«Non mi porteresti a vivere con te?» — chiese mia madre con un tono offeso. Ma io sapevo già la risposta…
Mi chiamo Vittoria. Ho trentotto anni e sono sposata da quindici. Io e mio marito Roberto abbiamo un figlio, un bel appartamento e, apparentemente, tutto ciò che si possa desiderare. Ma c’è un argomento che ancora mi ferisce: mia madre. O meglio, la sua guerra con Roberto, che va avanti da più di dieci anni.
Roberto è arrivato nella nostra città da un piccolo paesino in Calabria. Allora sognava di entrare all’università, ma non passò il test al primo tentativo e trovò lavoro come idraulico per tirare avanti. Viveva in una stanza minuscola e lavorava senza lamentarsi. Poi finalmente riuscì a iscriversi all’università. Non smise di lavorare, anzi, diventò un bravissimo artigiano, molto richiesto. Fu proprio all’università che ci conoscemmo. Io ero un anno più grande, già al secondo anno, ma tra noi scoccò subito una simpatia incredibile.
Quando mi laureai, decidemmo di sposarci. Ma mia madre si oppose con tutte le forze.
«Un idraulico? Ma tu sei pazza! Un ragazzo di campagna, senza casa, senza futuro!» — si disperava.
Riuscii a convincerla a lasciarci stare da lei, temporaneamente, finché Roberto non si laureasse. Lei accettò a denti stretti, con una faccia acida. Fin dal primo giorno non lo accettò, nonostante i suoi sforzi. Nelle prime settimane riparò tutto in casa: il rubinetto, il forno, persino la porta del balcone che non chiudeva da anni. E in cambio riceveva solo ghiaccio e rimproveri.
«Io non ho intenzione di registrarti qui!» — gli sbottò un giorno. E lui, calmo: «Non te lo sto chiedendo.»
Ci provava. Ogni giorno. Sopportava tutto. Ma io vedevo quanto lo logorasse. Poi rimasi incinta… e accadde ciò che temevamo.
«Hai perso la testa! Farai un figlio con quel montanaro?! Io già faccio fatica a sopportarlo in casa mia!» — urlò mia madre.
Roberto sentì. E in silenzio fece la valigia. Si avvicinò e mi disse:
«O vieni con me. O me ne vado da solo. Ma con tua madre sotto lo stesso tetto non resto più.»
Andai con lui. Ci trasferimmo nella sua stanzetta alloggiata dall’università. Nacque nostro figlio. Fu durissimo. Ma non me ne sono mai pentita. Roberto lavorava, studiava, faceva lavoretti extra. E dopo due anni comprammo il nostro primo bilocale. Poi un trilocale. Ora viviamo in un ampio quadriple. Roberto è ingegnere in una grande azienda, con un ottimo stipendio. E ancora fa lavoretti perché ha le mani d’oro e i clienti lo cercano in continuazione.
Ma da quando ce ne andammo, Roberto non ha mai più messo piede in casa di mia madre. Non è venuto a nessuna festa, né l’ha mai incontrata per strada. Fu categorico:
«Non voglio vederla. Posso aiutarla economicamente, pagarle ciò di cui ha bisogno. Ma niente di più. Non si aspetti né compagnia né visite.»
Mia madre per anni non capì. Ancora oggi, dopo tutto questo tempo, continua a offendersi:
«Farai sempre quello che dice tuo marito? E se mi ammalo? Se non riesco più a badare a me stessa? Anche tu mi abbandonerai?»
Tornai a casa con questa domanda e dissi piano a Roberto:
«E se davvero… non riuscisse più a stare da sola?»
Non esitò:
«Assumeremo una badante. Tu la andrai a trovare. Avrà tutto ciò che le serve, ma senza entrare nella nostra vita. Il mio limite è la tua soglia.»
Ci pensai. E capii che aveva ragione. Lui non è obbligato a perdonare chi lo ha umiliato. Non è obbligato a ripararle il lavandino se lei lo ha disprezzato proprio perché era un idraulico. Lui è cresciuto. È cambiato. Lei no.
L’altra giorno ha chiamato di nuovo. Urlando che in bagno perdeva un tubo e perché non chiedevo a Roberto di dare un’occhiata.
«Mamma» — dissi con calma — «Roberto ti ha già mandato i soldi. Chiama un idraulico qualunque.»
Riattaccò. Offesa. Ma non me ne pento.
A volte penso che proprio quella notte, quando andai con Roberto in quella stanzetta, feci la scelta più importante della mia vita. Scelsi la mia famiglia. Scelsi un uomo che non mi ha mai tradita. Che ci ha tirato su, io e nostro figlio, che ha costruito tutto dal nulla e non si è fatto abbattere. E ora non permetterò più a nessuno di abbatterlo.
Se mia madre si offende, pazienza. Ha avuto tempo — e possibilità. Ma non le ha volute.