Il trasloco si è trasformato in un divorzio
– Ma che dici, Tiziana! – urlò Roberto, agitando le braccia. – E il mio garage dove lo metto? La mia officina? Ci ho passato mezza vita!
– E io dove metto il mio lavoro? – rispose Tiziana, altrettanto forte, in piedi in mezzo alla stanza invasa da scatoloni. – Venti anni nella stessa azienda! Mi conoscono, mi apprezzano!
– Troverai un altro lavoro! A Lecce il clima è migliore, la gente è più cordiale, tutto costa meno!
– Sì certo, a cinquant’anni troverò! – Tiziana rise amaramente. – Sei completamente pazzo, Roberto!
Il loro figlio Matteo sedeva sul divano e osservava in silenzio la lite dei genitori. Aveva trentadue anni, ma in quei momenti si sentiva un bambino costretto a scegliere tra la mamma e il papà.
– Matteo – lo chiamò Tiziana –, digli a tuo padre che le persone normali alla nostra età non si trasferiscono chissà dove!
– Mamma, non coinvolgermi – rispose lui stanco. – È una questione vostra.
– Che questione nostra! – esplose Roberto. – La famiglia deve decidere insieme! Ma tu, Tiziana, sei dura come un muro! Non vuoi cedere su nulla!
Tiziana si sedette sul bordo del divano e si coprì il viso con le mani. Aveva cinquantaquattro anni e nell’ultimo mese ne era invecchiata cinque. Tutto era iniziato quando Roberto era tornato a casa con gli occhi luminosi e aveva annunciato che suo cugino proponeva loro di trasferirsi a Lecce.
– Hai idea, Tiziana – aveva detto allora, camminando avanti e indietro in cucina –, Enrico ha comprato una casa grande laggiù. Dice che c’è spazio, possiamo stare da lui finché non troviamo una nostra sistemazione. E il clima che c’è! Il mare vicino! Frutta e verdura fresca!
Tiziana allora aveva annuito pensando che fosse l’ennesima fantasia di suo marito. Roberto si entusiasmava spesso per nuove idee: un giorno voleva allevare api, un altro comprare una casa in campagna. Ma dopo una settimana o due si calmava e dimenticava tutto.
Questa volta, però, la cosa era seria.
– Tiziana, ho già comprato i biglietti – disse Roberto entrando in cucina. – Partiamo dopodomani per vedere.
– Quali biglietti? Dove andare a vedere? – chiese lei, confusa, mescolando la minestra.
– A Lecce! Da Enrico! Ci ha trovato una casa vicino alla sua. Dice che i proprietari la vendono a poco.
Tiziana spense il fornello e si girò verso di lui.
– Roberto, di che stai parlando? Quale casa? Quale Lecce?
– Ma come quale! – lui si stupì. – Ne abbiamo parlato! Tu stessa hai detto che non sarebbe male cambiare aria!
– Quando l’avrei detto?
– Ricordi, il mese scorso ti lamentavi che al lavoro era arrivato un nuovo capo, i giovani non rispettano i più anziani. Ecco l’occasione!
Tiziana si sedette. Le girava la testa.
– Roberto, ragiona un attimo! Abbiamo più di cinquant’anni! Qui abbiamo una vita! Casa, lavoro, amici! Vuoi buttare tutto per un’avventura?
– Non è un’avventura – ripeté lui ostinato. – È una nuova opportunità. Enrico dice che là ci si sistema bene. Lui stesso ci ha solo guadagnato.
– E sua moglie cosa dice?
– Laura? È contenta. Dice che è stata la scelta migliore.
Tiziana scosse la testa. Laura aveva dieci anni in meno e non lavorava. Per lei era facile trasferirsi.
– Roberto, io non ci vado. Non voglio neanche andare a vedere.
– Ma perché sei così testarda! – sbottò lui. – Almeno guarda, poi decidi!
– Non voglio guardare. Non voglio trasferirmi. Punto.
