11 ottobre 2023
«Giovanni, un battesimo al ristorante? E poi dobbiamo pure pensare al regalo…» dissi a mio marito quando scoprimmo che nostra figlia voleva organizzare una festa sontuosa per la piccola. Questa è la storia di come io e Giovanni abbiamo cercato di capire come celebrare al meglio il battesimo della nostra nipotina, e perché è diventato motivo di discussioni.
**L’invito al battesimo**
La nostra figlia, Serena, ha partorito sei mesi fa. La nipotina, Beatrice, è la prima della famiglia, e io e Giovanni non facciamo che adorarla. Quando Serena annunciò il battesimo, fui contenta: un momento sacro, da vivere con tradizione. Ma poi spiegò che non sarebbe stato solo in chiesa con un tè a casa, bensì in un ristorante, con tanti invitati, un presentatore e persino un fotografo. «Serena, ma perché tutta questa sfarzosità? Un battesimo non è un matrimonio!»
Lei rispose che voleva un evento indimenticabile. Suo marito, Marco, la sostenne: essendo la loro prima figlia, desideravano festeggiarla in modo speciale. Non discussi, ma dentro di me ero turbata. Io e Giovanni siamo gente semplice, vissuta con umiltà, e spendere così tanto per un battesimo ci sembrava eccessivo.
**Il dilemma del regalo**
Il problema peggiore sorse quando pensai al dono. Di solito si regala qualcosa di significativo: una croce, un’icona, soldi per il futuro della bambina. Ma Serena lasciò intendere che al ristorante ci sarebbero stati tanti ospiti e che «presentarsi a mani vuote non si fa». Chiesi: «Quindi dobbiamo mettere dei soldi nella busta?» Lei rispose evasiva: «Fate come volete, ma tutti portano qualcosa». Feci due conti: 50 euro nella busta sembravano miseri, ma più non potevamo permetterci. Con la pensione ridotta e i risparmi già spesi per il tetto, eravamo a corto di liquidi.
Giovanni propose di saltare il ristorante. «Andiamo il giorno dopo, festeggiamo Beatrice a casa, facciamo un regalo sincero», suggerì. Concordai: a casa era più intimo, senza il peso delle buste. Decidemmo per una crocetta d’argento e una Bibbia illustrata per bambini—un dono simbolico e sentito.
**La discussione con Serena**
Quando le parlai della nostra idea, si offese. «Mamma, davvero non verrete al battesimo? È un giorno importante per Beatrice!» Cercai di spiegarle che non era contro il sacramento, ma contro lo sfarzo inutile. Ma lei lo prese come un rifiuto personale. «Tutti i nonni saranno lì, e voi no? Non vi sentite parte della famiglia?» Quelle parole mi ferirono. Certo che ci sentivamo parte della famiglia, ma perché doveva essere per forza in un ristorante?
Giovanni fu irremovibile: «Se vogliono buttare soldi, sono affari loro, noi preferiamo stare con la nipotina a casa». Ma vedendo la delusione di Serena, iniziai a dubitare. Forse eravamo davvero troppo antiquati? Dovevamo forse accettare e partecipare, anche contro il nostro gusto?
**La soluzione**
Alla fine trovammo un compromesso. Io e Giovanni partecipammo alla cerimonia in chiesa—commovente e genuina, con Beatrice vestita di bianco come un angioletto. Al banchetto non andammo, ma il giorno dopo portammo i regali a casa loro. Passammo del tempo con Beatrice, sorseggiando un caffè. Serena all’inizio era fredda, ma poi si sciolse, specialmente quando la bambina si aggrappò a noi.
Ho capito che ognuno ha le sue tradizioni. Per Serena contava la festa, per noi la presenza. Ma il dubbio resta: d’ora in poi, ogni celebrazione sarà così—con buste e obblighi?
Se avete vissuto situazioni simili, ditemi come avete reagito. Come si trova l’equilibrio tra principi e desideri dei figli? O forse io e Giovanni esageriamo con la nostra “modestia”? Consigliate, ne ho bisogno.