I miei figli si sono dimenticati di me: aiutatemi o vendo tutto e mi trasferisco in una casa di riposo.

I miei figli non si ricordano più di me. Ho avvertito: o mi aiutano, o vendo tutto e vado in una casa di riposo.

Sono stanca. Stanca fino al tremore delle mani, al dolore al petto, alle notti insonni. I miei figli adulti si comportano come se io non esistessi più. Ho dato loro tutto—l’anima, la giovinezza, la salute, l’amore. Eppure non mi chiedono neanche come sto. Gliel’ho detto chiaro: o vi prendete la responsabilità di vostra madre, o vendo tutto e mi trasferisco in una buona casa di riposo. Avrò una stanza, assistenza, tranquillità—e nessuna delusione.

Io e mio marito abbiamo vissuto tutta la vita per i nostri figli. Per loro avremmo fatto qualsiasi cosa. Ci siamo privati anche del necessario, pur di garantirgli tutto. I migliori insegnanti privati, università prestigiose, viaggi, tecnologia—tutto comprato con i nostri sacrifici. Credevo fossimo una famiglia perfetta. Forse li abbiamo viziati troppo. Ma come potevamo fare altrimenti, amandoli più della vita stessa?

Quando Ginevra si è sposata ed è rimasta incinta, mio marito è morto all’improvviso. Semplicemente non si è svegliato una mattina. La sua perdita è stata un colpo da cui ancora non mi sono ripresa. Ma ho cercato di resistere—mia figlia aspettava un bambino, aveva bisogno del mio sostegno. Le ho regalato l’appartamento ereditato dai miei genitori. Quando mio figlio Marco si è sposato, gli ho dato il bilocale di mia suocera, in centro. Avevano un tetto sopra la testa, ma ho aspettato a firmare le donazioni. Volevo vedere come si sarebbero comportati.

Ho lavorato fino a 74 anni—più a lungo di molti giovani. Avrei potuto andare in pensione prima, ma rimandavo sempre: prima i nipoti, poi le spese, poi le ristrutturazioni per i figli. Poi mi sono fermata. Semplicemente non ce la facevo più. Le gambe cedevano, le mani tremavano. E l’aiuto? Zero.

Il nipote di Ginevra è andato a scuola. Marco ha un neonato. Del primogenito mi sono occupata io fin dalla nascita. Ma il secondogenito non l’ho mai nemmeno tenuto in braccio. Nessuno mi chiamava, nessuno chiedeva se avevo bisogno. E invece ne avevo. Telefonavo ai miei figli, chiedevo: compratemi la spesa, aiutatemcon le faccende di casa, ma la risposta era sempre la stessa: “siamo occupati”, “non adesso”, “abbiamo da fare”.

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I miei figli si sono dimenticati di me: aiutatemi o vendo tutto e mi trasferisco in una casa di riposo.