Sposerò la prima che incontro: L’aitante scapolo sceglie una ragazza con cicatrici di strada

**Mi sposo con la prima che passa. Un ricco scapolo sceglie una ragazza con le cicatrici dalla strada**

Matteo Lombardi adorava il suo balcone. Soprattutto il venerdì mattina, quando la città sotto di lui si trascinava ancora verso la fine della settimana lavorativa, mentre lui, libero e di successo direttore di banca, già immaginava il weekend. L’aria profumava di pioggia notturna e di tigli in fiore. Matteo bevve un sorso di caffè ormai tiepido e guardò con orgoglio le canne da pesca sistemate con cura nell’angolo: un mulinello brillante, esche di ogni tipo e la sua ultima, costosa acquisto.

Nel taschino, il telefono vibrò. Era sua madre.
“Sì, mamma, ciao,” rispose sorridendo.
“Matteo, passi oggi? Ho fatto i panzerotti ripieni, quelli che piacciono a te.”
“Certo, passo. Ma solo un attimo: io e i ragazzi andiamo al lago.”
“Ancora con la tua pesca?” La voce di Maria Antonietta era un misto di affetto e rimprovero. “Hai trentadue anni, figliolo. Perché non porti una ragazza?”
“Mamma, quante volte… appena posso, promesso. Un bacio, a dopo.”

Appese e sospirò. Quella “pesca” era una tradizione sacra tra lui e i suoi amici: la casa al lago di Paolo, la grigliata, la sauna e le chiacchiere fino a tardi intorno al fuoco. Paolo e Riccardo, i suoi migliori amici dai tempi dell’università, erano sposati da anni. Paolo aveva una figlia, Riccardo aspettava il primo. E ogni volta, il weekend “da scapoli” iniziava allo stesso modo.

“Allora, ultimo baluardo del celibato, pronto ad arrenderti?” gli fece l’occhiolino Riccardo mentre caricavano i bagagli nel SUV di Matteo.
“Resiste ancora, il nostro aquilotto,” rise Paolo, dandogli una pacca sulla spalla. “Ha scacciato tutte le pretendenti.”

Matteo si limitò a sorridere. Non scacciava nessuno. Aspettava.
“Mi sposerò solo per amore,” disse serio mentre uscivano dalla città. “Quel colpo di fulmine, capisci? Quando senti che è lei, che respiri insieme.”

“Oh, Matteo, ma che favole!” esclamò Riccardo dal sedile posteriore. “Queste cose esistono solo nei romanzi rosa. Le fate non ci sono.”
“Io credo che esistano,” rispose lui, fissando la strada che si perdeva all’orizzonte.

***

Dopo la sauna e la prima grigliata, la discussione ripartì. Le ragazze del paese, passeggiando vicino alla loro proprietà, lanciavano occhiate complici ai tre uomini di città.

“E se mettessimo alla prova la tua teoria dell’‘unica’?” propose maliziosamente Paolo. “Giochiamo a ‘non distogliere lo sguardo’. Chi per primo batte le palpebre o si gira davanti a una bella ragazza… perde.”
“E il premio per il perdente?” Matteo accettò la sfida con aria sfidante.

“Il perdente,” strofinandosi le mani, aggiunse Riccardo, “va in autostrada e fa una proposta di matrimonio alla prima venditrice ambulante che incontra. Sul posto.”

Matteo era sicuro di sé. Ma forse fu la birra o il sole cocente… perse. Quando passò una bionda alta, incrociò il suo sguardo, sorrise e distolse gli occhi senza volerlo. Gli amici esplosero in risate.

A quel punto, non c’era scampo. Mezz’ora dopo, erano in macchina verso l’autostrada. Il cuore di Matteo batteva per la vergogna e un’eccitazione sciocca. A pochi chilometri dalla casa, videro una figura solitaria accanto a un banchetto con mazzi di erbe aromatiche e barattoli di marmellata. Una donna bassa, con un vestito semplice e un fazzoletto che le copriva quasi tutto il viso.

