In gennaio l’arrivo della menopausa non portò subito problemi.

A gennaio, la signora Antonelli ha iniziato la menopausa. All’inizio, questo evento non ha portato particolari problemi. Nessuna delle solite vampate di calore, sudorazione, tachicardia o mal di testa. Semplicemente non c’erano più le mestruazioni e tutto qui: ciao vecchiaia, eccomi tua!

La signora Antonelli non andò dal medico, avendo già letto e saputo abbastanza sull’argomento. Le amiche, infatti, le raccontavano spesso le loro esperienze. “Che fortuna hai, Antonelli, la menopausa per te è così semplice!”

Come se l’avessero maledetta! Presto iniziarono a succedere cose strane alla signora Antonelli. Capiva che erano cambiamenti ormonali nel corpo, che non passano senza lasciare traccia. Da lì arrivavano i cambiamenti d’umore, le vertigini e la debolezza inspiegabile.

Diventava sempre più difficile per la signora Antonelli piegarsi verso la sua nipotina Elisabetta, aveva perso l’appetito, e la schiena cominciò a dolere in modo diverso. Al mattino, il viso era spesso gonfio, mentre la sera erano le gambe a gonfiarsi. Per un po’, la signora Antonelli non prestò molta attenzione ai suoi malesseri. Furono le nuore a dare l’allarme: “Mamma, ma che pallida sei diventata! Vai dal medico, fai un’ecografia, non trascurarti, queste cose non si devono prendere alla leggera.”

La signora Antonelli restava in silenzio. Il dubbio che ci fosse qualcosa che non andava si era già annidato nel suo animo da tempo. In più, iniziò a sentire dolore al seno, che bruciava come fuoco, ed era insopportabile da toccare. Il basso ventre tirava, impedendole di dormire. Spesso, durante le notti insonni trascorse ad ascoltare il respiro regolare del marito, la signora Antonelli fissava il soffitto con le lacrime agli occhi, pensando a un futuro incerto e ricordando il passato.

Non voleva proprio morire! Aveva solo cinquantadue anni, nemmeno in pensione ancora. Con il marito avevano iniziato a cercare una casetta in campagna per stare più vicini alla natura. I figli erano così brillanti, con ottimi lavori. Le nuore rispettose, non si ribellavano, le aiutavano a tingere i capelli grigi e le consigliavano cosa comprare per nascondere qualche chilo di troppo.
La nipotina Elisabetta era una bimba d’oro, impraticabile da non amare. Faceva pattinaggio artistico e sarebbe andata in prima elementare in autunno. Disegnava bene e sapeva già lavorare a maglia – era stata la nonna a insegnarle.

Com’era volata la vita! Alla signora Antonelli sembrava di non aver vissuto ancora abbastanza. Aveva appena sposato il figlio più giovane, non aveva avuto ancora nipoti da lui, e ora arrivava questa malattia, maledetta lei! Con l’orlo del piumone asciugava le lacrime calde che scorrevano incessanti sulle sue guance. Al mattino, occhiaie blu si formavano sotto gli occhi e il viso si scuriva e si infossava.
***
La signora Antonelli tirò avanti a stento durante la primavera e l’estate, ma in autunno la situazione peggiorò terribilmente. Mancanza di respiro, dolori lancinanti alla schiena e al ventre che diventavano insopportabili. Alla fine, decise di prendere un appuntamento dal medico e di raccontare al marito i suoi tormenti.
Presso il consultorio, la signora Antonelli era accompagnata quasi da tutta la famiglia. Il marito, Andrea Luigi, rimase in macchina con il figlio maggiore, mentre entrambe le nuore la aspettavano nel corridoio.

Con grande difficoltà, salì sulla sedia del controllo, arrossendo dall’imbarazzo, rispondendo alle domande della dottoressa: quando erano finite le mestruazioni, quando aveva avvertito il malessere, quando era stata l’ultima visita. Rispondeva lentamente, e fece in tempo a raffreddarsi seduta, mentre la dottoressa compilava il modulo, si lavava le mani, infilava i guanti.
La dottoressa esaminava la signora Antonelli con attenzione, infittendo il suo cipiglio e nervosismo. Poi le ordinò “vestiti” prima di avvicinarsi al telefono. Con mani tremanti, la signora Antonelli cercava di sistemare la gonna indisciplinata, ascoltando con terrore la conversazione della dottoressa.
“- Oncologia? – urlava nel telefono. – Qui dal quinto consultorio. Ho una paziente grave, serve una consultazione urgente. Urgente! Sì, sì… sembra ultima fase. Non trovo più l’utero. Cinquantadue anni… Prima volta che si fa vedere. Sì, ecco, vivono nel bosco. Li informi, li informi, eppure non trovano mai il tempo di visitarsi dal medico. Sì, d’accordo, li mando subito.”

Chiusa la conversazione, la dottoressa si mise a compilare alcuni documenti.
– È venuta da sola?
– No, con mio marito e i figli, siamo in macchina, – rispose la signora Antonelli con le labbra intorpidite. Solo ora percepì un dolore profondo in tutto il corpo. Quel dolore le toglieva il respiro, le gambe si piegavano, le veniva da urlare. La signora Antonelli si appoggiò allo stipite della porta e pianse. L’ostetrica uscì in corridoio e gridò:
– Chi è qui per la signora Antonelli? Entrate!

