Nutrita, accolta, tradita

La pioggia batteva forte sul tetto della casetta di campagna quando Rosa Bianchi sentì un timido bussare alla porta. Mise da parte il maglione che stava lavorando a maglia e tese l’orecchio. Il bussare si ripeté, esitante, quasi timoroso.

“Chi è?” gridò, avvicinandosi alla porta.

“Per favore, apra,” si sentì una voce femminile flebile. “Mi sono persa…”

Rosa aprì la porta lasciando la catenella inserita. Sulla soglia c’era una ragazza sui venticinque anni, zuppa fradicia. I capelli scuri le si erano appiccicati al viso, il giubbino leggero era ormai impregnato d’acqua. Stringeva tra le mani una borsetta.

“Mio Dio, ma sei tutta bagnata!” Rosa tolse la catenella e spalancò la porta. “Dai, entra prima che ti faccia venire la polmonite!”

“Grazie mille,” sussurrò la ragazza, oltrepassando l’uscio e lasciando impronte umide sulla stuoia. “Sono Laura. Camminavo lungo il sentiero, ma mi sono persa nel bosco. Il cellulare è scarico, non so nemmeno dove sono…”

“Ma svestiti immediatamente!” si agitò Rosa, aiutandola a togliersi il giubbino fradicio. “Sei tutta un gocciolio! Come hai fatto a finire nel bosco con questo tempo?”

Laura abbassò gli occhi, imbarazzata.

“Ho litigato con… il mio ragazzo. Mi ha lasciata in macchina, dicendo che potevo tornare a piedi. Non pensavo fosse così lontano dal paese…”

“Che maleducato!” sbottò Rosa. “Lasciare una ragazza sola nel bosco! Vieni in cucina, ti preparo un tè caldo. Tremi tutta.”

Laura entrò nella cucina piccola ma accogliente. Rosa accese il bollitore elettrico, prese un accappatoio dal mobile.

“Ecco, mettiti questo intanto. Appendo i tuoi vestiti sul termosifone, asciugheranno per domani. Di dove sei?”

“Del Veneto,” rispose Laura vagamente, accettando l’accappatoio con gratitudine. “Lavoro in città, in ufficio.”

“Eh, i giovani di oggi!” scosse la testa Rosa. “Ai miei tempi gli uomini avevano un minimo di riguardo, non avrebbero mai trattato così una donna. Ora chissà cosa succede… Siediti, ti faccio da mangiare.”

Rosa si mise all’opera. Tirò fuori dal frigo uova e burro, preparò una bella frittata. Tagliò del pane, prese delle conserve fatte in casa.

“Mangia, non farti pregare,” disse, posando il piatto davanti a Laura. “Si vede che sei affamata. Quando hai mangiato l’ultima volta?”

“Stamattina, un po’,” confessò Laura, divorando avidamente il cibo. “Abbiamo litigato tutto il giorno…”

“E cosa è successo?”

Laura esitò, masticando il pane imburrato.

“Voleva che… andassimo a vivere insieme. Ma io ho il mio lavoro, i miei progetti. Non ero pronta. Lui si è arrabbiato, ha detto cose brutte…”

“Hai fatto bene a non cedere,” approvò Rosa. “Io alla tua età mi sono precipitata con il primo venuto. Pensavo che l’amore avrebbe superato tutto. E invece no. Lui mi ha lasciata con un figlio piccolo per un’altra.”

“Hai un figlio?” chiese Laura, curiosa.

“Avevo,” diventò cupa Rosa. “Ormai grande, con la sua famiglia. Ma non andiamo d’accordo. Ci vediamo poco.”

Versò il tè, mescolando pensierosamente lo zucchero.

“E tu vivi qui da sola?” chiese Laura con cautela.

“Sola. La casa l’ha costruita mio marito, il secondo. Era un brav’uomo, peccato sia morto così presto. Ora vengo qui solo d’estate, e neanche tutti gli anni. Ho un appartamento in città per l’inverno.”

Laura annuì, finendo la frittata. La pioggia si placava, ma ormai fuori era quasi buio.

“Senti, tesoro,” disse Rosa, “rimani qui stanotte. Domani mattina ti accompagno alla fermata dell’autobus. Con questo tempo e al buio non puoi andare da nessuna parte.”

“Sei sicura? Non voglio disturbare…”

“Ma che disturbare! Che piacere averti qua. C’è un comodo divano in salotto, lenzuola pulite. Fai come a casa tua.”

Passarono la serata a chiacchierare. Laura parlava del suo lavoro in un’azienda commerciale, delle difficoltà per trovare casa in città. Rosa raccontava della sua giovinezza, si lamentava della solitudine.

“Le amiche se ne sono andate tutte, chi è morta, chi è dai figli,” sospirò. “Anche i vicini sono anziani e malati. È triste stare sempre soli…”

“Perché non vai d’accordo con tuo figlio?” chiese Laura con delicatezza.

Il viso di Rosa si fece scuro.

“SuE mentre chiudeva gli occhi quella notte, ancora una volta sperò di sentire il suono di una voce che non avrebbe mai più ritrovato.

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