“Ecco, sposo, è il tuo momento!” lo spinsero gli amici.

Matteo scese e si avvicinò. La donna alzò gli occhi, spaventati ma di un blu straordinario. Vide che le sue mani, mentre sistemava i barattoli, erano segnate da brutte cicatrici di ustioni. Quando lui la salutò, lei non rispose, ma tirò fuori un taccuino e una matita, scrivendo: *Cosa vuoi?*

Matteo si bloccò. Ogni battuta pronta gli svanì dalla mente. Guardò quella figura fragile e silenziosa e si sentì l’ultimo degli idioti.

“Scusi la domanda stupida,” iniziò, cercando di essere gentile. “Ho perso una scommessa con gli amici… e ora devo farle una proposta di matrimonio.”

Si aspettava di tutto: rabbia, disprezzo. Invece la donna rimase immobile un attimo, poi annuì lentamente. Matteo non credette ai suoi occhi. Lei scrisse: *Accetto*, strappò il foglio e glielo diede. C’era scritto un indirizzo.

Il giorno dopo, tormentato dai rimorsi, Matteo andò all’indirizzo. Trovò una casetta curata, con gerani alle finestre e peonie lungo la staccionata. Su una panchina vicino al cancello, una donna anziana con uno sguardo penetrante lo fissò.

“Sei qui per Viola?” chiese senza preamboli.
“Sì. Sono Matteo.”
“Io sono Rosa, sua nonna. Con quali intenzioni sei qui, giovanotto? Ieri è tornata stranita.”

Matteo si sentì ancora più in colpa. Sedette e provò a spiegare.
“Mi sono comportato da stupido. Era una scommessa…”

Rosa tirò un sospiro profondo.
“Voi cittadini… tutto un gioco. Per lei la vita non è stata facile. Hai visto le sue mani? Sono ustioni. I suoi genitori morirono in un incendio. Io la salvai, ma perse la voce per lo shock. Da allora non parla più, solo scrive.”

In quel momento, Viola uscì. Vedendo Matteo, si fermò, stringendo il taccuino al petto.

“Sono venuto a scusarmi,” disse lui, guardandola negli occhi. “E… se non hai cambiato idea, io sono pronto. Sarà un matrimonio fittizio, ovvio. Ci sposiamo, vivremo un po’ insieme, poi divorzieremo. Ti aiuterò con i soldi, con quello che potrò.”

Mentre parlava, non capiva nemmeno lui perché lo facesse. Qualcosa in lei, nella sua forza silenziosa, lo aveva toccato.

Viola scrisse qualcosa e lo mostrò alla nonna. Rosa lesse a lungo, poi guardò prima la nipote, poi Matteo, e infine disse:
“Bene… se ha deciso così. Ma una condizione, giovanotto: non fartela soffrire. Me la rimetti come l’hai trovata.”

***

Il matrimonio fu organizzato in pochi giorni. Matteo portò Viola e Rosa in città. In comune, c’erano solo loro e i suoi ambi, Paolo e Riccardo, sbigottiti nel ruolo di testimoni.

Viola indossava un abito semplice, color crema, con un velo che le copriva il viso. Quando l’ufficiale li dichiarò marito e moglie, Matteo, spinto da un impulso, sollevò il velo e le sfiorò le labbra con un bacio. Sentì che lei tremava, e dentro di lui nacque una strana tenerezza.

Non ci furono feste sontuose. Tornarono a casa di Rosa, dove li aspettavano patate al forno con funghi e un’insalata. In quella cena semplice, c’era più calore che in tutti i ristoranti di lusso che Matteo avesse mai frequentato.

Quella sera, quando fu ora di andarsene, Viola lo guardò e lui vide per laE mentre stringeva la mano di Viola, guardando i fuochi d’artificio esplodere sul lago nella notte estiva, Matteo capì che la felicità a volte arriva quando meno te l’aspetti, basta avere il coraggio di accoglierla.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

16 + 14 =

Sposerò la prima che incontro: L’aitante scapolo sceglie una ragazza con cicatrici di strada