Chi Vive Con Noi…

**Diario Personale**

Il campanello suonò insistentemente, annunciando larrivo di qualcuno. Livia si tolse il grembiule, si asciugò le mani e andò ad aprire la porta. Sulla soglia cera sua figlia con un giovane. La madre li fece entrare nellappartamento.

“Ciao, mamma,” la figlia la baciò sulla guancia, “ti presento Matteo, vivrà con noi.”

“Buonasera,” salutò il ragazzo.

“E questa è mia madre, zia Livia.”

“Livia,” corresse la donna.

“Mamma, cosa cè per cena?”

“Pasta e fagioli e salsicce.”

“Io non mangio pasta e fagioli,” rispose il ragazzo, scrollò le spalle e andò in salotto.

“Beh, mamma, Matteo non li mangia,” sospirò la figlia, allargando le braccia.

Il giovane si sistemò sul divano, lasciando cadere lo zaino per terra.

“Quella è la mia stanza, in realtà,” disse Livia.

“Matteo, vieni, ti mostro dove staremo,” chiamò Chiara.

“Ma qui mi piace,” borbottò lui, alzandosi a fatica.

“Mamma, pensa tu a cosa preparare per Matteo.”

“Non so, abbiamo ancora mezzo pacco di salsicce,” rispose Livia alzando le spalle.

“Va bene con senape, ketchup e un pezzo di pane,” replicò lui.

“Bene,” mormorò Livia, dirigendosi in cucina. “Prima portava a casa gattini e cagnolini, e ora ecco cosa si è trovata. Un altro da sfamare.”

Si servì un piatto di pasta e fagioli, mise due salsicce in padella, prese un po dinsalata e iniziò a cenare con gusto.

“Mamma, perché mangi da sola?” entrò in cucina la figlia.

“Sono tornata dal lavoro e ho fame,” rispose Livia, masticando. “Chi vuole mangiare, si serve da solo o si cucina. E ho una domanda: perché Matteo deve vivere con noi?”

“Come perché? È mio marito.”

Livia quasi soffocò.

“Marito?”

“Sì. Sono adulta e decido io se sposarmi o no. Ho diciannove anni.”

“Non mi avete nemmeno invitata al matrimonio.”

“Non cè stato un matrimonio, solo il comune. Siamo marito e moglie, vivremo insieme,” disse Chiara, guardando la madre che continuava a mangiare.

“Beh, vi auguro ogni bene. Ma perché senza festa?”

“Se hai i soldi per un ricevimento, possiamo organizzarlo.”

“Capisco,” proseguì Livia con la cena. “E perché proprio da noi?”

“Perché loro vivono in un monolocale in quattro.”

“Non potevate affittare qualcosa?”

“Perché affittare se ho la mia stanza?” rispose Chiara, sorpresa.

“Capisco.”

“Allora, ci dai qualcosa da mangiare?”

“Chiara, la pentola è sul fuoco, le salsicce in padella. Se non bastano, nel frigo cè ancora mezzo pacco. Prendete, servitevi.”

“Mamma, non capisci, hai un GENERO,” enfatizzò Chiara.

“E quindi? Devo ballare la tarantella per loccasione? Sono stanca, tornata dal lavoro. Avete braccia e gambe, arrangiatevi.”

“Per questo sei ancora single!”

Chiara la guardò torva e uscì sbattendo la porta. Livia finì di mangiare, lavò le sue stoviglie, pulì il tavolo e andò in palestra. Era una donna libera, dedicava qualche serata alla settimana alla sala pesi e alla piscina.

Verso le dieci tornò a casa. Sperando in una tazza di tè, trovò la cucina in disordine: qualcuno aveva provato a cucinare. Il coperchio della pentola era sparito, lasciando la pasta secca e screpolata. Il pacco delle salsicce era aperto sul tavolo, accanto a una fetta di pane raffermo. La padella era bruciata, con tracce di cibo attaccato. Il lavello era pieno di piatti sporchi e sul pavimento cera una pozza di bibita dolce. Lappartamento puzzava di sigarette.

“Wow, questa è nuova. Chiara non avrebbe mai permesso una cosa simile.”

Aprì la porta della camera della figlia. I due giovani bevevano vino e fumavano.

“Chiara, vai a sistemare la cucina. Domani compri una padella nuova,” disse la madre, andando nella sua stanza senza chiudere la porta.

Chiara balzò in piedi e la seguì.

“Perché dovremmo farlo noi? E con quali soldi? Non lavoro, studio. Ti dispiace per i tuoi piatti?”

“Chiara, conosci le regole di casa: chi sporca pulisce, chi rompe paga. Ognuno si arrangia. E sì, mi dispiace per la padella, costa e ora è rovinata.”

“Non vuoi che stiamo qui,” urlò la figlia.

“No,” rispose tranquilla Livia.

Non aveva voglia di litigare, e non laveva mai vista così irriconoscibile.

“Ma questa è anche casa mia.”

“No, lappartamento è mio. Lho pagato io. Tu ci sei solo registrata. Non risolvere i problemi a mie spese. Se volete vivere qui, seguite le regole.”

“Ho vissuto tutta la vita sotto le tue regole. Ora sono sposata e non puoi comandarmi,” singhiozzò Chiara. “E poi, hai già vissuto, potresti lasciarci lappartamento.”

“Vi lascio volentieri il pianerottolo e la panchina fuori. Ah, sei sposata? Non mi ascolti. Dormi qui sola o con tuo marito, ma lui non resta.”

“Che ti prenda un colpo con questo appartamento! Matteo, andiamo via!” gridò Chiara, raccogliendo le sue cose.

Cinque minuti dopo, il nuovo genero irruppe nella stanza di Livia.

“Ehi, suocera, tranquilla, va tutto bene,” barcollò per il vino bevuto, “Noi con Chiara non andiamo da nessuna parte. Se ci tratterai bene, faremo anche silenzio di notte.”

“Che genitori che siamo,” sbuffò Livia, “I veri genitori sono rimasti a casa loro, torna lì e portati appresso tua moglie.”

“E adesso ti faccio” il ragazzo alzò un pugno davanti al viso di Livia.

“Ah sì? Fammi vedere.”

Lei gli afferrò il polso con le unghie smaltate.

“Ahi! Lasciami, pazza!”

“Mamma, che fai?” urlò Chiara, cercando di separarli.

Livia la spinse via e colpì Matteo con un ginocchio allinguine, poi un gomito alla gola.

“Ti denuncio per aggressione!” strillò lui.

“Aspetta, chiamo io la polizia, sarà più comodo,” rispose Livia.

I due giovani scapparono dal ben arredato bilocale.

“Non sei più mia madre!” urlò Chiara. “E non vedrai mai i tuoi nipoti!”

“Che tragedia,” commentò ironica Livia. “Finalmente si respira.”

Controllò le mani: alcune unghie erano rotte.

“Quanti danni per voi,” borbottò.

Dopo che se ne furono andati, pulì la cucina, buttò la pasta indurita e la padella rovinata, e cambiò la serratura. Tre mesi dopo, la figlia la aspettava fuori dal lavoro. Era dimagrita, con le occhiaie, e sembrava infelice.

“Mamma, cosa cè per cena?” chiese.

“Non so,” scrollò le spalle Livia, “non ci ho pensato. Cosa vorresti?”

“Pollo con riso,” deglutì Chiara. “E insalata russa.”

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