– Non ti capisco proprio, figlia mia, sei pur sempre una donna, e poi che colpa ha quella povera ragazza? Se è di un’altra donna, che importa? Sarai tu a crescerla e un giorno ti chiamerà mamma.

Non ti capisco proprio, figlia mia, sei pur sempre una donna, che colpa ha quella povera bambina? Se è figlia di unaltra donna, che importa? La crescerai tu, e un giorno ti chiamerà mamma. Le cose sono andate così, ma devi essere più saggia: se ami tuo marito, amerai anche sua figlia.
A Domenico era arrivata una chiamata dai servizi sociali, gli chiedevano di prendere con sé la figlia che non aveva mai saputo di avere
Maria, siediti, per favore, devo dirti una cosa importante sospirò Domenico.
Oggi mi hanno chiamato dai servizi sociali. Mia figlia è in un orfanotrofio Maria sussultò per la sorpresa e chiese:
Che figlia? Di chi? Stai scherzando? non riusciva a crederci.
Domenico abbassò lo sguardo:
No, Mariuccia, non scherzo. Sei anni fa, quando io e te ci eravamo appena conosciuti, frequentavo ancora Lucia. Quando tra noi due tutto si fece più serio, la lasciai subito.
Lucia mi cercò un anno dopo e mi disse che aveva avuto una bambina, Anna.
Non le credetti, ma quando la vidi, non servirono esami per capire che era mia. Non so cosa sia successo a Lucia, so solo che mi hanno chiamato e chiesto se avrei preso Anna con me.
La prima reazione di Maria fu di gridare:
No, non voglio la figlia di unaltra! Ma lo sguardo di suo marito la spinse a dire altro:
Va bene, andiamo a vederla insieme, prima disse con cautela.
Domenico si rallegrò della reazione della moglie e, dopo averci pensato un po, decisero di partire il giorno dopo. Maria osservava la bambina senza trovarvi somiglianze con suo marito. Anna, a soli cinque anni, era piccola e magrolina.
Stringeva tra le mani un orsacchiotto sbiadito e, quando le facevano domande, nascondeva il viso nella sua pelliccia. A dirla tutta, Maria non la trovava simpatica, anche se le faceva pena. Forse, se fosse stata davvero estranea, il suo cuore avrebbe tremato, ma la gelosia che aveva provato per quella donna ora si era riversata sulla bambina.
Si scoprì che Anna era stata portata via da Lucia, che conduceva una vita sregolata, tra bottiglie e notti brave, senza mai pensare alla figlia. Ma ormai aveva rivelato chi fosse il padre, e non cera più nulla da fare.
Maria vide la determinazione di Domenico nel voler portare la bambina a casa. Cercò a lungo di dissuaderlo, finché una volta lui perse la pazienza:
Se non puoi averne di tue, almeno taci! Io non manderò mia figlia in un orfanotrofio. Se non ti sta bene, vattene, me la caverò da solo
Maria sentì quelle parole come pugnalate, ma da qualsiasi parte la guardasse, lui aveva ragione. Domenico voleva dei figli, e lei non poteva darglieli.
Da giovane aveva avuto problemi di salute, e i medici le avevano detto che non avrebbe mai avuto bambini. E poi, amava Domenico, non aveva alcuna intenzione di lasciarlo.
Era un uomo laborioso, ogni soldo era per la casa, beveva a malapena. Quante donne avrebbero fatto a gara per un marito così, mentre lei difficilmente ne avrebbe trovato uno migliore.
Quando Domenico portò Anna a casa, avvisò subito la moglie:
Se ti azzardi a farle del male, non aspettarti pietà. Maria si sforzò di prendersi cura della bambina. La portò al bagno, la lavò con cura, anche se era difficile non commuoversi vedendo quella schiena così fragile. Le mise un vestitino, le intrecciò i capelli, e per un attimo si sentì più leggera.
Anna era una bambina tranquilla, chiusa in sé stessa. Se non la toccavi, non reagiva, se ne stava in un angolo a sussurrare cose al suo orsacchiotto.
È proprio selvatica si lamentava Maria con le vicine. Nemmeno Dom se la passa bene, risponde solo sì o no, e basta. A volte la guardo e mi chiedo se abbia qualcosa che non va. Sembra così calma, poi allimprovviso combina chissà quali guai.
Le vicine annuivano con comprensione. Anche Domenico era cambiato: prima correva da Maria con baci e abbracci, ora correva da sua figlia. Allinizio Anna scappava, ma poi si abituò e cominciò a seguirlo ovunque come unombra.
Maria, ovviamente, era gelosa di quella bambina che le aveva rubato lattenzione del marito. E poi lui aveva cominciato a brontolare, finché un giorno, mentre Anna era in cortile, le disse:
La tratti come un oggetto, non le sorridi mai. Ha bisogno di una madre affettuosa, non di una sconosciuta fredda
A quel punto, Maria esplose:
Ma che madre sarei io? Non è mia figlia, non la chiamerò mai così! E non ho intenzione di fare la buffona per lei! Me ne vado, torno da mia madre, vivete pure voi due come vi pare! Non trattenne le lacrime
E se ne andò. Si aspettava che Dom la inseguisse, supplicandola di tornare, ma non successe. Passò una settimana, poi unaltra, e lui non si fece vivo. Maria piangeva, e sua madre, dopo averla consolata, non poté permettere che la famiglia di sua figlia andasse in pezzi.
Non ti capisco, figlia mia, sei pur sempre una donna, che colpa ha quella povera bambina? Se è figlia di unaltra, che importa? Tu la crescerai, e un giorno ti chiamerà mamma. Le cose sono andate così, ma devi essere più saggia: se ami tuo marito, amerai anche sua figlia.
Maria tornò a casa. Domenico stava riparando qualcosa in garage, mentre Anna giocava felice con il suo orsacchiotto. Lui la vide e le lanciò unocchiata torva. Maria rabbrividì e si fermò.
Poi Anna si alzò, prese la mano di suo padre e lo condusse da Maria.
Fate la pace disse, unendo le loro mani.
Perdonatemi singhiozzò Maria.
Domenico la strinse a sé con un braccio e con laltro attirò Anna vicino. Maria pianse ancora e abbracciò la bambina. Rimasero così a lungo, finché Anna non si stancò e disse:
Io e Orsetto abbiamo fame!
Domenico e Maria si scambiarono unocchiata e rientrarono in casa. Finalmente, erano una famiglia.

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