Quando la famiglia bussa alla porta: la storia di un’eredità indivisibile

Ecco la storia adattata per la cultura italiana, con nomi, luoghi e valute modificati:

Marco entrò in salotto mentre sua moglie guardava una serie tv e le disse con un tono pacato:

«Mi ha chiamato mio fratello. Dice che lui e Federica vogliono venire sabato. Hanno bisogno di parlare.»

«Perfetto! Sai che sono sempre contenta di ospitare qualcuno,» rispose sorridendo Isabella.

«Però ha aggiunto che sarà una conversazione seria,» precisò Marco, guardandola con un’aria sospettosa. «Solo noi due, senza i coniugi.»

«E tu non hai idea di cosa vogliano?» Isabella si irrigidì.

Marco tacque, abbassò gli occhi… e capì all’improvviso: era questione dell’eredità.

Due mesi prima, Marco e Isabella avevano ufficialmente ricevuto l’eredità. Zia Ludovica, la sorella maggiore della loro madre, non aveva avuto figli e aveva vissuto tutta la vita da sola, ma con una forte indipendenza. Quando la salute iniziò a vacillare, chiamò in aiuto i nipoti. Solo Marco e Isabella si presero cura di lei – la portarono dai medici, fecero la spesa, pagarono una badante, l’accompagnarono in una clinica termale. Gli altri parenti si limitavano a mandare un biglietto per le feste.

Non c’era sorpresa nel fatto che zia Ludovica avesse lasciato tutto a loro: un bilocale nel centro di Firenze e una villetta fuori città.

Sabato arrivarono puntuali Federica e Alessandro. Senza sorrisi, senza tanti convenevoli. Si sedettero in salotto e andarono subito al punto:

«Va bene, zia vi ha lasciato l’appartamento. Ma la villetta è troppo,» esordì Alessandro.

«Noi ci abbiamo sempre badato!» aggiunse Federica. «Tagliavamo l’erba, innaffiavamo i fiori. Io e i bambini ci passavamo tutta l’estate.»

«E almeno una volta avete portato zia con voi?» chiese Isabella con calma. «Avete mai esaudito una sua richiesta? Vi supplicava di portarla in campagna, per respirare aria fresca…»

«Be’, abbiamo i nostri impegni. I bambini, il lavoro…» borbottò Federica.

«Appunto. Per questo zia ha fatto come voleva lei,» disse piano Marco.

«Voi l’avete plagiata!» sbottò Alessandro. «Ma che uomo sei, se non sai dividerti con la tua famiglia?!»

«E tu sei un uomo, perché lotti per una catapecchia?» ribatté freddo il fratello.

I parenti se ne andarono arrabbiati. Ma la mattina dopo suonò il telefono.

«Marco, ma che hai fatto, cambiato le serrature alla villetta?» urlò Alessandro. «Io e Matteo siamo venuti a prendere le nostre cose e non possiamo entrare!»

«Le ho cambiate. Perché non avete avvisato. Venite sabato prossimo – faremo le pulizie. Prenderete quel che è vostro.» Marco riattaccò.

«Lo sapevi?» chiese, voltandosi verso Isabella.

«Non conosci i tuoi parenti? Se non avessi cambiato le serrature, si sarebbero portati via pure i mobili. Stanne certo.»

Un mese dopo, vendettero sia la villetta che il loro trilocale. Comprarono un ampio appartamento al mare – a Rimini. Un cortile tranquillo, la scuola vicina, trovarono lavoro in fretta: Marco iniziò in porto, Isabella in una scuola elementare.

La figlia, Beatrice, rimase a vivere nell’appartamento di zia Ludovica mentre studiava all’università.

Sembrava che la vita si fosse sistemata. Ma da marzo iniziarono le chiamate insistenti.

«La villetta non c’è più,» disse Federica al telefono. «Quindi veniamo tutti da voi. A inizio luglio. E porteremo anche la nipote di Luca!»

«Prenotate un hotel,» rispose tranquillo Marco. «Noi qui viviamo, non siamo in vacanza. E non aspettiamo ospiti.»

«Ma tua suocera e suo marito sono stati da voi a settembre!» protestò Federica.

«Perché sono i genitori di mia moglie. Se fossero vivi, avremmo ospitato anche i nostri. Ma per tutta la vostra combriccola non c’è spazio.»

«Siete egoisti!» sbottò lei. «Ricordati, fratellino, se mai avrai bisogno d’aiuto. E non troverai più nessuno!»

«In quest’anno è spuntata tanta parentela quanti funghi dopo la pioggia. E tutti ci cercano solo da maggio a settembre. Tranquilla, di parenti ne abbiamo a sufficienza,» sorrise amaramente Marco.

E riagganciò.

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