La porta rimarrà chiusa

La porta non si aprirà più

«Mamma, apri la porta! Mamma, ti prego!» – I pugni di mio figlio battevano con tale forza sul metallo che sembrava dovesse volar via dai cardini. «Lo so che ci sei! La macchina è qui, non sei uscita!»

Valeria Rossi era seduta sulla poltrona, voltando le spalle all’ingresso, stringendo tra le mani una tazza di tè ormai freddo. Le sue dita tremavano così forte che la porcellana tintinnava sul piattino.

«Mamma, ma che succede?» – La voce di Davide si faceva sempre più disperata. «I vicini dicono che da una settimana non fai entrare nessuno! Nemmeno Alessia!»

Al nome della nuora, Valeria si irrigidì. Alessia. La sua preziosa Alessietta, per cui Davide avrebbe fatto qualsiasi cosa. Anche quello che era successo giovedì scorso.

«Mamma, chiamo il fabbro!» minacciò Davide. «Ti apro la porta con la forza!»

«Non osare!» urlò finalmente Valeria, senza voltarsi. «Non permetterò che mi tocchi!»

«Mamma, ma perché? Che hai? Parlami!»

Valeria chiuse gli occhi, cercando di raccogliere i pensieri. Come spiegare a suo figlio ciò che aveva scoperto? Come dirgli quello che aveva sentito per caso nel corridoio della clinica?

«Mamma, ti prego» – la voce di Davide si fece più sommessa, supplichevole. «Sono preoccupato per te. Anche Alessia si preoccupa.»

Alessia si preoccupa. Certo. Probabilmente teme che i suoi piani vadano in fumo.

«Vattene, Davide. Vattene e non tornare.»

«Mamma, stai male? Hai la febbre? Chiamo un dottore.»

«Non mi serve un dottore. Ho bisogno che tu mi lasci in pace.»

Valeria si alzò e si avvicinò alla finestra. In cortile c’era Davide, al telefono. Sicuramente stava parlando con Alessia, raccontandole che sua madre faceva ancora i capricci.

Alzò lo sguardo e la vide dietro il vetro. Le fece un cenno con la mano, indicando che sarebbe salito. Valeria si allontanò e tornò alla poltrona.

Un minuto dopo, altri colpi alla porta.

«Mamma, sono io con Alessia. Apri, per favore.»

Valeria serrò i denti. Eccola, l’aveva portata. La moglie che così premurosamente pianificava il futuro.

«Valeria» – arrivò la voce dolce della nuora – «sono Alessia. Apra, Davide è preoccupato.»

Che brava attrice. Cambia perfino tono quando serve.

«Abbiamo portato della spesa» continuò Alessia. «Latte, pane, i tuoi biscotti preferiti.»

I biscotti. Valeria sorrise amaramente. Un mese prima, Alessia aveva scoperto che la suocera amava i biscotti al limone e ora li comprava sempre. Che premura.

«Valeria, dica almeno qualcosa» – la voce di Alessia si fece più ansiosa. «Siamo qui per lei.»

«Per me» sussurrò Valeria, troppo piano perché sentissero.

«Mamma, non me ne vado finché non apri!» dichiarò Davide. «Resterò qui tutta la notte se serve!»

Valeria sapeva che suo figlio non scherzava. Era sempre stato testardo, fin da piccolo. Se aveva un obiettivo, lo raggiungeva.

«Bene» disse finalmente. «Ma solo tu. Da solo.»

«Cosa?» chiese Davide confuso.

«Alessia torna a casa. Parlerò solo con te.»

Dietro la porta, sentì i loro sussurri.

«Mamma, ma perché? Anche Alessia si preoccupa.»

«Perché l’ho detto io. O entri da solo, o nessuno.»

Altri sussurri, poi la voce di Alessia:

«Va bene, Valeria. Io vado. Davide, chiamami quando hai capito.»

Valeria aspettò che i passi di Alessia si perdessero nelle scale, poi lentamente si avvicinò alla porta e girò la chiave.

Davide entrò come un uragano, l’abbracciò e la scrutò.

«Mamma, sei dimagrita! E sei pallida! Che è successo? Sei malata?»

«Non sono malata» si liberò dall’abbraccio e andò in cucina. «Vuoi un caffè?»

«Sì.» Si sedette e la fissò. «Dimmi tutto. Perché sei chiusa in casa? Perché non apri a nessuno?»

Valeria accese il bollitore e si voltò verso di lui.

«Perché dovrei aprire? Che cosa aspetto?»

«Mamma, di che parli? Non puoi rimanere sempre chiusa qui. Devi uscire, fare la spesa, andare dal medico…»

«La spesa la fa la signora Maria. Le lascio la lista e i soldi. E dal medico non ci vado.»

«Perché no?»

Versò l’acqua bollente nelle tazze, aggiunse lo zucchero.

«Perché l’ultima volta ho sentito cose che avrei preferito non sentire mai.»

Davide aggrottò le sopracciglia.

«Che hai sentito?»

«Tua moglie. Parlava al telefono con un’amica. Non sapeva che ero lì.»

«E cosa diceva?»

Valeria si sedette di fronte a lui e lo fissò a lungo. Quegli occhi così familiari, uguali a quelli di suo marito. Buoni, onesti. Davvero lui poteva essere capace di una cosa simile?

«Parlava di vendere il mio appartamento. Di mettermi in una casa di riposo. Di spendere i soldi.»

Davide impallidì.

«Mamma, avrai capito male. Alessia non…»

«Ho capito tutto» lo interruppe. «Ricordo ogni parola. Disse: “Davide è già d’accordo. Dice che sua madre non può vivere sola, è pericoloso alla sua età. La sistemeremo in una buona casa di riposo e venderemo l’appartamento. I soldi basteranno per l’anticipo.”»

«Mamma, io non ho mai…»

«Non interrompermi!» alzò la voce. «Disse anche: “Almeno la suocera è buona, non sospetta mai niente. Pensa che le vogliamo bene. Ma ci intralcia solo.”»

Davide rimase a testa bassa. Valeria vedeva le spalle tese, i pugni serrati.

«Mamma, te lo giuro, non sapevo niente. Alessia avrà fantasticato.»

«Fantasticato?» Valeria rise amaramente. «E allora perché dava tutti quei dettagli? La casa di riposo in Via del Sole, le condizioni buone ma costose? Il mio appartamento valutato quattrocentomila euro?»

«Ha fatto valutare l’appartamento?» chiese Davide sconvolto.

«Sembra di sì. O credi che abbia tirato fuori quella cifra a caso?»

Davide si passò le mani sul viso.

«Mamma, davvero non sapevo nulla. Alessia non ne ha mai parlato con me.»

«O forse sì, e tu non hai ascoltato? Forse ti ha preparato piano piano?»

Si alzò e si avvicinò alla finestra. Nel cortile, alcuni bambini giocavano, spensierati e felici.

«Sai, Davide, ci ho pensato» disse senza voltarsi. «Forse ha ragione lei. Forse vi intralcio davvero.»

«Mamma, non dire così!»

«E cosa devo dire? Vivo sola in un trilocale, voi siete stretti in un monolocale. Io ho i miei risDavide la guardò con gli occhi lucidi e sussurrò: “Mamma, questa è casa tua, e nessuno potrà mai cacciartene, nemmeno io.”

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