Avvelenato dall’invidia

**Giorno 14, Agosto**

Sulla periferia di un piccolo paese abruzzese c’era una stradina dimenticata dal tempo. L’asfalto sconnesso, gli autobus passavano raramente, e i vicini si contavano sulle dita di una mano. Ma negli ultimi anni tutto era cambiato: la gente della città, stanca del caos urbano, aveva cominciato a trasferirsi qui. Case venivano comprate, alcune ristrutturate, altre demolite per far posto a villette spaziose.

Anche Luca e Ginevra avevano deciso di cambiare vita. Avevano acquistato una vecchia casetta in fondo alla strada a poco prezzo, lasciando l’appartamento in città alla figlia. Sistemarono la casa, posarono piastrelle nel cortile e piantarono un piccolo giardino, proprio come avevano sempre sognato. Il genero portò un abete dal vivaio e lo misero vicino al cancello, in modo che si vedesse dalla strada.

All’inizio, l’alberello sembrava non attecchire. Ma Ginevra e Luca non si arresero: lo concimavano, lo annaffiavano, gli parlavano come fosse una creatura viva. E un giorno, finalmente, cominciò a crescere. Lentamente, ma con forza. La prima nevicata lo decorarono con lucine e palline, i nipoti si fecero le foto—e da allora, ogni Natale, l’abete fu addobbato con gioia, circondato dalle risate della famiglia.

Dopo due anni, era diventato bellissimo: verde, slanciato, con aghi morbidi. D’estate, l’erba fioriva intorno, e i due sognavano di mettere una panchina per godersi la sera all’ombra. Ma una mattina, Ginevra uscì in cortile e rimase di sasso. L’abete era sparito. Solo un ceppo. E poco più in là, accanto al cassonetto, il corpo senza vita del loro amato albero.

Shock. Disperazione. Chi poteva aver fatto una cosa del genere? Non a Natale, ma in piena estate?

Luca, con i pugni serrati, si diresse verso la vicina di fronte—Maria Teresa. Lei li aveva sempre guardati con fastidio. La sua era una casa di famiglia, vecchia ma ben tenuta. Vedova, il figlio la visitava di rado. E quei nuovi vicini le stavano sul gozzo.

—Maria Teresa, perché questa crudeltà? — chiese lui senza rabbia, ma con amarezza.

—Voi ve la passate bene! — rispose secca. —Due macchine, il cortile perfetto! E quell’abete non lo sopportavo. I tuoi nipoti urlano, corrono, non c’è pace.

—Ma era Natale… Le decorazioni… La famiglia… — balbettò lui.

—E io devo chiudere le finestre d’estate quando i tuoi schiamazzano?

Luca tornò a casa in silenzio. Ginevra pianse a lungo, poi si asciugò le lacrime e disse:

—È invidia. Non c’è altra spiegazione.

—L’invidia è veleno. Siamo pensionati anche noi. Amiamo solo vivere con un po’ di bellezza, per noi e per i nipoti.

Una settimana dopo, il genero tornò con due piccoli abeti—bassi ma folti, con le radici. Ne piantarono uno accanto al cancello e l’altro… Luca lo portò da Maria Teresa. Sperava in una riconciliazione, che il suo cuore si ammorbidisse.

—Non voglio la tua elemosina! — sibilò lei. —Tienitelo!

Mentre Luca si allontanava, la vicina più anziana—zia Pia, ottant’anni, due case più in là—sporse la testa dal cancelletto.

—Mi regali l’abete? Lo prendo io. Che cresca.

—Ma a cosa le serve, zia Pia? Vive da sola…

—Che cresca. Magari dopo di me questa casa andrà a qualcuno di buono, e avrà un albero davanti—si ricorderà di me.

A Luca si strinse il cuore. Lui e Ginevra piantarono l’abete per zia Pia, le spiegarono come curarlo e promisero di aiutarla. Poi Ginevra preparò dei dolci—voleva riprovare con Maria Teresa.

Ma Luca la fermò:

—Non serve. Dirà che sono avvelenati. Meglio dirle che abbiamo installato una telecamera. Ora ogni angolo del giardino è sorvegliato.

E infatti, il sistema era già attivo. Luca andò dalla vicina e, senza minacce ma con fermezza, le disse:

—Ora ci sono le telecamere. Se succede ancora qualcosa, chiamo i carabinieri. È vandalismo, c’è una legge.

Lei non rispose. Solo gli occhi le correvano nervosi.

Da allora, nessun rifiuto gettato nel loro cortile, nessun insulto alle spalle. La pace tornò. E l’abete… Il nuovo abete cresceva. Quello vecchio restava nella memoria. Simbolo di gentilezza, semplicità—e di quell’invidia che rende le persone davvero brutte.

**Oggi ho imparato:** la bellezza è negli occhi di chi sa apprezzarla. E chi la distrugge, distrugge solo se stesso.

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