Gli ospiti se ne sono andati, ma il rancore persiste

**Diario personale**

Gli ospiti se ne sono andati, ma il rancore è rimasto.

“Mamma, ma cosa dici?!” Valentina ha sbattuto un piatto sporco nel lavandino, facendolo tintinnare contro il bordo. “Ingrata?! E di cosa dovrei ringraziarti, esattamente?”

“Di tutto quello che ho fatto per te! Di aver sopportato tuo padre per amore dei figli! Di aver rinunciato a tutto pur di vederti studiare e vestirti dignitosamente!” Filomena Ferri era in piedi in mezzo alla cucina, rossa dalla rabbia, stringendo un canovaccio tra le mani.

“Mamma, basta! Gli ospiti sono appena usciti e tu già mi attacchi! Cosa ho fatto di male? Non ho accolto bene le tue amiche? Non ho apparecchiato? Non ho preparato la torta?”

“Non hai fatto! Esatto, non hai fatto niente!” Filomena si girò e iniziò a lavare furiosamente le tazzine da caffè. “Sei rimasta seduta come un’estranea mentre Paolina raccontava dei suoi nipoti. Non hai detto una parola quando Lucia ti ha chiesto di Matteo. Non hai nemmeno ringraziato quando ti hanno fatto i complimenti!”

Valentina si massaggiò le tempie. La testa le scoppiava dopo tre ore a tavola con le amiche di sua madre. Quelle domande continue, i paragoni, i consigli su come vivere bene. Quell’eterna insoddisfazione verso tutto e tutti.

“Mamma, ho trentacinque anni. Sono una donna adulta. Non devo sorridere e annuire ogni minuto.”

“Adulta!” sbuffò la madre. “Una donna adulta vive da sola, tra l’altro. Non sta ancora sulle spalle della madre a quarant’anni.”

“Ne ho trentacinque, non quaranta! E non ti sfrutto! Pago le bollette, faccio la spesa, pulisco, cucino!”

“Cucini!” Filomena si voltò, gli occhi pieni di rabbia. “Cosa cucini? Pasta al sugo? E chi ha preparato il minestrone oggi? Chi ha fatto le polpette? Chi ha pulito tutta la casa prima che arrivassero gli ospiti?”

Valentina crollò su una sedia. Le forze l’avevano abbandonata. Quelle continue critiche, i rimproveri, i tentativi di dimostrare di avere ragione la stancavano più di qualsiasi lavoro.

“Va bene, mamma. Sono una figlia ingrata. Cos’altro volevi sentirti dire?”

“Volevo sentire un ‘grazie’!” Filomena sbatté una mano sul tavolo. “Un semplice ‘grazie, mamma, per avermi ospitata nella tua casa, per non avermi cacciata quando mio marito se n’è andato’. ‘Grazie per aiutarmi con Matteo, per accompagnarlo dal medico, per prenderlo a scuola’. Ma no! Tu pensi che sia un mio obbligo!”

Valentina sentì un nodo salirle in gola. Sì, sua madre aiutava con suo figlio. Sì, viveva nel suo appartamento da tre anni, da quando aveva divorziato. Ma non cercava forse di ripagarla? Non lavorava forse in due posti pur di contribuire alle spese di casa?

“Mamma, ti ringrazio ogni giorno. Magari non a parole, ma con i fatti. Non ti chiedo soldi, me li guadagno da sola. Aiuto in casa.”

“Aiuti!” La madre si sedette di fronte a lei, ancora stringendo il canovaccio. “Sai cosa mi ha detto oggi Paolina? Che sua figlia Giulia ha conosciuto un uomo nuovo. Un brav’uomo, benestante. E ha subito proposto a lei e ai figli di trasferirsi da lui. E tu invece? Tre anni sola, tra lavoro e casa, come un pendolo. Senza vita privata.”

“E cosa c’entra?” sbottò Valentina. “Non posso ordinarmi un uomo al supermercato! Se incontrerò la persona giusta, mi risposerò. Altrimenti vivrò da sola.”

