Una Casa di Villeggiatura Sconosciuta

La villa i Rossi l’hanno acquistata un anno fa. Dopo i cinquanta, Paolo sentiva un irresistibile desiderio di avere una casa in campagna, anche perché la sua infanzia nel villaggio gli ricordava la casa dei genitori e l’orto.

La villetta era ben curata, anche se piccola. Hanno ridipinto la casa di legno, sistemato la recinzione e sostituito il cancelletto.

C’era abbastanza terra per le patate e le verdure, ma il frutteto lasciava a desiderare: pochi alberi e vecchi, e mancavano i cespugli. C’era solo un piccolo lampone.

– Non preoccuparti, cara, con il tempo avremo tutto – disse Paolo iniziando a lavorare.

Natalia si aggirava tra le aiuole, d’accordo con il marito.

Da un lato, i vicini erano persone piacevoli, anche se venivano di rado, ma avevano cura della loro villa. Dall’altro lato, però, la villa era in abbandono. La recinzione era storta e l’erba cresceva liberamente.

Quest’erba ha dato fastidio ai Rossi per tutta l’estate.

– Paolo, è impossibile, quest’erbaccia continua a invadere il nostro orto e rischia di occupare tutto il terreno.

Paolo prendeva la zappa e con rabbia attaccava le erbacce. Ma l’erba trovava sempre un modo di “intrufolarsi” tra le fessure, quasi apposta.

– Natalia, guarda che pere belle avranno. – Paolo notava il giardino del vicino, ormai invaso dall’erba.

– E guarda che abbondanza di albicocche hanno. – Natalia indicava un albero carico di frutti che prometteva un raccolto ricco, con rami che si allungavano verso il loro orto.

– Mi piacerebbe vedere almeno una volta questi proprietari, – disse Paolo con dispiacere. – Magari si presentano almeno per la raccolta.

Già in primavera Paolo non aveva resistito e, superato il tubo di gomma, aveva annaffiato gli alberi dei vicini – dispiaceva vederli soffrire per il caldo.

Adesso c’era anche quell’erba, da cui sembrava impossibile liberarsi.

– Potevano almeno tagliare l’erba una volta quest’estate, – si lamentava Natalia.

La volta successiva che arrivarono alla villa, i Rossi restarono sbalorditi vedendo il raccolto di albicocche. Per il nord Italia è ormai normale che crescano albicocche, ma in una villa abbandonata…

– No, taglierò quell’erba, – disse Paolo, – non sopporto vedere quella villa soffocare per le erbacce.

– Pa-aolo, guarda, – Natalia indicava i rami dell’albicocco piegati oltre la recinzione, – proprio nel nostro orto.

Paolo portò una piccola scala. – Raccogliamo almeno queste, altrimenti si guastano, dato che nessuno si fa mai vivo qui.

– Ma è roba altrui, – disse Natalia con titubanza.

– Tanto andrebbero perse, – e iniziò a raccogliere i frutti maturi.

– Allora magari raccogliamo anche dei lamponi per i nipoti, – suggerì la moglie. – Tanto, visto che hai tagliato l’erba, è come un risarcimento per il lavoro.

– Qui sembra che tutto possa essere raccolto, nessuno sembra preoccuparsi di questa villa, è ignorata come un orfano.

Al lavoro, durante una pausa, Paolo si fermò a scambiare qualche parola con i colleghi. Gli autisti formarono un cerchio per condividere le loro esperienze di vita.

– C’è qualcuno che bazzica nella mia villa, l’altro giorno hanno scosso l’albicocco due volte, – disse Nicola Gavrillo, prossimo alla pensione.

A quelle parole, Paolo ebbe un sudore freddo, ricordando i giorni in cui lui e la moglie avevano raccolto le albicocche, e ora c’era pure un buon raccolto di pere in arrivo.

– Ma dove si trova la tua villa? – decise di chiedere Paolo, temendo la risposta.

– Lì in basso, dove c’è l’associazione orti di Samoilovo.

– Ah, chiaro. Noi siamo nella parte alta.

– Da voi quindi matura prima, – disse con cognizione di causa Nicola. – Da noi più tardi, ma comunque rubano senza vergogna, qualcuno ha già scavato diverse piante di patate, dovrei posare delle trappole.

– Ma metter trappole è pericoloso, – dissero gli uomini, – potresti finire nei guai.

– E rubare invece si può? – si indignò Nicola.

Paolo tornò a casa in piena confusione, continuando a ripensare alla conversazione. Anche se la villa dell’albicocche non apparteneva al suo collega, la sua coscienza era comunque tormentata.

Durante l’infanzia era capitato di andare nei giardini altrui, ma era solo un gioco. E invece ora era la villa del vicino, da cui avevano raccolto parte delle albicocche e puntavano anche le pere.

Paolo, certo, aveva piantato dei giovani alberelli – che col tempo sarebbero cresciuti. Ma quel albicocco dei vicini… era un peccato vederlo sprecato.

