«Ma cos’è, questo è il mio regalo di nozze?!» esclamai sconvolta, vedendo la scena dopo un anno dal matrimonio di mio figlio. Non potevo credere ai miei occhi davanti allo stato in cui versava il mio dono. Questa storia cominciò con l’intenzione di fare una sorpresa ai novelli sposi, ma si trasformò in una lezione che non dimenticherò facilmente.
**Un regalo fatto con il cuore**
Quando mio figlio Matteo mi annunciò che si sarebbe sposato, ero al settimo cielo di gioia. La sua fidanzata, Beatrice, mi piacque subito: dolce, premurosa, con occhi sinceri. Volli far loro un regalo speciale per le nozze. Non avevo molti soldi—ho lavorato come insegnante tutta la vita, e la pensione, si sa, è modesta. Ma desideravo regalare qualcosa di significativo, che potesse aiutarli nella vita insieme.
Dopo lunghe riflessioni, decisi di donare una lavatrice. Non era un elettrodomestico qualunque, ma un modello costoso: con tante funzioni, a basso consumo, garantita per cinque anni. Avevo risparmiato per anni, mettendo da parte qualcosa dalla pensione, e rinunciando a comprarmela per me. Alla festa consegnai loro la scatola con i documenti e le chiavi (l’elettrodomestico era già stato consegnato a casa loro). Matteo e Beatrice erano entusiasti, mi abbracciarono, mi ringraziarono. Ero felice di averli resi contenti.
**La visita dopo un anno**
Dopo il matrimonio, non li vedevo spesso. Vivono in un’altra città, a circa tre ore di macchina. Hanno la loro vita, il lavoro, e io non volevo essere invadente. Ci sentivamo al telefono, a volte venivano a trovarmi, ma nella loro casa non mettevo piede dai giorni del matrimonio. E così, dopo un anno, decisi di far loro visita. Matteo mi disse che erano felici della mia visita, e partii con il buonumore, portando con me torte fatte in casa e marmellata.
Entrando in casa loro, tutto sembrava in ordine: pulito, accogliente, fiori sul davanzale. Poi entrai in bagno e rimasi sconvolta. La mia lavatrice, il mio regalo, era accantonata in un angolo, coperta di polvere, con graffi sulla superficie. E accanto, ce n’era un’altra—nuova, lucida, comprata da poco. Chiesi a Beatrice: «E quella che vi ho regalato io?» Lei esitò, poi rispose: «Beh, non era molto pratica, faceva anche rumore. Abbiamo preferito prenderne un’altra e questa… beh, per ora è qui.»
**La mia reazione e il confronto**
Fui scioccata. «Ma cos’è, questo è il mio regalo di nozze?!» mi sfuggì. Non riuscivo a credere che avessero trattato con tanta noncuranza qualcosa per cui avevo risparmiato anni. Matteo cercò di smussare: «Mamma, non ti preoccupare, volevamo qualcosa di più moderno. La tua la useremo ancora, a volte.» Ma vedevo bene che era lì, inutilizzata, come un oggetto ormai inutile.
Cercai di parlare con calma, ma dentro ribollivo. Spiegai che quella lavatrice non era solo un acquisto, ma un dono fatto con il cuore, che mi ero privata di tante cose per comprarla. Beatrice si giustificò, dicendo che non volevano offendermi, solo che la nuova era più comoda. Matteo aggiunse che l’avrebbero portata nella casa al mare. Al mare! Come se fosse un vecchio catorcio!
**La lezione appresa**
Tornai a casa con il cuore pesante. Da una parte, sapevo che era la loro vita e potevano fare ciò che volevano. Dall’altra, mi doleva che non avessero apprezzato il mio gesto. Non mi aspettavo eterna gratitudine, ma almeno un po’ di rispetto per qualcosa che per me aveva tanto valore.
Ora evito di riaprire l’argomento per non rovinare i rapporti. Matteo e Beatrice mi chiamano, mi vengono a trovare, tutto come prima. Ma ho imparato una cosa: non farò più regali così costosi. Quei soldi, meglio spenderli per me—magari per quel viaggio al mare che sogno da anni.
Se anche voi avete vissuto situazioni simili, ditemi come avete gestito la delusione. Vale la pena riparlarne con mio figlio e mia nuora, o è meglio lasciar perdere? Ho bisogno di un consiglio.