La mamma ha subito smascherato la suocera e frenato le sue ambizioni
Essere in debito con qualcuno è un peso enorme, ma è cento volte peggio quando il creditore ti rinfaccia continuamente il suo “noblesse oblige”, pretendendo eterna gratitudine. Io, Ginevra, e mio marito, Gabriele, abbiamo sempre cercato di vivere con le nostre forze, senza chiedere prestiti. Ma sua madre, Rosaria De Luca, ci imponeva il suo aiuto solo per ricordarci senza fine come ci avesse “salvati”. Le sue rimostranze cessavano solo se ci “prestava” di nuovo denari. Anche quando Gabriele le chiedeva un prestito e lo restituiva in tempo, lei trovava sempre il modo di lodarsi: “Vedi, non avete dovuto rivolgervi a banche con i loro tassi usurai, la mamma vi ha aiutato!” Viviamo in un piccolo paese vicino a Verona, e questo gioco della “benefattrice” ci avvelenava l’esistenza.
Quando si è posto il problema di comprare casa, io non volevo assolutamente l’aiuto della suocera. L’occasione si è presentata dopo la morte di mia nonna, che aveva lasciato a mia madre un appartamento. Mamma l’ha venduto e ha diviso i soldi tra me e mia sorella. Era quasi metà della somma necessaria. Ma Rosaria De Luca ha subito annunciato che avrebbe dato il resto, a condizione che la casa fosse intestata a lei. Sono rimasta senza parole: “Perché a voi?”, ho chiesto. “E a chi? Sono io che do i soldi!”, ha tagliato corto. Non ho trattenuto la rabbia: “Anche mia mamma ha dato dei soldi. Forse volete essere comproprietarie con lei?” La suocera è diventata paonazza. “Ti prendi gioco di me?” — “No,” ho risposto, “compreremo casa e la metteremo a nome nostro. I vostri soldi non ci servono. Un mutuo non è così terribile da diventare vostri eterni debitori.”
A quel punto non tacevo più come prima, e avevo imparato a risponderle con la sua stessa moneta. Questo la faceva imbestialire, e si lamentava con i parenti che la nuora “si era montata la testa”. Ma i soldi per la casa li ha comunque ficcati a Gabriele, ignorando le nostre obiezioni. Lui è tornato a casa sconvolto: “Scusa, ho preso i soldi da mamma. Mi ha tormentato con la tua ‘ostinazione’ e con i discorsi sul mutuo.” Ho solo sospirato: “Va bene, ci inchineremo e ringrazieremo.” Ma non immaginavo l’inferno che ci aspettava.
Avendo pagato parte della casa, Rosaria si è convinta di esserne la padrona. Detto come le pareva: quali carte da parati scegliere, i mobili da comprare, dove mettere il divano. “Togliete la doccia, vi porto una vasca. Per me è più comoda, e poi avrete figli, come li laverete?”, ordinava. Ci difendevamo dai suoi “consigli”, ma era come combattere contro i mulini a vento. Quando la casa è stata sistemata, la suocera ha preteso le chiavi “per ogni evenienza”. Sentivo la rabbia bollirmi: ma ho accettato per evitare scenate. Fu un errore.
La prima domenica mi sono svegliata per un rumore strano in cucina. Ancora assonnata, in canottiera, sono arrivata lì e mi sono bloccata: Rosaria stava riordinando i pensili. “Che state facendo?”, ho sbottato. Lei invece di rispondere ha strillato: “Senza vergogna! Non riesci a metterti una vestaglia?” La pazienza mi è sfuggita: “Perché? È casa mia! Posso girare come mi pare! Voi invece che ci fate qui?” — “Tua?”, s’è infiammata, “E chi ci ha messo i soldi?” Non ho resistito: “Non voi! La cucina l’ha pagata la mia mamma. I vostri soldi sono andati in bagno, andate a comandare lì!” Gabriele, svegliato dalle urla, si è preso la testa e si è rifugiato in camera, lasciandoci a litigare.
Ho capito che da sola non ce l’avrei fatta, e ho chiamato rinforzi: mia madre, Teresa Romano. Chiusa in bagno, le ho spiegato la situazione a bassa voce. Mezz’ora dopo, il campanello. La suocera, come niente fosse, ha aperto: “Oh, Teresa, con le borse? Che sorpresa!” Mamma, senza perdere tempo: “Mi annoio da sola, ho pensato di stare dai ragazzi un paio di settimane. Ho messo soldi nella casa, ho diritto. E voi cosa ci fate qui?” Rosaria si è smarrita: “Io… sono solo passata.” — “A fare cosa?”, insisteva mamma, “A vedere la doccia che volete buttare? A me piace, tra l’altro. La vostra vasca sarà vecchia di vent’anni. Dividiamo: a voi la vasca, a me la doccia con lo stereo!”
Mamma non le lasciava spazio, e Rosaria ha capito di aver trovato un’avversaria alla sua altezza. Ha iniziato a indietreggiare: “Su, comare, perché litigare? Andiamo al bar all’angolo, prendiamo un caffè e parliamo con calma.” Se ne sono andate, e io e Gabriele, facendoci il segno della croce, abbiamo finalmente iniziato la giornata. Non so di cosa abbiano dettato, ma da allora Rosaria ha smesso con le sue incursioni. Non si presenta più senza avvisare, non impone “consigli” e mi tratta con rispetto, sapendo che mia madre non mi lascerebbe mai sola.
Il mio cuore gioisce per questa piccola vittoria, ma l’ansia rimane. La suocera cova rancore, e sento che aspetta il momento per ricordarci la sua “generosità”. Ma ora lo so: mia madre è la mia fortezza. Con una sola conversazione ha rimesso Rosaria al suo posto, difendendo la nostra casa e il nostro diritto a vivere come vogliamo. Le sono grata, ma nel profondo temo che la suocera proverà a riprendersi il controllo. Eppure sono pronta: con mamma al mio fianco, non mi arrenderò.
A volte, l’unico modo per fermare un gioco di potere è rifiutarsi di giocare. E quando qualcuno prova a calpestare i tuoi confini, avere alleati forti può fare la differenza tra la sottomissione e la libertà.