«Dopo un colpo, l’assenza del figlio: il legame tra genitori e figli plasmato dall’educazione»

Conosco una signora di nome Graziella, che ha 70 anni. Di recente è stata colpita da un ictus ed è finita in ospedale in un quartiere di Palermo. Le cause precise non le conosco — forse l’età, forse uno stile di vita poco sano: alimentazione scorretta, poche passeggiate all’aria aperta, o magari entrambe le cose.

Suo figlio, Matteo, vive da anni in un’altra città, a Milano, a centinaia di chilometri da Palermo. Ha una sua famiglia — una moglie e due figli. Quando Graziella è stata ricoverata, sono stati i vicini a chiamare l’ambulanza. Parenti lontani hanno saputo dell’accaduto e ora vanno a trovarla, portandole medicine e parole di conforto. Graziella sta migliorando lentamente, ma per ora non riesce ancora ad alzarsi dal letto.

Matteo ha telefonato una sola volta. Ha mandato dei soldi per le medicine — e con questo ha chiuso il suo coinvolgimento. Non è venuto, non ha chiesto come sta sua madre. Lui, vede, ha i suoi problemi, che richiedono soluzioni urgenti. Non gli importa nulla di ciò che succede alla madre. «Cosa potrei fare se venissi?» ha detto a uno dei parenti. Secondo lui, i soldi sono tutto ciò che ci si aspetta da lui.

I parenti lontani, al contrario, vanno in ospedale ogni giorno. Comprano le medicine necessarie, chiedono a Graziella come si sente, si informano dai medici per sapere come stanno veramente le cose. La loro cura è l’unica cosa che sostiene la donna in questi giorni difficili.

E allora mi chiedo: cosa sbagliamo, noi madri, se i nostri figli ci trattano così? Sono certa che l’atteggiamento dei figli verso i genitori rifletta il modo in cui li abbiamo cresciuti. Loro ci osservano, assorbono le nostre parole, i nostri gesti, i nostri valori. Se siamo state fredde o ingiuste, non c’è da stupirsi se riceviamo indifferenza in cambio.

Sono convinta: non esistono figli o nipoti cattivi, ma solo genitori che non hanno potuto dare il buon esempio. Vuoi essere un buon genitore? Dimostralo con i fatti. Se un bambino ha visto la madre prendersi cura della propria madre, imparerà la lezione. Ma nel caso di Graziella è andata diversamente. Matteo non ha mai visto sua madre mantenere un legame con la nonna negli ultimi anni della sua vita. Graziella si è allontanata dalla propria madre, e ora suo figlio sta ripetendo lo stesso percorso.

La vita è come un boomerang: tutto ciò che facciamo ci torna indietro. E, per quanto strano, c’è una certa giustizia in questo. Graziella, sdraiata sul letto d’ospedale, circondata da estranei e non dal figlio, ora raccoglie i frutti del suo passato. È amaro, ma forse è un’occasione per riflettere — per lei e per tutti noi.

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