Sogni Infranti e Miracolo di Capodanno

**Sogni infranti e un miracolo di Capodanno**

Giulia stava insieme a Matteo da più di un anno. I loro appuntamenti erano così rari che potevi segnarli sul calendario con un pennarello rosso, come fossero festività. Lui viveva a Milano, mentre lei abitava in un paesino vicino a Firenze, dove lui passava solo per lavoro. Avevano fatto grandi progetti per il futuro, e quel Capodanno avrebbero deciso chi si sarebbe trasferito. Ma all’improvviso squillò il telefono. Giulia trasalì: era Matteo!

«Ciao, amore,» disse, cercando di sembrare dolce nonostante la giornata caotica.

Ma dall’altra parte una voce femminile urlò: «Ehilà, rubacuori!»

Giulia rimase impietrita, senza fiato.

Quel giorno prefestivo sembrava fatto apposta per rovinarle la vita. La mattina l’avevano chiamata dall’ufficio, chiedendole di correre a firmare un contratto con dei clienti stranieri. A nessuno importava che Giulia avesse prenotato dal parrucchiere. Il direttore se la spassava chissà dove, mentre lei, imbronciata, borbottò qualche parolaccia e chiamò un taxi.

Uscita dal palazzo, ricordò che doveva passare a prendere il vestito dalla sua amica Chiara, che faceva la sarta. Il vestito comprato per la notte di San Silvestro all’improvviso le stava largo come un sacco. Giulia preferì pensare di essere dimagrita, piuttosto che ammettere che il tessuto era scadente. Chiamò Chiara:

«Scusa, mi sono completamente dimenticata del vestito!»

«Giulia, dove sei stata? Ho provato a chiamarti per un’ora!» gridò Chiara, mentre sullo sfondo risuonavano gli annunci della stazione.

«Tutta colpa del direttore,» sospirò Giulia. «Allora, com’è il vestito? Posso passare?»

«Mi dispiace,» la voce di Chiara tremò. «Siamo già in stazione, il treno parte tra mezz’ora.»

Giulia abbassò il telefono, sentendo tutte le speranze svanire. «Va bene,» pensò. «Niente vestito, niente piega, ma è pur sempre Capodanno! Matteo arriverà presto, e passeremo la serata insieme. Non è così male.»

A ventisei anni, Giulia era ancora una romantica convinta che i miracoli esistessero. Anche dopo una giornata tremenda, sperava che la magia del Capodanno le facesse un bel regalo.

Quando il telefono squillò di nuovo, trasalì, immersa nei suoi sogni. Vedendo il nome di Matteo, fece un respiro profondo per sembrare serena.

«Ciao, amore,» iniziò.

«Ehilà, rubacuori!» la interruppe la stessa voce femminile. «Credevi che avrebbe lasciato la famiglia per te? Cancella il suo numero, o te ne pentirai!»

La chiamata si interruppe, mentre nella mente di Giulia tutto si faceva chiaro. Gli appuntamenti rari, i silenzi nei weekend, le strane battute di Matteo: tutto aveva senso ora. Camminò lentamente verso la fermata, appoggiandosi a un lampione e fissando il vuoto. «Rubacuori»: la parola le martellava nel petto. Il suo mondo era crollato in un istante. L’anno vecchio se ne andava, portandosi via tutto in cui aveva creduto.

«Signorina, sta bene?» una voce la strappò dallo stordimento. Davanti a lei c’era un uomo con una folta barba, avvolto in un cappotto rosso con colletto bianco.

«No,» sussurrò Giulia, trattenendo a stento le lacrime. «E lei chi è?»

«Babbo Natale, ma dai!» rise lui. «Salta in macchina, che qui fa freddo!»

La prese per il braccio e la trascinò verso l’auto. Giulia, troppo sconvolta per protestare, lo seguì. Quando la macchina partì, gridò:

«Fermi! Dove mi sta portando? Fatemi scendere!»

Il guidatore accostò e si girò verso di lei:

«Volevo solo aiutarti. Stavo andando in un bar, ti offro un tè caldo. Eri lì al freddo, tutta persa. Tra poco è Capodanno, e io, beh, faccio un po’ Babbo Natale.»

L’ultima frase suonò goffa, ma Giulia, all’improvviso, scoppiò a ridere. Una risata liberatoria, che lavò via l’amarezza della giornata: il vestito rovinato, la piega saltata, il tradimento di Matteo e questo strano «Babbo Natale».

«Mi scusi,» disse tra le risate.

«Tranquilla,» sorrise l’uomo. «L’anno vecchio se ne va, portandosi tutto il male. Le cose si sistemeranno. Sai, il mio migliore amico oggi mi ha piantato per festeggiare con la sua nuova moglie. Quindici anni di tradizione, buttati via!»

Giulia si sentì stranamente sollevata. Forse era l’ipotermia, o forse quell’incontro, ma il peso sul cuore sembrava svanire.

«Devono aspettarla, immagino,» disse l’uomo riaccendendo il motore. «Dove la porto?»

«Da nessuna parte,» rispose lei con un sorriso triste. «A casa non c’è nessuno, non ho il vestito, né la piega. Sono libera come l’aria. Non so nemmeno cosa fare.»

«Allora festeggiamo insieme il Capodanno? Conosco un posto carino, promettono una serata magica.»

«Perché no? Solo che passo a cambiarmi,» disse Giulia. Non aveva voglia di restare sola quella notte.

A casa indossò qualcosa di asciutto, tornò in macchina sorridente e piena di aspettative. Nel bar, addobbato con luci tremolanti, finalmente osservò meglio il suo accompagnatore.

«Perché è vestito da Babbo Natale?» chiese, ridacchiando.

«Oh, è una storia lunga e divertente,» rise lui, togliendosi barba e cappotto. «Comunque, mi chiamo Marco.»

«Giulia,» gli tese la mano. «Racconti, Marco. Oggi di storie divertenti ne ho avute poche.»

Marco ordinò del tè e iniziò a parlare. La conversazione fluì facilmente, e le tristezze si sciolsero come neve al sole. Fuori cadevano fiocchi leggeri, e l’anno nuovo bussava alle porte.

Così finiva l’anno vecchio, portandosi via dolore e delusioni. E l’anno nuovo regalò a Giulia e Marco l’inizio di qualcosa di luminoso e autentico: una storia nata sotto le luci di Capodanno. Giulia lo sapeva: un miracolo, alla fine, era davvero arrivato.

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