Il mistero della vecchia lettera: l’amore vince sul passato

**Il Segreto della Vecchia Lettera: L’Amore è Più Forte del Passato**

Marco tornò a casa esausto. D’estate lavorava in cantiere per mantenersi, non poteva vivere sempre alle spalle di sua madre. Tra un anno si sarebbe laureato, avrebbe trovato un lavoro stabile e infine sposato la sua amata Beatrice.

«Mamma, che ne dici di andare in paese questo weekend? Rilassarci un po’, magari fare una pescata», propose sognante, finendo di cenare.

«Ci stavo pensando anch’io, figliolo», rispose Anna, posandogli una tazza di tè. «Pensavo fossi troppo stanco per il viaggio. Forse dovremmo vendere quella casa. Se nessuno ci abita, cadrà a pezzi. Dopo la morte di tuo padre, non ci siamo più andati. Se non ti serve, i soldi potrebbero coprire le spese del matrimonio.»

«I genitori di Beatrice hanno una villetta fuori città», annuì Marco. «Per me va bene. Vendiamola. Partiamo venerdì sera.»

«Portiamo anche Beatrice», aggiunse Anna con un sorriso.

Marco aveva passato ogni estate nell’antica casa di campagna di sua nonna. Dopo la sua morte, i genitori vi andavano in vacanza, provando persino a coltivare un orto. Ma dopo la tragedia che aveva portato via il padre, sua madre aveva abbandonato tutto.

Venerdì sera, presero l’autobus. Marco guardava fuori dal finestrino, Beatrice dormiva appoggiata alla sua spalla. Il viaggio era breve—quaranta minuti—ma con quel caldo sembrava non finire mai. Finalmente, l’autobus si fermò all’ingresso del paese. I passeggeri afferrarono le borse e scesero in fretta. Marco saltò giù, inalando l’aria calda della sera.

«Poverino, la camicia è tutta bagnata», si commiserò Beatrice.

«Non importa», sorrise lui. «Arriviamo, lasciamo le valigie e andiamo al fiume a rinfrescarci.»

Camminarono per il paese, ignorando gli sguardi curiosi dei paesani. Le donne li salutavano, osservandoli con insistenza, ma nessuno chiedeva dove andassero—in paese non era educato. Marco portava le borse con le provviste per il weekend, sentendosi più leggero dopo l’afa dell’autobus.

Il cortile della vecchia casa era invaso da erbacce e ortiche. «Fate attenzione dove mettete i piedi», avvisò Anna. Beatrice sussultò, stringendosi a Marco. La serratura arrugginita cedette facilmente. Entrarono nella fresca cucina e si fermarono, immobili.

«È come se non fossimo mai andati via», sospirò Anna, avvolta dalla nostalgia.

Marco riconobbe ogni dettaglio: le foto sbiadite alle pareti, i ritagli di giornale incollati da bambino, le tendine corte. Sul letti di ferro c’erano cuscini ammucchiati sotto coperte di lana. Al centro della stanza, un tavolo coperto da una tovaglia blu consumata.

«Che posto accogliente», disse Beatrice. «Non ti dispiace venderlo?»

«Io sistemo le borse», si organizzò Anna. «Marco, portami della legna, è fuori. Beatrice, intanto guardati in giro.»

La casa riprese vita. Nel caminetto scoppiettava il fuoco, sul tavolo apparvero pasta, tè, zucchero e biscotti. La vecchia stufa elettrica funzionava ancora. Marco portò acqua dal pozzo e Anna mise su il bollitore. Quando il caldo divenne insopportabile, aprirono le finestre, lasciando uscire il calore. Marco e Beatrice andarono al fiume.

Quella notte, il sonno non arrivò—la casa scricchiolava, come se si lamentasse della solitudine. Al mattino, Anna preparò la colazione e mandò i ragazzi in soffitta a riordinare, mentre lei svuotava gli armadi.

«Che ragnatele!» si lamentò Beatrice, stringendosi a Marco sotto il soffitto basso. Su una corda, panni impolverati—forse di sua madre, o di sua nonna. C’era tanta roba, ma niente di interessante. In mezzo a una pila di riviste, Beatrice trovò un foglio caduto.

«Marco, vieni!» lo chiamò.

«Cosa c’è?» guardò oltre la sua spalla. «Una lettera?»

«Ascolta», disse Beatrice, e cominciò a leggere.

«Salve, Luca. Cosa è successo? Avevi promesso di tornare, di parlare con i tuoi genitori e di venire a prendermi. È passato un mese e niente. Sono disperata. Volevo dirtelo di persona, ma forse così ti sbrighi: aspetto un bambino. Se mia madre fosse ancora viva, l’avrei detto a lei. Ma mia zia… non credo sarà felice di vedermi così. Ti prego, torna presto…»

La ragazza scriveva d’amore, di nostalgia e di attesa. In fondo, c’era un nome: Elena.

«E quindi?» scrollò le spalle Marco. «Una semplice lettera.»

«Non capisci», sospirò Beatrice. «Non è solo una lettera. Tu sei Marco Luca, vero?»

«Sì», rispose, ancora confuso.

«E la lettera è indirizzata a Luca. Ci arrivi?» Beatrice sembrava irritata.

«E allora? Forse mia madre lo sa», rifletté Marco. «Vado a chiederle.»

«Aspetta!» lo fermò lei. «L’ha scritta una certa Elena, non tua madre. Perché era nascosta in una rivista in soffitta? Perché conservarla?»

«Sei un’investigatrice», rise Marco. «Come facciamo a scoprire chi l’ha scritta?»

«Peccato che la nonna non ci sia più», disse Beatrice. «Lei avrebbe saputo. Ma nel paese c’è qualcuno dellE quella notte, mentre la luna illuminava il tetto della vecchia casa, Marco e Beatrice giurarono di custodire quel segreto per sempre, perché l’amore che li univa era più forte di qualsiasi verità sepolta nel passato.

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