«Sei qui solo per l’appartamento?» — Storia di una nonna che decide di mettere alla prova i suoi nipoti

“Non è per l’appartamento che vieni da me, vero?” — La storia di una nonna che ha voluto mettere alla prova i suoi nipoti.

La nonna Valentina aveva trascorso gran parte della sua vita in un tranquillo quartiere alla periferia di Bologna. Dopo la morte del marito, era rimasta sola in un bilocale ereditato dalla madre. I genitori dei suoi nipoti erano sempre occupati, in viaggio o al lavoro fino a tardi, così la più piccola, Bianca, passava spesso i pomeriggi con lei.

Il nipote maggiore, Matteo, era sempre stato il preferito della famiglia. Gli avevano comprato i giocattoli più belli, iscritto a corsi di ogni tipo e infine pagato l’università più prestigiosa. Bianca, invece, era sempre stata un’ombra—mai capricciosa, mai esigente, cresciuta troppo in fretta. Studiava, lavorava, affittava una stanza e non chiedeva mai niente a nessuno. L’unica persona che le aveva sempre dato vero affetto era la nonna Valentina.

Bianca andava a trovarla quasi ogni settimana—dopo il lavoro, nei weekend, con qualsiasi tempo. Le portava la spesa, le medicine, oppure si fermava solo per un tè e due chiacchiere. Una di queste sere, però, la nonna la accolse in silenzio, con uno sguardo di ghiaccio.

“Perché vieni sempre qui, Bianca?” le chiese, fissando la televisione. “Forse speri di ereditare il mio appartamento?”

Bianca, che stava lavando il pavimento nel corridoio, si bloccò.

“Nonna, ma che dici? Che ti prende? Ti ho promesso la minestra—vuoi anche le polpette al vapore?”

La nonna sbuffò ma non rispose. Bianca sorrise, soffocò l’umiliazione e andò in cucina. Mise l’acqua sul fuoco, tirò fuori la crema al cioccolato preferita della nonna e iniziò a preparare la cena.

Pochi minuti dopo, la nonna entrò e le disse una cosa che le serrò lo stomaco:

“Sai, ho già firmato tutto per Matteo. Perdi tempo a venire qui. Non avrai niente.”

Bianca si raddrizzò, si asciugò le mani e rispose con calma:

“E va bene. Non vengo da te per l’appartamento. Sei la mia famiglia, mi hai cresciuta, ora tocca a me prendermi cura di te. Le pareti sono solo pareti.”

La nonna tacque. Ma il suo sguardo era cambiato—adesso c’era diffidenza, quasi ansia. Bevvero il tè, parlarono della telenovela che piaceva alla nonna, e quella sera non tornarono più sull’argomento.

Qualche giorno dopo, Bianca ricevette una chiamata dal fratello. Urlava nel telefono, accusandola di aver “convinto” la nonna a intestarle l’appartamento.

“Sei come tutti gli altri!” gridò. “Non ti voglio più vedere!”

Subito dopo chiamò la madre. Stessa storia: “Come hai potuto? È la casa di famiglia!” Bianca, frastornata, chiuse la chiamata e corse dalla nonna.

“Nonna, che succede?” le chiese con tranquillità. “Matteo dice che hai intestato tutto a me. Non capisco. Conosco un avvocato, se serve. Ma dimmi la verità: hai firmato qualcosa?”

La nonna si sedette lentamente, sospirò e confessò. Le vicine l’avevano spaventata con storie di parenti che “contrattavano” affetto solo per l’eredità. Così aveva deciso di metterli alla prova. A Bianca aveva detto che l’appartamento era di Matteo. E a Matteo, che era di Bianca.

“Be’, ora ho visto chi siete davvero,” disse con tristezza. “Tu, Bianchina, sei rimasta buona e fedele come sempre. Matteo… beh, hai sentito com’ha reagito.”

Bianca scosse la testa. Non era arrabbiata. Solo certa, ora, di sapere dove finiva l’amore e dove iniziava l’interesse.

La nonna le propose di trasferirsi da lei, visto che l’appartamento ora era suo. Ma Bianca rifiutò.

“Tu hai bisogno di tranquillità, nonna. Io sono sempre di corsa—lavoro, amici, la vita. Lasciamo tutto come prima. Verrò a trovarti, come sempre. L’appartamento non è importante.”

Da allora, niente cambiò. Bianca continuò a passare a trovarla, a portarle i suoi cibi preferiti, a guardare le telenovelas con lei, a darle solo un po’ di calore. E la nonna sapeva: sua nipote era l’unica a cui lei importava davvero. Non per i metri quadri. Ma per amore, e basta.

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