Anna decise di iniziare una convivenza, ma la realtà infranse i suoi sogni.
Anna era una donna amata da tutti, ma la vita le aveva riservato la solitudine. Da giovane, si dedicò completamente ai libri e al sapere, che i suoi genitori, in particolare la madre, custodivano come un tesoro. Cresciuta in un paesino vicino a Firenze, circondata dal silenzio e dalle pagine di vecchi romanzi, era lontana dal trambusto e dalle passioni mondane.
Un giorno, nella sua vita, giunse un uomo affascinante e benestante, con un sorriso da sogno. La corteggiò con fervore, e il matrimonio sembrava inevitabile, come l’alba dopo la notte. Tuttavia, il destino fu crudele: la morte improvvisa del padre e la malattia grave della madre infransero ogni piano. Anna rimase a prendersi cura della madre malata, e il fidanzato, incapace di affrontare le difficoltà, svanì come un fantasma, lasciandole solo l’amarezza di un tradimento.
Anni dopo, dopo la scomparsa della madre, Anna si accorse di quanto le mancasse il calore di una compagnia. Vedeva le sue amiche ottenere libertà dopo i divorzi, dispiegare le ali, eppure nel suo cuore ardeva il desiderio di intimità, di qualcuno che condividesse la sua solitudine. Un incontro fortuito la avvicinò a Sergio, un vedovo. Era affine alla sua indole — amava la letteratura del XIX secolo, citava Leopardi e Manzoni, e le loro conversazioni davanti al camino accesero una passione. Nonostante gli avvertimenti degli amici — “Perché farlo alla tua età? Vivi per te stessa!” — Anna e Sergio decisero di sposarsi, credendo che l’amore potesse superare ogni ostacolo.
Ma la realtà si rivelò fredda e spietata. La convivenza non fu un idillio, ma una sfida quotidiana. Sergio, con la sua abitudine di lasciare tutto in disordine, divenne per Anna un incubo. Il suo mondo, dove ogni cosa aveva un posto preciso, dove ogni libro stava dritto su uno scaffale e ogni tazza conosceva il suo posto, era distrutto dalla sua confusione. Ogni giorno diventava una lotta per la pazienza, un tentativo di trovare almeno un po’ di armonia nel caos.
Provò a parlargli, a confidarsi, a chiedergli di condividere la responsabilità del loro focolare. Ma le sue parole cadevano nel vuoto — Sergio rimaneva sordo alle sue suppliche, al suo dolore. Dopo l’ennesima volta in cui trovò i suoi libri preferiti abbandonati in un angolo e la cucina piena di piatti sporchi, Anna non resistette più. Tra le lacrime, disse: “Voglio andarmene. Rivoglio la mia tranquillità”. Sognava quella vita tranquilla e solitaria, dove nessuno invadeva il suo mondo e lei era padrona del suo destino.
Ma Sergio, citando i suoi impegni, chiese tempo per “sistemare le cose”. Restò a casa sua, peggiorando il suo tormento. Ogni suo passo, ogni suono della sua presenza le trafisse il cuore. Nove mesi — tanto durò quell’agonia, quel matrimonio che si trasformò in una prigione. Finalmente, il divorzio fu concluso, e Anna si riappropriò della sua libertà.
Tornata alla sua solitudine, si accorse di respirare di nuovo a pieni polmoni, di sentire l’anima riempirsi di una gioia dimenticata. Le mura della sua piccola casa tornarono a essere il suo rifugio, la sua fortezza. Seduta con una tazza di tè, guardando la pioggia autunnale dalla finestra, sorrise — sinceramente, dal cuore. La libertà ritrovata era più preziosa di qualsiasi illusione di felicità in coppia. Anna capì che la sua vita apparteneva solo a lei e che non avrebbe mai più permesso a nessuno di disturbare la sua pace fragile ma inestimabile.