Suocera desidera una vita avventurosa in pensione — e noi la lasciamo fare

**8 settembre 2023**

A volte la vita ti riserva svolte così improvvise che fai fatica a capire se sia davvero realtà o solo una beffa crudele del destino. Non avrei mai immaginato che, dopo dodici anni vissuti sotto lo stesso tetto con mia suocera, quando tutto sembrava stabile e chiaro, la nostra famiglia si sarebbe trovata davanti a un ultimatum morale: paga o vattene.

Tanti anni fa, subito dopo il matrimonio, Marina Elvira ci propose di trasferirci nel suo grande trilocale in centro a Roma, mentre lei si sarebbe sistemata nel mio modesto monolocale in periferia. Io e mio marito eravamo al settimo cielo: vivere in centro, con tutti i comfort, e con la benedizione di mia suocera? Cosa poteva esserci di meglio per una giovane coppia?

Con i soldi del matrimonio, rinnovammo l’appartamento da cima a fondo: rifacemmo la cucina, cambiammo gli infissi, sistemammo il bagno e aggiungemmo persino una piccola riorganizzazione degli spazi. Quando Marina Elvira veniva a trovarci, non faceva che ripetere: «Che bello che avete fatto!», «Siete stati bravissimi!». In segno di gratitudine, ci prendemmo carico di tutte le bollette del suo nuovo appartamento. Lei sospirava sollevata, dicendo che finalmente riusciva persino a mettere da parte qualcosa con la pensione. Per tutti questi anni, non ci siamo mai pentiti della scelta.

Poi arrivarono i bambini: prima Luca, poi Sofia. Con una famiglia più grande, iniziammo a desiderare uno spazio tutto nostro. Cominciammo a risparmiare per comprare una casa più ampia, sapendo che un quadrilocale era fuori dalla nostra portata. A Marina Elvira non ne parlammo, sperando di trovare un accordo pacifico quando fosse arrivato il momento.

Tutto cambiò quando andò in pensione. L’euforia della libertà svanì in fretta quando si rese conto che la sua pensione sembrava «una miseria». Ogni volta che ci vedevamo, ripeteva la stessa litania: «Come si fa a vivere con questi spiccioli?», «In questo paese i pensionati non valgono nulla!». Noi non la lasciavamo da parte: le portavamo la spesa, le medicine, aiutavamo in tutto. Ma un giorno, davanti a un caffè, lasciò cadere una frase che lasciò mio marito senza parole.

«Figlio mio», disse, «voi vivete nella mia casa, quindi è giusto che cominciate a pagarmi un affitto. Non tanto, diciamo… 500 euro al mese.»

Mio marito impallidì. Ci mise un attimo a capire, poi rispose: «Mamma, sei seria? Paghiamo già tutte le tue bollette, ti aiutiamo con la spesa, la tua vita ti costa meno della metà! E ora ci chiedi l’affitto?»

E lei, senza esitazione: «Allora torniamoci a cambiare! Voglio rientrare nel mio appartamento!»

Capimmo subito che era ricatto. Puro e semplice. Ma quello che non sapeva era che avevamo già i soldi per l’anticipo di un’altra casa. Ascoltammo in silenzio, e quella sera decidemmo che era ora di mettere fine a tutto.

Qualche giorno dopo, andammo da lei con una torta, non per scusarci, ma sperando che cambiasse idea. Ma appena si tornò a parlare della casa, sbottò: «Allora, avete deciso? O volete continuare a vivere a scrocco?»

Avevo finito la pazienza. «Marina Elvira», dissi calma, «non viviamo a scrocco da nessuno. Riprenditi la tua casa, e noi andremo per la nostra strada.»

«E dove trovate i soldi?» chiese con una smorfia.

Mio marito la interruppe: «Li troviamo. Non è più un tuo problema. Ma ricordati una cosa: l’hai voluta questa soluzione. Vuoi sentirti l’eco in un trilocale? Eccoti accontentata.»

Tutto successe in fretta. Trovammo una casa, chiedemmo un mutuo, usammo tutti i risparmi e vendemmo il mio vecchio monolocale per ridurre le rate. Tre settimane dopo, eravamo già a fare le valigie.

Ora Marina Elvira è tornata nel suo appartamento, quello che aveva tanto ammirato dopo il nostro restauro — finché non ha capito che si sarebbe ritrovata a doverlo mantenere da sola. Adesso si lamenta con le vicine del «lavoro fatto male» e dei «figli ingrati», paga le bollette di tasca sua, fa la spesa da sola e finalmente assapora il vero sapore della pensione, senza i nostri «regali».

Noi viviamo in un nuovo quadrilocale. È un po’ stretto, ma libero. Liberi dalle spiegazioni, dalle lamentele, dai capricci. Abbiamo chiuso un capitolo e ne abbiamo aperto uno nuovo.

Come si dice: chi fa il male, spesso lo raccoglie. Solo che stavolta, non siamo stati noi.

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