“Da sola!” Filomena si alzò e iniziò a camminare per la cucina. “E io cosa sono, immortale? Ho già settantadue anni. Quanto ancora vivrò? E tu resterai completamente sola, con un figlio da crescere.”

“Matteo non è più piccolo, ha già tredici anni.”

“Tredici! L’età più difficile! Ha bisogno di un padre, di una guida maschile. E cosa vede? Una madre che lavora dalla mattina alla sera e una nonna che lo cresce.”

Valentina si alzò dal tavolo. La conversazione stava prendendo la solita piega. Sua madre avrebbe iniziato a elencare tutti i suoi errori, i fallimenti, i sbagli. Le avrebbe detto cosa avrebbe dovuto fare, con chi non avrebbe dovuto mettersi, che lavoro avrebbe dovuto cercare.

“Mamma, vado in camera mia. Domani devo svegliarmi presto.”

“Certo, vai!” le gridò dietro Filomena. “Come al solito, quando la conversazione si fa seria! Scappi e ti nascondi!”

Valentina si fermò sulla porta. Qualcosa nelle parole della madre la colpì profondamente. Forse perché c’era del vero.

“Non scappo, mamma. Sono solo stanca di queste discussioni. Sei sempre insoddisfatta. Qualsiasi cosa faccia, non va mai bene.”

“Non va bene!” Filomena si avvicinò. “E come dovrebbe andare, allora? Me lo spieghi? Dimmi perché a trentacinque anni vivi ancora con tua madre? Perché non hai una casa tua, una famiglia? Perché mio nipote cresce senza padre?”

“Perché la vita è andata così!” esplose Valentina. “Perché non tutti nascono con la camicia! Perché ho dovuto pensare a mio figlio, a lavorare, non a correre dietro agli uomini!”

“Correre dietro agli uomini!” sbuffò la madre. “Così chiami i tentativi di rifarti una vita?”

“Mamma, basta!” Valentina si girò e si diresse velocemente verso la sua stanza. Alle sue spalle, la voce indignata di sua madre continuava a risuonare, ma le parole erano ormai indistinte.

Chiuse la porta e vi si appoggiò. Nella stanza regnava il silenzio. Matteo stava facendo i compiti alla scrivania vicino alla finestra. Sentendo i passi della madre, si voltò.

“Mamma, avete litigato di nuovo con la nonna?”

“Non abbiamo litigato, tesoro. Stavamo solo parlando.”

Matteo la guardò scettico. A tredici anni, capiva già molto dei rapporti degli adulti.

“L’ho sentita urlare. E anche tu.”

Valentina si avvicinò, gli accarezzò i capelli. Scuri come i suoi. Gli occhi grigi, invece, li aveva presi dal padre. Magro, alto per la sua età. Intelligente, osservatore. Troppo maturo per tredici anni.

“Gli adulti a volte non riescono a capirsi. Ma questo non significa che non ci vogliamo bene.”

“E per cosa discutete?”

Valentina si sedette sul bordo del letto. Come spiegare a suo figlio ciò che nemmeno lei capiva fino in fondo? Quell’eterna insoddisfazione, i rimproveri, quel senso di colpa e risentimento mescolati insieme?

“La nonna pensa che non sia una brava figlia. Io credo di fare del mio meglio.”

“Secondo me, sei brava,” disse serio Matteo. “Lavori per mantenerci. Mi aiuti con i compiti. Cucini bene. Non urli come certe mamme.”

“Grazie, tesoro,” disse Valentina, sul punto di piangere. “Ti sono piaciuti gli ospiti di oggi?”

Matteo fece una smorfia.

“Parlavano sempre di quanto fossero meravigliosi i loro nipoti. Poi hanno iniziato a chiedere perché tu non hai un marito. La nonna si è arrabbiata molto.”

“Si è arrabbiata?”

“Sì. Quando la signora Paolina ha detto che sua figlia si è risposata bene, la nonna è diventata rossa e”Il silenzio della stanza sembrò avvolgere madre e figlio, mentre fuori la pioggia continuava a cadere, lavando via per un attimo le tensioni del giorno, ma lasciando intatta la consapevolezza che, nonostante tutto, erano ancora una famiglia.

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