– Sono sicura che non verrà nessuno, – rassicurava Natalia, – non sono apparsi tutto l’anno e non verranno ora.

– Comunque mi sento come se avessi rubato qualcosa, – si preoccupava Paolo.

– Se vuoi la butto via, quell’albicocca? – chiese la moglie. – Comunque metà l’ho già data ai bambini, – si giustificò.

– Lascia stare, ormai.

I Rossi trascorsero tutta l’estate combattendo con la villa altrui, cercando di tenere a bada le erbacce. Guardavano le pere, in attesa dell’arrivo dei legittimi proprietari. E quando i frutti ormai cadevano a terra, Natalia andò a raccoglierne qualcuno nel grembiule.

In autunno, dopo aver sistemato la loro villa, lasciandola in ordine, guardarono quella vicina. E sembrava che persino la recinzione sembrava tristemente chiedere di essere sostenuta. Accanto al cancelletto c’era una pila di spazzatura, segno che una struttura temporanea era stata smantellata, lasciando i resti. Tavole marce, vetri, vecchi stracci… ma anche vicino ai rifiuti spuntavano tenaci fiori autunnali.

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Durante l’inverno, ricordando le giornate estive, Paolo sentiva la mancanza della villa.

Con l’arrivo della primavera, non appena spuntò la prima erbetta verde, tornarono a vedere il terreno.

– Chissà se quest’anno verranno i proprietari? – si chiese Natalia, riferendosi alla villa abbandonata.

Paolo sospirò con rammarico. – È un peccato per la terra, è un peccato per gli alberi.

Quando fu il momento di arare gli orti, contattò un signore trovato su un annuncio, e gli mostrò il lavoro da fare.

E tutto il tempo guardava l’orto del vicino. L’erba alta l’avevano tolta lui e Natalia, per evitare che crescesse, sarebbe stato bello arare anche lì…

– Senti, amico, ariamo anche l’orto dei vicini, ti pago io – chiese Paolo.

– Ma Paolo, cosa fai? – chiese Natalia, – la villa non è nostra.

– Non posso guardare quel campo invaso dalle erbacce…

– E quindi continueremo a curare la villa altrui? – chiese giustamente la moglie.

– Aspetta, dopo mangiato andiamo al consorzio, voglio sapere di chi è questa villa, non ne posso più di queste erbacce e anche il giardino è un peccato…

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Al consorzio, una signora, sistemando gli occhiali sul naso, sfogliava un registro. – Qual è l’indirizzo? – Betulla, 45?

– Sì, è quello, – rispose Natalia. – Potrebbero almeno togliere l’erba e raccogliere i frutti, è un peccato, hanno un bel giardino che senza cure andrà perso.

– Ormai è tutto sistemato, – disse la signora, – i proprietari hanno rinunciato, la terra appartiene ora al comune.

– Quindi è senza proprietario? – chiese Paolo.

– Così sembra. I proprietari erano anziani, sono venuti a mancare. Il parente più vicino, un nipote, ha subito rinunciato, non aveva tempo, – la signora guardò i Rossi, – volete prenderla?

– Prendere cosa? La villa?

– Sì. Potete acquistarla, non costa molto. E ci sono tutti i documenti.

– E allora, Natalia, prendiamo il terreno, visto che è tutto regolare?

– E ce la faremo?

– La sistemeremo e poi la daremo ai nostri figli, che ci portino i nipoti.

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– Non avevamo problemi, come si suol dire, e adesso abbiamo comprato un porcellino, – disse Natalia ridendo quando arrivarono alla villa.

– Ormai considera che abbiamo adottato questa villa, è nostra adesso, – disse Paolo.

– Bene, porterò via i rifiuti, tanto abbiamo il rimorchio, tolgo il resto delle erbacce, liberiamo il giardino dai rovi e poi sostituirò la recinzione.

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Durante l’estate Paolo si godeva la vista delle chiome degli alberi e dei fiori piantati dalla moglie. La terra della vecchia villa dei vicini sembrava tirare un sospiro di sollievo, si tendeva verso il sole e assorbiva avidamente le grandi gocce di pioggia.

– Guarda un po’, la nostra orfanella si è tirata su il morale, – esultava Paolo.

Durante il weekend vennero i figli: la figlia Elena, il genero Orazio e i nipoti. I più grandi, Michele e Alessandro, corsero verso l’auto, mentre la piccola Anna si fermò accanto a un’aiuola di fiori, dove il nonno Paolo la fotografò.

– A me piace, – disse il genero Orazio, allungando il tubo per annaffiare le patate. – Possiamo aggiungere anche il ribes, – suggerì.

– Lo farete l’anno prossimo, – rispose Paolo. – Magari qui lasciamo un prato per i bambini, così possono giocare.

– Io gli comprerò una piscina, – promise Orazio. Poi guardò la recinzione. – Allora, ci mettiamo a sostituirla?

– Sostituiamola, – concordò Paolo, – la villa ormai è nostra. Sembra che ci abbia cercato, e guarda, è rinvigorita… e quest’anno ci sarà parecchio lampone…

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