Ma Roberto non mollò. Ogni giorno portava nuove ragioni. Parlava del clima, dei prezzi bassi, di quanto fosse bella la vita per i pensionati laggiù.
– Tiziana, capiscimi – diceva seduto in cucina con il caffè –, là staremo come pascià! Enrico ha comprato un terreno grande, forse ci vende un pezzo. Possiamo fare l’orto, tenere le galline, magari una capretta…
– Una capretta, Roberto? – chiese lei stanca. – Sai mungere una mucca? Io saprei accudire le galline?
– Si impara! La gente lo fa!
– La gente lo faccia. Io non voglio imparare a badare alle galline a cinquant’anni.
Ma Roberto non cedette. Andò a Lecce da solo, tornò con foto e video sul telefono. Mostrava a Tiziana case bellissime, il mare, i mercati con la frutta a poco prezzo.
– Guarda che meraviglia! – si entusiasmava. – Che aria! Che gente accogliente!
Tiziana guardava le foto e pensava al suo lavoro. Alle colleghe con cui aveva condiviso tanti anni. Alle amiche che vedeva ogni weekend. Alla routine di sempre.
– Io qui sto bene – diceva. – Perché cambiare?
– Perché là staremo meglio! – insisteva lui.
– E se non fosse così? Se non ci trovassimo bene? E allora?
– Ci troveremo bene! Di sicuro!
Poco a poco quelle chiacchierate diventarono litigi. Roberto si faceva sempre più insistente, Tiziana sempre più inflessibile.
– Non mi ascolti proprio! – gridava lei. – Non ti importa niente di quello che penso!
– Ti ascolto! – ribatteva lui. – Solo che pensi… in modo sbagliato!
– Sbagliato? E quello giusto qual è? Come pensi tu?
– Quello giusto è pensare al futuro! A cosa ci conviene! Non aggrapparsi al passato!
– Non è passato, è la nostra vita!
Alla fine Roberto decise di agire senza il consenso di Tiziana. Mise un annuncio per vendere la casa e iniziò a raccogliere i documenti.
– Ma cosa fai? – si spaventò lei vedendo l’annuncio online.
– Quello che avremmo dovuto fare da tempo – rispose lui calmo. – Se tu non vuoi decidere con logica, lo farò io.
– Senza il mio consenso? La casa è intestata a entrambi!
– Il consenso lo otterrò. Prima o poi.
– Mai! – dichiarò Tiziana. – Non firmerò niente!
– Vedremo.
Ma Tiziana tenne duro. Non solo rifiutò di firmare, ma vietò a Roberto di far visitare l’appartamento ai potenziali acquirenti.
– Anche questa casa è mia! – diceva. – E finché sono viva, nessuno la venderà!
Roberto perse del tutto la pazienza.
– Mi stai prendendo in giro! – urlò. – Mi rovini la vita!
– Tu non lo stai facendo con me? – replicò lei. – Hai deciso al posto mio dove vivere, cosa fare!
– Io penso al nostro bene!
– Pensi al tuo! Di me non te ne importa nulla!
In quelle discussioni Matteo veniva tirato in mezzo. Il padre si lamentava con lui dell’ostinazione della madre, la madre gli chiedeva di parlare con il padre.
– Figlio, spiegale – implorava Roberto – che non lo faccio per cattiveria. Voglio che stiamo meglio.
– Matteo – piangeva Tiziana –, tuo padre ha perso la testa. Vuole portarmi in un posto sconosciuto, strapparmi a tutto.
Matteo cercava di mediare.
– Papà, forse non essere così brusco? Dai tempo a mamma di abituarsi all’idea.
– Ma quanto altro tempo ci vuole! Sono passati sei mesi!
– Mamma, e se davvero andaste a vedere? Non per trasferirE così, mentre i giorni scorrevano lenti e silenziosi, Tiziana rimase nella sua casa vuota, con il cuore ancora gonfio di domande senza risposta e la consapevolezza che, a volte, il prezzo della stabilità è la solitudine.