**12 Novembre**
Ero seduto in ospedale, in attesa dei risultati degli esami, quando ho visto Antonella Rossi uscire dallo studio del dottore con le borse in mano. Aveva l’aria spenta, anche se il medico le sorrideva rassicurante.
— Antonella, hai fatto il possibile. Ora riposati e segui le indicazioni — le disse, aprendole gentilmente la porta.
Lei annuì, ma la gola le si strinse. Quel mese di degenza, per quanto duro, le aveva dato un respiro. Finalmente si era fermata. Per anni aveva lavorato come una bestia, ignorando i capogiri, la pressione alta, la stanchezza. Fino a quando il cuore non aveva ceduto. Un mese a letto, con sua madre quasi impazzita dalla preoccupazione.
Intanto, il marito, Giorgio? Niente. Come se non si fosse accorto della sua assenza. Anzi, appena Antonella era partita, la suocera aveva riempito la casa di pentole, panni sporchi e prediche.
— Antonella, tesoro, Giorgio è ancora un ragazzino — diceva al telefono con quella vocina dolciastra. — Chi se ne prende cura, se non io? Tu hai tua madre, io sto con mio figlio.
Antonella serrava i denti. Tutto il lavoro per renderlo autonomo, per insegnargli a lavare i piatti, a fare la spesa, era svanito in un attimo. Di nuovo lei diventava la strega, mentre sua suocera la fata buona che “salvava” il povero figlio dalla moglie tiranna.
I primi anni di matrimonio erano stati un incubo. La suocera li controllava persino in camera da letto. — State dormendo? O c’è qualcosa che non va? — chiamava al telefono a mezzanotte. Una follia.
Si erano conosciuti per caso. Antonella era uscita di casa dopo una litigata con un’amica, camminando per strada con le lacrime agli occhi. E all’improvviso, un uomo cadde quasi addosso a lei. O meglio, un ramo. Alzò lo sguardo e vide Giorgio, impigliato tra i rami di un albero.
— Ma sei pazzo? Vuoi ammazzarti? — gli aveva gridato.
— Stavo salvando un gatto! — aveva borbottato lui, offeso.
Il gatto, ovviamente, era scappato. Ma Giorgio era rimasto. Lei gli aveva portato una scala e una corda, aiutandolo a scendere. E così era iniziata la loro storia. Bella, ma con qualcosa di marcio dentro.
Dopo il matrimonio, Antonella aveva capito presto che Giorgio non era solo immaturo. Era un bambino. Non lavava un piatto, non buttava la spazzatura senza lamentarsi. Lei invece tirava avanti da sola: mutuo, lavoro, sua madre malata. Lui correva a piangere dalla mamma, e quella la riempiva di rimproveri. Alla fine, Antonella aveva deciso di educarlo. E, devo dire, ci era riuscita.
Giorgio era cambiato. Iniziò a cucinare, a pulire, persino a prendere iniziative. La suocera si era ritirata, anche se ogni tanto la trovavi in cortile a piangere per il “povero figliolo”. Ma tutto sembrava sotto controllo. Fino all’ospedale.
Adesso ricominciava da zero. Tornata a casa, Antonella chiamò Giorgio. Silenzio. Strano, era il suo giorno libero. Provò con la suocera. Niente. Un brivido le corse lungo la schiena. Prese un taxi e tornò a casa.
Mette la chiave nella serratura, ma la porta si apre prima. Davanti a lei, una donna sconosciuta.
— Chi sei? — chiede Antonella, gelida.
— Sono Marina. La donna di Giorgio. E tu, cara, qui non ci stai più. Quindi, gentilmente, spariscAntonella sorrise, chiuse la porta e capì che finalmente poteva vivere solo per se stessa.