– Mamma, oggi vado al cinema con Elena! Resta in contatto, va bene? – gridò Matteo baciando Marina sulla guancia prima di scomparire in bagno. Lo sentiva canticchiare qualcosa mentre l’acqua scorreva. Era felice… libero. Proprio come lei non lo era mai stata. – Mamma, esco! – chiamò Matteo, affacciandosi con il viso radioso, indossando la sua camicia blu preferita. – Buona fortuna, tesoro! – Marina gli fece un cenno con la mano e si sedette sulla poltrona. Il telefono vibrò piano: un nuovo messaggio. Lo aprì distrattamente… e rimase sconvolta.
Nella quiete della sera, si sentì un singhiozzo soffocato. Marina giaceva rannicchiata, abbracciando le ginocchia, e piangeva in silenzio – le lacrime lasciavano scie umide sul cuscino.
– Mamma, che succede? – Matteo era tornato prima del previsto e la guardò preoccupato. Si asciugò in fretta gli occhi e forzò un sorriso:
– Tutto bene, sole mio. Solo un po’ stanca.
Lui si sedette accanto a lei, scrutandole il viso. Ormai adulto. Alto, composto, con lo stesso sorriso affascinante di quando era bambino. Solo che ora quel sorriso era sempre più spesso per Elena, non per lei…
I ricordi la travolsero all’improvviso. Diciotto anni. Stefano. Matrimonio. Un amore che la faceva girare la testa. La fiducia ingenua che i sentimenti potessero vincere tutto. Ma… non avevano vinto.
– Mamma! Dov’è la mia camicia blu? – la voce di Matteo la strappò dai suoi pensieri.
– Nell’armadio, a sinistra! – gridò, sorridendo tra sé.
Si avvicinò allo specchio. Quarantadue anni. Negli occhi, una tristezza che nessuno notava più. Come se la vita si fosse fermata al passato…
Ricordava chiaramente quel giorno. Martedì. Il supermercato vicino casa. Pane, latte. E… Stefano. Con una busta e… un vasetto di omogeneizzato. Pannolini. Un sorriso stampato in faccia. Ma gli occhi tradiscono.
– Non è… quello che credi – borbottò lui.
– E cosa devo credere?! Che stai facendo sedute da quella… come si chiama… Giovanna?! Avete già un figlio?!
Poi, tutto era diventato nebbia. Grida. Divorzio. Solitudine. Ma anche libertà.
Aveva imparato a vivere da sola. Senza Stefano. Senza dibattiti. La suocera era rimasta dalla sua parte, sostenendola. Aveva cresciuto suo figlio, imparato a sorridere… a dimenticare il tradimento.
A volte, però, il dolore tornava. Come oggi, vedendo Matteo abbracciare Elena. Il modo in cui costruivano la loro relazione – con cura, rispetto. Senza promesse stupide di «per sempre».
Il telefono vibro di nuovo. Una richiesta di amicizia. Paolo… Quello stesso Paolo delle scuole?
Il cortile della scuola. Lei, la più bella della classe. Lui, con un mazzetto di margherite davanti al cancello. Poi era arrivato Stefano. E Paolo era rimasto nel passato.
– Ludo, non crederai mai… Paolo delle elementari mi ha scritto!
– Quello che era pazzo di te fino alla fine delle medie? – rise l’amica. – Stefano lo faceva ingelosire a morte!
– Mi ha solo mandato una richiesta.
– Accettalo, allora! Pare che adesso lavori in una grande azienda, divorziato pure lui…
Le settimane successive furono come una fiaba. Messaggi. Battute. Risate che duravano fino all’alba. Paolo era attento, leggero, con un umorismo gentile… Solo che adesso aveva la sicurezza di un uomo che aveva vissuto.
– Matteo – disse una sera –, voglio presentarti qualcuno…
– Paolo? – Matteo sorrise. – Mamma, lo vedo. Splendi. Sono felice per te.
Le vennero le lacrime. Ma presto Paolo iniziò a scrivere meno. Risposte più brevi. E poi…
«Marina, scusa. C’è un’altra donna. Tu allora hai scelto Stefano – mi hai fatto male. Ora sai come ci si sente».
Guardò lo schermo. Immobile. Un uomo adulto… aveva organizzato una vendetta dopo vent’anni?
– Basta piangere! – irruppe Ludo. – Adesso rispondiamo a questo Casanova.
ScrisMentre il sole tramontava su Firenze, Marina sorrise tra sé, sapendo che la vera vittoria era vivere senza rimpianti.