Galia e la sua amica passeggiavano nel parco quando all’improvviso videro un uomo e una donna.

Era una tranquilla giornata autunnale quando Ginevra uscì dalle lezioni con la sua amica Carlotta. Non aveva voglia di tornare a casa e propose:

“Carlotta, andiamo a fare due passi nei giardini?”

“Va bene, finché c’è ancora luce!” rispose l’amica.

I giardini non erano proprio sulla loro strada, ma perché non approfittarne?

…Camminavano lungo il viale, osservando con un velo d’invidia le coppie di innamorati che passeggiavano felici, senza che nessuno le notasse. Svoltando su un sentiero più appartato, videro all’improvviso un uomo e una donna abbracciati. Lui le sussurrava qualcosa all’orecchio, e lei sorrideva felice.

Nonostante l’uomo le voltasse le spalle, si vedeva che non era più giovane.

Carlotta li guardò distrattamente, ma poi si accorse che Ginevra li fissava a bocca aperta, incapace di staccare gli occhi da loro.

“Ginevra, che hai? Ginevra!”

“Niente, niente. Andiamo,” rispose lei seccamente, accelerando il passo.

Uscirono dai giardini. Ginevra rimase in silenzio, persa nei suoi pensieri. Le ragazze si salutarono e ognuna tornò a casa sua.

…Ginevra camminava a testa bassa, incredula. Non poteva crederci.

Davanti ai suoi occhi, l’immagine di quella donna felice, di quell’uomo che le parlava all’orecchio, ignaro di tuttopersino di sua figlia!

“Papà, come hai potuto? Ti credevo perfetto. E invece hai un’amante? Non ci avrei mai creduto se non l’avessi visto con i miei occhi!” pensava la ragazza.

Arrivò a casa tardi.

“Siediti a cena!” borbottò la madre. “Tu e tuo padre, non vi si aspetta mai.”

“Un attimo, vado a lavarmi le mani,” rispose Ginevra, imbarazzata.

Rimase a lungo in bagno. Quando uscì, il padre non era ancora tornato. Cenò in fretta e si chiuse in camera.

Si sedette davanti al laptop, ma non riusciva a concentrarsi. L’immagine di quel pomeriggio le tornava sempre davanti agli occhi. Non voleva crederci.

“Ma è mio padre. Davvero per gli adulti l’inganno e il tradimento sono cose normali? Cosa gli manca nella vita? Potrebbe davvero lasciare me e mamma per quella…” Le venne un’idea.

“Chissà se quella donna sa della mia esistenza…”

Sentì la porta aprirsi.

“Scusa, cara! Giornata pesante,” disse il padre.

“Prima i giorni pesanti erano solo a fine mese,” rispose la madre, e si capiva che stava per scoppiare una lite. “Ora sembra che siano tutti i giorni.”

“Giovanna, è solo un periodo!”

Entrò in camera di Ginevra, come sempre, per darle un bacio, ma lei lo respinse:

“Vai, la cena si fredda!”

“Figlia mia, cosa è successo?”

“A me? Niente. E a te?”

Il padre la guardò intensamente. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma cambiò idea e andò in cucina.

Tutta la sera, Ginevra rimase in camera. Stava architettando un piano per riportare a casa suo padre. Si addormentò con quel pensiero.

Si svegliò sentendo le voci dei genitori:

“Vittorio, dove vai?”

“A lavoro. È urgente.”

“Oggi è sabato, potresti passare la giornata con la famiglia.”

“Non ci metto tanto. Torno per pranzo e usciamo insieme.”

Ginevra uscì dalla stanza, fingendo di essersi appena svegliata.

“E tu dove vai?” chiese subito la madre.

“Mamma, ho lezione. E sono già in ritardo.”

“Ma insomma!” sbuffò la madre. “Sempre occupati, voi due.”

Ma Ginevra era già sparita in bagno.

Quando uscì, vide il padre già nel corridoio. Lui sorrise:

“Figlia, ti accompagno io.”

“Ginevra, almeno beviti un caffè!” chiamò la madre dalla cucina.

“Vai, ti aspetto,” disse il padre, con un tono quasi colpevole.

Ginevra bevve il caffè in fretta e uscì:

“Andiamo, papà!”

Camminarono in silenzio per un po’, poi il padre iniziò:

“Figlia, sei arrabbiata con me per qualcosa?”

“No, papà! Sarà l’età,” rispose lei, esitando un attimo. “Ti voglio bene, papà.”

“Anch’io, tesoro.”

“Più di chiunque al mondo?”

Notò che il padre sussultò, la guardò sospettoso, ma poi disse:

“Più di chiunque al mondo.”

Sorrisero entrambi, ma evitando di incrociare lo sguardo.

“Basta, papà, io vado di qui. Ci vediamo a pranzo. Hai promesso che passeremo il weekend insieme.”

Ginevra fece finta di andare a lezione, ma si nascose dietro un cespuglio. Assicuratasi che il padre non si voltasse, lo seguì.

Sperava ancora che andasse al lavoro, ma lui prese un’altra strada.

Camminarono a lungo. Il padre non si voltò mai. Arrivarono davanti a un palazzo. Lui si fermò vicino a un albero, tirò fuori il telefono e chiamò.

La donna uscì dopo cinque minuti. Ginevra non poté fare a meno di ammirarla:

“Com’è bella!” sussurrò. “Davvero le vuoi più bene che a me e a mamma?”

La donna corse verso di lui, lo baciò, e insieme si allontanarono, abbracciati.

Era un quartiere sconosciuto e deserto. Si sedettero su una panchina e parlarono a lungo. Ginevra li osservava da lontano. La conversazione sembrava seria, poi si baciarono.

Lei li fissava, il cuore pieno di rancore.

Alla fine, si alzarono e tornarono al palazzo. Un altro bacio, un sorriso, e il padre se ne andò, mentre la donna rientrò.

Ginevra rimase lì, decisa ad affrontare quella donna.

Poco dopo, la vide uscire di nuovo con un sacchetto della spazzatura.

“Ciao!” Ginevra le sbarrò la strada.

“Ciao! Che c’è?” chiese la donna, sorpresa.

“Ascolta! Se rivedrai Vittorio, te la farò pagare.”

“Ma tu chi sei?”

“Non hai capito? Tira fuori il telefono!”

La donna obbedì.

“Chiamalo. E digli che non deve più venire. Sono sua figlia. E lui ama mia madre!”

La donna compose il numero. Ginevra sentì la voce del padre:

“Diana, che succede?”

“Vittorio, non dobbiamo più vederci.”

“Perché?”

“Non può funzionare. Tu hai una famiglia, e io dopo l’università me ne vado.”

“Diana, ma se…” Nella voce di lui, Ginevra sentì una nota di sollievo.

“Basta, Vittorio. Non chiamarmi più.”

“Va bene, Diana. Addio.”

…Quando Ginevra tornò a casa, i genitori stavano pranzando e chiacchieravano tranquilli.

“Perché sei così contenta?” borbottò la madre. “Mangi?”

“Sì!”

“Figlia, davvero, cosa ti rende così felice?” chiese il padre.

“Papà, mi vuoi bene?”

“Certo!”

“E a mamma?”

Una pausa. Poi, deciso:

“Anche a tua madre voglio bene!”

“Davvero, vi amo!” ripeté lui, sorridendo.

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