Il prezzo del mio nome: la verità nascosta per vent’anni

Il prezzo del mio nome: la verità che mi è stata nascosta per vent’anni

Ho sempre portato il cognome di mia madre — Rossi. Con mio padre non ho mai avuto rapporti, anzi, non lo ricordo nemmeno. Mia madre diceva che ci aveva abbandonate quando non avevo neanche due anni e che da allora non aveva più dato notizie di sé. Per anni non ho fatto domande. Pensavo che fosse normale. C’era lei, c’era nonna, c’ero io — e bastava.

Ma quando ho compiuto vent’anni, tutto è cambiato. Ho trovato lavoro all’archivio del comune. Una routine noiosa tra scartoffie, ma vicino a casa e con orari decenti. Dopo un mese, la mia capa mi ha affidato un compito: riordinare vecchie cartelle in un armadio polveroso. Ed è lì, tra atti, certificati e documenti ingialliti, che mi sono imbattuta in una copertina familiare. Il mio certificato di nascita.

“Strano,” ho pensato. “Come fa a essere qui?”

L’ho aperto e mi sono bloccata. Nella casella “padre” c’era scritto: Alessandro Enrico De Luca. Non Rossi. E non era vuoto. Eppure mia madre mi aveva sempre detto che mio padre non mi aveva mai riconosciuto. Che se n’era andato senza lasciare traccia. E invece, lì, c’era una registrazione ufficiale.

Per tutto il giorno sono rimasta sconvolta. Seduta a fissare quel foglio come se fosse una finestra su un’altra realtà. La sera sono tornata da mia madre. Era stiratrice accanita quel giorno, con la tv accesa su una soap.

“Mamma… chi è Alessandro De Luca?”

La mano con il ferro si è fermata a mezz’aria. Lo ha posato lentamente sulla mensola e si è seduta.

“Dove hai sentito quel nome?”

“Nei documenti. In archivio. Ho trovato il mio certificato di nascita. Lui è registrato come mio padre. Tu dicevi che ci aveva lasciato… ma se mi ha riconosciuto…”

Mia madre ha abbassato lo sguardo.

“Mi dispiace, ho mentito. Avevo paura. Non volevo che tu sapessi la verità.”

E poi mi ha raccontato tutto. Senza più nascondere niente.

Alessandro era il suo primo e unico amore. Si erano conosciuti all’istituto tecnico, inseparabili, con mille progetti per il futuro. Quando lei è rimasta incinta, lui l’ha subito chiesta in sposa. Ma i suoi genitori erano contrari. La consideravano inadatta: povera, senza status, figlia di operai. Lui aveva provato a battersi per il loro amore, ma sua madre lo aveva minacciato di diseredarlo e l’aveva cacciato di casa.

Si erano sposati comunque. Mia madre era al quinto mese. Vivevano in una stanza in affitto, contando ogni centesimo. Poi Alessandro era stato chiamato per il servizio militare. Scriveva lettere, chiamava, la supplicava di aspettarlo. Ma dopo due mesi, ogni contatto si era interrotto. Lei era andata nella sua città — e lì le avevano detto che lui… si era risposato. Con un’altra. E che aspettavano un bambino.

Mia madre era svenuta lì, nell’ufficio dell’anagrafe. Poi aveva preso il primo treno e non era più tornata in quel posto. Mi aveva dato alla luce, registrandomi con il suo cognome. Ma Alessandro, come si è poi scoperto, aveva lasciato quella famiglia dopo un anno. Ed era tornato. Portando dolci, regali, soldi. Voleva essere mio padre. Lei lo aveva cacciato via. E lui, ormai con influenze e agganci, era riuscito a far inserire il suo nome nel mio certificato.

Era tornato altre due volte. Ma lei non aveva perdonato. E non me ne aveva mai parlato.

Sono rimasta in silenzio a lungo. Il petto mi bruciava. Ma il giorno dopo sono partita. Sul documento c’era il suo indirizzo.

Viveva in una villetta, a venti chilometri dalla città. Sono rimasta un’eternità davanti al cancello. Poi ho suonato.

Ad aprirmi è stata una donna. La mia matrigna. Non si è stupita.

“Sei Giulia? Ti aspetta da anni. Entra.”

In salotto c’era un uomo con i capelli brizzolati e gli occhi azzurri, dolorosamente familiari.

“Ciao, piccola…”

Ho pianto. Anche lui. E poi mi ha raccontato tutto quello che non sapevo. Come mi aveva cercata, come aveva atteso, come aveva scritto lettere che mia madre gli rimandava indietro. Come voleva venire a scuola, ma non aveva osato. Come aveva gioito quando aveva scoperto che vivevo in città — ma non aveva voluto sconvolgermi la vita.

Ora ci sentiamo. E non sono più Giulia Rossi — sono Giulia De Luca. Perché nel mio cuore c’è finalmente posto per la verità. E per un padre.

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