Quando l’eredità della nonna riaccende i ricordi di un padre

Quando leredità della nonna risvegliò i ricordi di un padre
Mio padre si ricordò di me solo quando seppe delleredità di nonna

La mia vita non è mai stata un mare calmo, ma il colpo più duro non fu linfanzia senza genitori. Fu il ritorno di colui che un tempo chiamavo « Papà »dopo quindici anni di silenzio. Non arrivò con fiori o scuse. Venne con una richiesta: « Dividi leredità. »

I miei genitori divorziarono quando avevo quattro anni. Mia madre si perse nellalcol, il tribunale le tolse la patria potestà, e mio padre, incapace di fare il genitore, mi affidò a sua madre in un paesino sperduto vicino a Firenze. Lui viveva in città e veniva raramenteuna volta ogni sei mesi, a volte meno.

Andavo alla scuola del paese, imparai a lavorare la terra, a cucire con una vecchia macchina, a pescare, a fare mazzi di lavanda, a preparare marmellate. La vita con nonna era semplice, ma autentica. In terza elementare, mio padre arrivò con una donna sconosciuta. Mi fecero uscire. Quando rientrai, cera solo nonna, seduta sulla sua poltrona, lo sguardo perso.

« Dovè Papà? » chiesi.

« Non tornerà più, Fiammetta », sussurrò lei.

E non tornò. Si rifece una famiglia, dimenticando sua figlia. Io e nonna vivemmo sole. Non piangevoavevo lei. Saggia, calma, severa e dolce. Fu tutto per me: madre, padre, amica.

Quando finii le medie, zia Rosina, la sarta del paese, mi disse:

« Hai le dita doro. Iscriviti alla scuola professionale, non sprecare il tuo talento nei campi. »

La ascoltai. Partii per Milano. Studiai, lavorai, sopravvissi. Mio padre abitava a tre fermate di autobus dalla mia stanzama in quattro anni, non chiese mai di me. Nemmeno io.

Dopo il diploma, aprì una bottega, sposai Luca. Avevamo un piccolo appartamento, ma ogni venerdì andavamo in campagna da nonna. Adorava Luca. Brillò di gioia quando seppe della mia gravidanza. Ma non conobbe mai il suo bisnipote

Quando nonna morì, il mondo si svuotò. Poi venne il notaio: la casa, il terreno, i risparmitutto era lasciato a me. Piansi davanti a quella lettera. Non per i soldi, ma per il ricordo.

Mio padre non venne al funerale. Nessuna chiamata, nessuna parola. Seppe della morte di sua madre sei mesi dopo. E del testamento. Allora, per la prima volta in quindici anni, bussò alla mia porta.

Non riconobbi subito quelluomo invecchiato. Non fece giri di parole:

« Leredità di nonna va divisa. La metà spetta a me. »

Risi in faccia. Amaramente, senza freni:

« A te? La metà? Ci hai abbandonate, lei e me. E adesso ti ricordi? Lodore degli euro? »

Sbuffò, ma Luca si mise al mio fianco:

« Vattene. Di buon grado, o ti aiuto io. »

Mio padre portò la causa in tribunale. Ma persino la legge fu dalla mia parte. Perse, pagò le spese, sparì di nuovo.

Io e Luca aprimmo la nostra sartoria. Facevamo tute da lavoroper operai, medici, pompieri. Le ordinazioni arrivavano. Vivevamo, costruivamo la nostra vita.

Non rividi mai mio padre. E non lo voglio. Nonna fu la mia vera famiglia. Tenni duro perché lei, un giorno, aveva creduto che meritassi di più. E vivo perché sia fiera di me. Lassù, da qualche parte sopra le nuvole

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