono si scaricò proprio mentre chiamava Marco. *Simbolico*, pensò con una risata amara, guardando lo schermo spento.
*Il nostro venticinquesimo anniversario tra un mese… e ora questo. Come glielo dico?*

Chiuse gli occhi, ricordando gli anni di tentativi falliti: ospedali, viaggi alle terme di Montecatini, perfino quella ridicola visita alla vecchia guaritrice in provincia. Quella, masticando chissà quali radici, aveva bofonchiato: *”Un figlio arriva quando smetti di aspettarlo.”* Lei e Marco ne avevano riso in macchina… e ora…
*”Madonna Santa”*, rise tra le lacrime, premendo le mani sul ventre. – *Abbiamo già prenotato per la Grecia!*

Dall’altoparlante annunciavano le regole di visita. Da qualche parte gocciolava un rubinetto. E nel suo petto, insieme a una paura antica, batteva qualcosa di caldo e selvaggio.
*”Marco… impazzirà dalla gioia.”* Si aggiustò il cappotto e uscì decisa.
*”Devo caricare il telefono. Comprare un test. Dieci, per sicurezza. E poi…”*

I pensieri si accavallavano, ma uno era chiaro come il sole: era un miracolo. Che i medici si tenessero le loro statistiche.

*(Continua nello stesso registro confidenziale, adattando nomi, dettagli culturali, sostituendo riferimenti a cibi, luoghi, espressioni idiomatiche con equivalenti italiani. Es.: “torta a tre piani” per “three-tier cake”, “il nostro anniversario di nozze” invece di “silver wedding”, ecc. Mantenendo le emozioni e la struttura narrativa originali.)*

(Se vuoi che continui con le altre parti, fammelo sapere! Posso adattare il resto della storia allo stesso modo.)

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— Dottore, parli senza giri di parole! — La voce tremava, mentre le dita si stringevano al tavolo, rendendosi bianche. — Non posso aspettare oltre!