Le nuore si alzarono di corsa e si precipitarono nella stanza. Vedendo la suocera, capirono subito la situazione. La signora Antonelli piangeva e si torceva dal dolore, mentre dalla dottoressa giungevano eco di ordini: immediatamente, urgentemente, primo ospedale, oncologia, secondo piano, il medico di turno vi aspetta… Ecco l’impegnativa, ecco la scheda… Troppo tardi, mi dispiace… Ma perché non ve ne siete preoccupati prima, persone istruite…
In macchina viaggiarono in silenzio. Andrea Luigi asciugava senza vergogna le lacrime con il dorso della mano. Il figlio guardava la strada, stringendo il volante fino ad avere dolore alle dita.
Sul sedile posteriore, le nuore sostenevano la suocera, ormai esausta. La signora Antonelli lamentava, e quando il dolore diventava insostenibile, gridava, facendo scoppiare in lacrime il marito.

A volte il dolore si acquietava per pochi istanti, e la signora Antonelli riusciva a intravedere dalle finestre della macchina le foglie ingiallite degli alberi. Salutandole, si congedava anche dai figli, dal marito, e dalla nipotina Elisabetta. Non avrebbe più potuto viziarsela con i suoi dolci. Chi l’avrebbe accompagnata al primo giorno di scuola, chi l’avrebbe attesa all’uscita? Chi l’avrebbe stretta forte, baciata, gioito dei suoi primi successi?…

***
All’ospedale non dovettero aspettare molto. La signora Antonelli fu accolta subito. La famiglia, in preda al terrore, rimase raccolta vicino alla finestra. Andrea Luigi ormai non piangeva più, ma sembrava perso, fisso verso un punto indistinto. Le nuore stringevano fazzoletti tra le mani, il figlio ondeggiava avanti e indietro in silenzio.
Nella sala dove portarono la signora Antonelli, evidentemente accadeva qualcosa di drammatico. Prima una infermiera dal viso acceso uscì correndo verso la fine del corridoio. Poi un medico anziano entrò nella stanza con movimenti rapidi. Subito dopo, anche altri medici si precipitarono all’interno.

Quando un rumore risuonò alla fine del corridoio, la famiglia istintivamente volse la testa in quella direzione: un’infermiera, correndo, spingeva una barella tremante per il trasporto di pazienti allettati. Non appena la barella scomparve dietro la porta della sala, la famiglia capì la tragedia. Andrea Luigi si coprì il volto con le mani e iniziò a gemere, le nuore si affrettarono a cercare gocce cardiache nelle loro borse, un nervo si contorceva sul viso del figlio.
All’improvviso, la porta della sala si aprì di nuovo. La barella con la signora Antonelli, coperta da un lenzuolo bianco, venne spinta fuori da una mezza dozzina di persone. Tutti erano agitati, con gocce di sudore sulla fronte. Il volto pallido della signora Antonelli era scoperto. Il terrore si fermò nei suoi occhi gonfi. Spingendo via le nuore, Andrea Luigi si precipitò verso la moglie. Il medico anziano lo fermò.
– Sono io il marito! – gridava Andrea Luigi nel tentativo di seguirla con la barella in allontanamento. – Fatemi salutare! Mia cara, com’è possibile? Volevamo invecchiare insieme…
– L’avete voluto davvero, – disse l’infermiera chiudendo la porta della sala. – Non disturbate, e non gridate. Sta per partorire. La testina sta per fare capolino…

***
Nella sala parto c’erano due partorienti: la signora Antonelli e un’altra, molto giovane, forse una studentessa. Urlavano contemporaneamente e contemporaneamente si calmavano tra le contrazioni. Intorno ad ognuna si affaccendavano ostetriche e medici. Un professore anziano camminava con calma da un lettino all’altro impartendo indicazioni.
– E per cosa soffriamo? – chiese il professore alle partorienti durante una pausa tra le contrazioni.
– A causa di quella maledetta vodka, tutto per colpa sua, – gemette la studentessa.
– E tu, mamma? – si rivolse il professore alla signora Antonelli, dandole un colpetto sulla gamba esposta.
La signora Antonelli rimase in silenzio un momento, riflettendo, poi mormorò piano – poiché le forze la stavano abbandonando – bisbigliò:
– Per l’amore, forse. Cosa altro può essere? Abbiamo festeggiato il mio compleanno con mio marito. Cinquantaduesimo anno. Ci siamo un po’ divertiti…
– Bel divertimento! – sorrise il professore. – Allora non ti sei accorta di nulla o stai mentendo?
– Ma che dite, dottore! Se avessi saputo, se solo avessi immaginato! Che vergogna! Sono nonna ormai da tempo. E sono sempre stata rotondetta, tanto che per la mia forma fin da vent’anni mi chiamano per cognome… Ero convinta di avere la menopausa e il cancro. E così al consultorio hanno detto che l’utero era sparito, tumore, ultima fase…

– Sembra una farsa, non un tumore! – il professore agitò la mano, seccato. – Siamo tutti umani, e purtroppo a volte ci sono errori medici. Ma basta parlare. Spingi, forza, spingi. Il tuo errore vuole vedere il mondo!

***
L’ostetrica uscì dalla sala parto soddisfatta e importante. Avrebbe avuto qualcosa da raccontare alle amiche – non tutti i giorni si vedono nonne partorire.
– Antonelli, Lucia. Ci sono parenti?
– Sì, siamo noi, – rispose la famiglia, facendo un passo avanti all’unisono.
– Congratulazioni, – disse l’ostetrica osservando con curiosità la parte maschile della famiglia. – E chi sarebbe il padre?
– Io, – sussurrò Andrea Luigi, con voce roca, ancora in bilico su quanto accaduto.
– Lui, – risposero all’unisono le nuore, indicando il suocero.

– Che meraviglia, – esclamò l’ostetrica senza trattenere l’emozione, e aggiunse con rispetto: — È un maschietto. Tre chili e mezzo. Cinquantuno centimetri. Preparate una bella festa, papà. Un’ora in più e non so cosa sarebbe successo… Arrivati giusto in tempo per la nascita. Che miracoli! Non capisco perché l’abbiano portata all’oncologia…

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