Mia Sangue
Giulia adorava suo figlio, ne era fiera. A volte sorprendeva persino pensare che quell’uomo affascinante di ventiquattro anni fosse suo figlio. Com’era volato il tempo! Le sembrava ieri quando era piccolo, e ora era già adulto, con una fidanzata e forse presto si sarebbe sposato, avrebbe avuto una sua famiglia… Credeva di essere pronta a tutto, di accettare qualsiasi sua scelta, purché lui fosse felice.
E quanto le somigliava…
***
Si era sposata all’università, per amore. La mamma aveva cercato di dissuaderla.
«Dove corri? Vivrete con la borsa di studio? Non potete aspettare almeno un anno? Finisci prima gli studi. E se arrivano figli? Giulia, ragiona, l’amore non scappa. E poi, quel Luca non è proprio un gran partito…»
Giulia non ascoltava e si irritava. Come faceva sua madre a non capire che senza di lui non poteva vivere? Naturalmente, fece di testa sua e si sposò. Una collega di sua madre offrì ai giovani un piccolo appartamento, rimasto vuoto dopo la morte della nonna un anno prima. Non chiedeva affitto, solo le bollette. Che soldi potevano avere degli studenti?
L’appartamento era vecchio, senza ristrutturazioni da decenni, ma quasi gratuito. Giulia lo considerò un colpo di fortuna. Lo pulì a fondo, appese le tende pulite che le aveva dato la mamma, coprì il divano sfilacciato con una coperta. Si poteva vivere.
Ma la delusione nel matrimonio e in Luca arrivò troppo presto. E fu difficile ammettere che, come al solito, sua madre aveva ragione. Dopo tre mesi, Giulia si chiedeva come avesse potuto sbagliarsi così tanto. Era cieca?
I soldi non restavano mai nelle sue tasche. Li spendeva subito in vestiti o scarpe nuove. Usciva con gli amici fino a tardi e la mattina non riusciva ad alzarsi per le lezioni. Non gli importava minimamente di cosa avrebbero mangiato. Con quali soldi avrebbe fatto la spesa?
Giulia sopportava, senza dire nulla alla madre. Ma lei lo sentiva e vedeva tutto. Cercava di aiutarla, le dava soldi, portava cibo.
Ultimamente Luca invitava sempre più spesso gli amici a casa. «Finalmente ho un posto mio!» diceva. Gli studenti affamati svuotavano il frigorifero, finivano tutto ciò che la madre di Giulia portava.
Una mattina, Luca aprì il frigo e si stupì di trovarlo vuoto.
«Dov’è finito tutto?»
«I tuoi amici l’hanno mangiato ieri, non ti ricordi?» rispose Giulia con tono amaro.
«Anche le frittelle?» chiese lui.
Difficile che le avessero mangiate con la vodka.
«Frittelle, polpette, pasta, persino il ketchup e il limone. Tutto.» Giulia allargò le braccia.
Luca chiuse il frigo. Fece colazione con una tazza di tè e una crosta di pane secca trovata nella credenza.
Giulia non resistette e gli disse tutto quello che pensava. Se a lui non importava di lei, sua moglie, che lavava montagne di piatti e puliva il pavimento, almeno poteva rispettare sua madre, che comprava il cibo e portava piatti pronti, mentre lui lo regalava agli amici. E anche solo uno di loro aveva dato dei soldi? Aveva portato almeno un filone di pane? La maggior parte aveva genitori che mandavano denaro, patate, conserve…
Luca si scusò, promise che non sarebbe più successo. Ma dopo una settimana, era venerdì e gli amici erano di nuovo lì, a svuotare il frigorifero come un branco di locuste affamate.
«Basta, non ce la faccio più» disse Giulia, capendo che stava mettendo fine alla sua vita matrimoniale.
Gli amici non tornarono più. Ma ora Luca spariva con loro. E ultimamente passava sempre più notti fuori casa. Dopo un’ennesima lite, sentendosi dire che era noiosa e pedante, Giulia fece le valigie e tornò dalla madre.
«Com’è possibile? Dov’è finito l’amore?» piangeva sulla spalla della mamma.
«Semplicemente avete fatto in fretta. Luca non era pronto» disse la madre accarezzandole i capelli.
Tornata a casa, Giulia scoprì di essere incinta. Tra litigi e preoccupazioni, aveva dimenticato di prendere la pillola. La madre la convinse ad abortire, prima che fosse troppo tardi. Diceva che crescere un figlio da sola era difficile.
Ma Giulia non l’ascoltò di nuovo. Non disse nulla a Luca. Il divorzio fu veloce. Diede alla luce Paolo dopo la laurea. Su insistenza della madre, fece il test di paternità e chiese gli alimenti. Luca non si rifiutò, pagò, ma non volle mai vedere il figlio.
Giulia adorava Paolo, gli dedicava tutta se stessa, tutto l’amore che non aveva potuto dare. Non voleva sentir parlare di altri uomini. Se il padre naturale non aveva voluto conoscerlo, come poteva amarlo un altro? La madre la aiutava, ma litigavano spesso perché Giulia non voleva costruirsi una vita sentimentale. Erano strette in tre.
Poi arrivò un colpo di fortuna. Prima di morire, la madre di Luca lasciò l’appartamento a Giulia e al nipote. Forse si sentiva in colpa per come suo figlio l’aveva trattata. Giulia voleva rifiutare, ma fu Luca a insistere perché si trasferisse con il bambino. Disse che comunque se ne sarebbe andato, senza sapere quando sarebbe tornato.
Giulia lasciò la casa della madre e le loro liti finirono.
Era ancora giovane, ma aveva un figlio adulto, laureato e con un lavoro. Oggi i giovani iniziano presto a vivere da soli, ma Paolo non aveva fretta di andarsene…
***
Giulia era così immersa nei ricordi che non sentì il figlio rientrare.
«Mamma! Sono a casa» la chiamò dall’ingresso con la sua voce profonda. Lei si alzò di scatto, apparecchiò e mise il bollitore sul fuoco.
Poi lo guardò, appoggiando la testa su una mano.
«Mamma, devo dirti una cosa» la distrasse Paolo, spingendo via il piatto vuoto.
«Che succede?» chiese Giulia, raddrizzandosi.
«No, cioè sì. Mi sposo.»
«Ma che paura mi hai fatto! Sono felice, tesoro, Sofia sarà una brava moglie…»
«Non sposo Sofia. È una brava ragazza, ma non la amo» la gelò Paolo.
«Davvero? E io che credevo…»
«Ci siamo lasciati. Sposo Chiara. È fantastica, è…»
Giulia ascoltò il figlio, vedendo l’entusiasmo con cui parlava della nuova ragazza, e capì che la loro vita tranquilla era finita.
«Da quanto ti vedi con lei? Non me ne avevi parlato.»
«Un mese.»
«E dopo un mese hai deciso di sposarti? Ma non la conosci nemmeno!» esplose Giulia.
«La amo. È impossibile non amarla. Abbiamo già fissato la data in comune.»
Quella frase la uccise. Dentro di lei salì il panico, il cuore le batté in gola, impedendole di respirare. Eppure credeva di essere pronta a tutto. Suo figlio, il suo bambino, che aveva adorato, cresciuto, per cui aveva vegliato notti intere, per cui avrebbe spostato il mondo, non l’aveva consultata, l’aveva messa davanti al fatto compiuto. «Calma. Respira» si disse, affannata.
Le venne in mente un episodio. Tornavano dall’asilo. Paolo cadde su un sasso, si sbucciI bambini crescono, fanno le loro scelte, e una madre deve imparare ad amare senza possedere.