I nostri genitori, Marco e Laura, hanno frantumato il loro matrimonio proprio nel momento in cui io e mia sorella Sofia abbiamo finalmente preso in mano le nostre vite – abbiamo formato delle famiglie, dato alla luce dei figli, iniziato a guadagnarci da vivere da soli e ci siamo lanciati nell’avventura dell’indipendenza tra le dolci colline della Toscana.
Fin dove risale la mia memoria, la loro casa a Milano non è mai stata un rifugio di pace. Litigi furiosi, accuse taglienti e scontri senza fine rimbombavano tra le pareti. Il tumulto si placava solo quando calava la notte – forse perché la stanchezza li sopraffaceva, o forse perché l’oscurità imponeva una tregua fragile.
Si addormentavano nello stesso letto, ma all’alba la tempesta riprendeva a infuriare…
E poi è arrivato il loro anniversario d’argento. Una tavola imbandita con sfarzo, bicchieri che tintinnavano con brindisi calorosi, volti illuminati da sorrisi – fino al momento in cui la serata ha scatenato il suo colpo devastante:
– “Grazie a tutti per essere qui, ma domani si chiude tutto. Chiediamo il divorzio.”
Gli invitati hanno riso imbarazzati, pensando fosse uno scherzo macabro, ma io e Sofia ci siamo guardati, trafitti da un terrore silenzioso, sapendo che non era una burla. Quando gli ultimi ospiti se ne sono andati, abbiamo messo Marco e Laura con le spalle al muro, il cuore che ci martellava nel petto, e la loro risposta gelida e inflessibile ci ha colpiti come un fulmine a ciel sereno.
All’alba si sono precipitati all’ufficio di stato civile, stringendo i documenti del divorzio come armi pronte a colpire. Nei tre mesi interminabili che sono seguiti, mentre la macchina legale girava lenta, li abbiamo implorati – con le ginocchia tremanti e le voci spezzate – di ripensarci, di allontanarsi dall’abisso. Ma la loro volontà era di granito, impenetrabile alle nostre suppliche.
E come se questo dolore non fosse già abbastanza, si sono lanciati in una spietata distruzione di tutto ciò che avevano condiviso. In attesa del verdetto finale, hanno diviso i loro beni con una precisione feroce, litigando per ogni minima sciocchezza. Il colpo più straziante è arrivato quando si sono contesi il nostro cane, Nero – una battaglia selvaggia che si è conclusa con Laura che lo reclamava come trofeo della sua “vittoria”.
Ma il vero incubo – quello che ci ha fatto gelare il sangue nelle vene – doveva ancora mostrarsi. Non si sono accontentati di spartirsi gli oggetti; hanno rivolto le loro lame contro di noi, i loro stessi figli. Me, Luca, insieme a mia moglie e ai miei figli, mi hanno assegnato a Marco, mentre Sofia, suo marito e il loro piccolo sono stati legati a Laura. Era come un dramma crudele, le nostre vite fatte a pezzi per soddisfare la loro sete di vendetta.
Io e Sofia siamo rimasti lì, attoniti, stringendoci la testa in un disperato smarrimento, mentre i nostri coniugi ci guardavano in un silenzio sgomento, i loro gesti riflettevano la follia che ci stava inghiottendo – e chi poteva biasimarli? Il divorzio si è abbattuto come un uragano – rumoroso, lacerante e spietato – e quando la polvere si è posata, i nostri genitori hanno sigillato la loro brutale separazione. Le mie grida a Laura svaniscono nel nulla; i tentativi di Sofia di raggiungere Marco affondano nel silenzio. Incontri? Impensabili. Legami? Strappati.
Siamo come prigionieri in una tragedia spaventosa, dibattendoci tra le onde dell’ostilità dei nostri genitori, sprofondando sempre più in questa palude soffocante di alienazione, senza scorgere alcuna via d’uscita dall’oscurità.