Ho una sorella con cui non voglio più avere niente a che fare.
I nostri rapporti si sono incrinati da tempo, e ormai è chiaro: siamo troppo diverse per andare d’accordo. Lei si chiama Giulia, abita in una villa lussuosa alla periferia di una grande città. Nella sua casa c’è di tutto: stanze spaziose, tecnologia all’avanguardia, persino una piscina in giardino. Giulia ce l’ha fatta da sola — prima ha lavorato all’estero, poi ha aperto un suo studio in Italia. È avvocato, e, bisogna dirlo, molto in gamba. Ma il suo successo non la rende una persona con cui sia piacevole parlare.
Io mi chiamo Sofia, sono più giovane di Giulia di cinque anni. Siamo cresciute insieme in un paesino dove tutti si conoscevano. I nostri genitori erano gente semplice: la mamma insegnava a scuola, il papà lavorava in fabbrica. Da piccole, io e mia sorella eravamo inseparabili: ci confidavamo segreti, sognavamo il futuro insieme. Con gli anni, però, Giulia è cambiata. È sempre stata ambiziosa, voleva molto di più di quanto il nostro paese potesse offrirle. Dopo il liceo, è partita per studiare a Milano, poi all’estero. Io ero orgogliosa di lei, credevo che avrebbe realizzato grandi cose rimanendo la stessa persona dolce di sempre. Mi sbagliavo.
Quando Giulia è tornata anni dopo, era diventata un’altra donna — fredda, altezzosa. Mi parlava come se non fossi sua sorella, ma una conoscente casuale che non poteva capire il suo “livello superiore”. Le sue parole spesso suonavano come rimproveri: perché non ambivo a di più, perché vivevo “in modo così modesto”? E io, semplicemente, non avevo voglia di competere con lei. Ho la mia felicità: lavoro in biblioteca, ho un marito, Luca, e due figli. Non siamo ricchi, ma siamo felici. Mi piace il mio lavoro, le nostre serate in famiglia, le passeggiate con i bambini. Per Giulia, però, tutto questo sembrava noioso e insignificante.
Una volta l’ho invitata al compleanno di mia figlia. Pensavo potesse essere l’occasione per riavvicinarci. Giulia è venuta, ma ha passato la serata a comportarsi come se ci stesse facendo un favore a essere lì. Ha criticato tutto: il cibo, la nostra semplice casa, perfino come crescevamo i bambini. A mia figlia Matilda ha regalato un costoso tablet, ma con un commento: «Magari così impari qualcosa di utile». Ero sconvolta. Luca ha provato a stemperare la tensione, ma Giulia si limitava a sospirare e a controllare l’orologio. Quella sera ho capito: non volevo più vederla.
L’ultima goccia è stata con nostra madre. Si è ammalata gravemente e aveva bisogno di un’operazione. Io mi sono occupata di lei, ho preso permessi, cercato medici. Giulia lo sapeva, ma non ha nemmeno chiamato, né è venuta. Mi ha solo scritto: «Mandami il conto, ti faccio un bonifico». Non le avevo chiesto soldi — volevo che fosse presente, che sostenesse la mamma. Ma per Giulia, a quanto pare, tutto si misura in euro. La mamma si è ripresa, ma non ha mai ricevuto una telefonata dalla figlia maggiore. Le ha spezzato il cuore, e a me ha aperto gli occhi su cosa fosse diventata mia sorella.
Ora Giulia vive la sua vita, e io la mia. A volte mi scrive, mi invita nella sua villa, ma io rifiuto. Non ho voglia di sentire prediche o vederla vantarsi della sua ricchezza. Non mi interessano i suoi soldi o i suoi regali. Apprezzo la mia famiglia, i miei figli, le nostre piccole gioie. Forse lei mi considera una fallita — pazienza. Io so che la felicità non sta nella piscina o nelle macchine di lusso.
A volte mi manca la Giulia che ricordavo da bambina. Ma quella ragazzina non c’è più. Al suo posto c’è una donna che ha dimenticato cos’è la famiglia. Non le porto rancore, ma non voglio neanche che faccia parte della mia vita. Ho mio marito, i miei figli, gli amici — chi mi apprezza per come sono. E Giulia può restare nel suo mondo perfetto. Spero solo che un giorno capisca cosa ha perso.