Sei Alice: Da ora vivi in un film

Eri Alice. Da questo momento vivi in un film.

Giovanna aveva trascorso più di un’ora a portare in giro sua figlia per le strade di Bologna al tramonto. Erano passate da un paio di negozi—non per comprare nulla, ma solo per sentirsi una famiglia normale. Alla fine, avevano preso solo un gelato e un succo di frutta. Poi si erano sedute su una panchina vicino al portone, sotto un ciliegio in fiore. Sofia adorava queste passeggiate e non aveva fretta di tornare a casa—le sembrava che lì, sotto il cielo, fosse un po’ più vicina alla libertà.

E all’improvviso, davanti al portone arrivò un’auto con la scritta “CINEMA”. Ne scese un uomo alto, che si guardò intorno e, sorridendo, si avvicinò a loro. Si fermò proprio davanti a Sofia:

“Sei Sofia?”

“Sì…” rispose la ragazzina, confusa.

“Sono qui per te.”

“Per me?” chiese lei, e il cuore cominciò a batterle più forte.

“Vuoi recitare in un film?”

Sofia guardò sua madre, poi lo sconosciuto, e nella sua voce si sentì un tono di offesa:

“Perché mi prendete in giro?”

“Non scherzo. Mi chiamo Matteo, sono un regista. Cerchiamo la protagonista. Tu sei perfetta.”

Giovanna all’inizio non ci credeva, ma quando vide gli occhi di sua figlia accendersi, quel lampo di speranza vera sul suo viso, annuì semplicemente:

“Se non è uno scherzo… proviamo.”

Così finirono negli studi cinematografici. Sofia fu portata al centro di una sala, luci accecanti, telecamere, un vuoto improvviso. Poi arrivò un ragazzo—alto, affascinante, con un sorriso da star del cinema:

“Ciao. Sono Luca. Nel film sono il tuo partner. E tu sei Alice.”

Sofia non rispose. Non riusciva a credere che stesse succedendo davvero. Non era un’attrice—solo una ragazzina in carrozzina che, improvvisamente, qualcuno aveva voluto rendere parte di una storia.

Le riprese iniziarono. La istruirono, le spiegarono, la guidarono. Prima scene con i genitori, poi con Luca. Scena dopo scena, battuta dopo battuta, ma la cosa più importante era che Sofia non recitava: viveva. Piangeva quando, nella storia, la abbandonavano; rideva quando il protagonista faceva una battuta. E quando Luca la sollevava tra le braccia e la guardava negli occhi—il suo cuore batteva all’impazzata. Non era solo un film. Era la sua vita, ma inquadrata.

Matteo, il regista, la adorava. Diceva:

“Sei autentica. Sei la mia Alice. Non stai recitando, lo stai respirando.”

Fioriva come un fiore. Ogni giorno era pieno di significato. Il primo bacio—sullo schermo, ma per lei era reale. Anche quando, per le scene più difficili, li sostituivano con controfigure—tuffi in acqua, voli tra le braccia—Sofia non si arrabbiava. Perché la sua anima era comunque lì, sullo schermo.

Passarono settimane. Le riprese terminarono. Tutti se ne andarono. Sofia si ritrovò di nuovo nel suo cortile, sotto lo stesso ciliegio. Ma ora aveva un nome nei titoli di coda. Esperienza. E un cuore pieno di emozioni.

Giovanna disse con orgoglio:

“Pensa, in due mesi hai guadagnato quasi cinquantamila euro. Compreremo tutto ciò che vuoi.”

“Non sono una principessa, mamma…” rispose Sofia, guardando tristemente le sue gambe.

“Ma lo sei stata. E lo sarai ancora.”

E all’improvviso—un’altra macchina. Un taxi. Ne scese Luca. Con un mazzo di fiori. Vera, senza telecamere. Senza copione.

“È per me?” sussurrò lei.

“Per te, Sofia. Voglio stare con te. Davvero. Senza cinema.”

…E mentre, in uno studio medico, Matteo versava del vino in due bicchieri e diceva:

“Grazie per Sofia. Ha cambiato non solo il film, ma anche me.”

“Felice di aver aiutato,” sorrise il medico. “Perché sei venuto?”

“Nel sequel, Alice deve alzarsi dalla carrozzina.”

“Quanto tempo abbiamo?”

“Due anni.”

“Ce la faremo.”

E in quel momento, il destino stava già scrivendo una nuova sceneggiatura—non su carta, ma nella vita di Sofia, che aveva smesso di essere solo una ragazzina in sedia a rotelle ed era diventata la protagonista del suo stesso film.

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