Ospiti Indesiderati

Ah, senti questa storia, è proprio particolare!

Il telefono ha svegliato Valentina alle cinque del mattino. Stava squillando un numero sconosciuto.

“Pronto,” ha detto Valentina con tono secco.

“Valentina? Sei tu?” Una voce femminile allegra e squillante le riempì l’orecchio.

“Sì, sono io,” rispose lei, senza troppo entusiasmo.

“Sono io! Mi hai riconosciuta?” La voce sembrava convinta di essere ovvia.

“Certo che ti ho riconosciuta,” mentì Valentina, per educazione, anche se non aveva la più pallida idea di chi fosse.

“Lo sapevo che mi avresti riconosciuta subito!” continuò la donna, felice. “Che fortuna averti trovata! Puoi parlare adesso?”

“Posso.”

“Perfetto! Io, mio marito e i bambini siamo già alla stazione. Il treno è arrivato unora fa. Mi senti bene?”

“Sì, ti sento.”

“La tua voce è un po bassa. Tutto bene, Valentina?”

“Tutto a posto.”

“Che bello! Allinizio volevamo prendere un hotel, pensavamo di non avere parenti in città. Poi ci siamo ricordati di te! Capisci?”

“Capisco.”

“Che fortuna, no? Non immagini quanto fossimo contenti, soprattutto i bambini!”

“Posso immaginare.”

“Mio marito ha detto subito: ‘Chiama Valentina, lei non ci deluderà!'”

“Aveva ragione. Non vi deluderò.”

“Allora possiamo venire da te? Ho capito bene?”

“Esatto. Venite pure.”

“Non resteremo a lungo, solo un paio di settimane. Vogliamo visitare la città e poi tornare a casa. Sai comè, ‘paese che vai, casa che trovi’ Sei daccordo?”

“Sono daccordo.”

“Lo sapevamo! Soprattutto mio marito. Diceva: ‘Impossibile che Valentina ci dica di no! Siamo pur sempre parenti, no? Anche se lontani, anche se non ci vediamo da dieci anni'”

“Già.”

“Vivi ancora da sola?”

“Da sola.”

“Nellappartamento di tre stanze?”

“Esatto.”

“Allora veniamo da te adesso?”

“Venite.”

“Arriviamo tra unora. Abiti ancora lì?”

“Sempre lì.”

“Allora aspetta, arriviamo!”

“Vi aspetto.”

Valentina chiuse la chiamata, posò il telefono sul comodino, girò la testa dallaltra parte, si tirò la coperta sulla testa e si riaddormentò, senza nemmeno preoccuparsi troppo di non aver ancora capito con chi avesse parlato.

Unora dopo, il campanello suonò. Valentina guardò lorologio, chiuse gli occhi e si rigirò. Il telefono squillò di nuovo. Lei dormiva.

Dopo un po, qualcuno iniziò a bussare alla porta. Valentina rimase impassibile. Alla fine, il telefono suonò ancora.

“Pronto,” disse, senza aprire gli occhi.

“Valentina? Siamo noi!” la stessa voce allegra esclamò dallaltra parte.

“Sì.”

“Siamo arrivati! Suoniamo e bussiamo, ma non ci apri.”

“State suonando?”

“Sì!”

“Perché non vi sento?”

“Non lo so!”

“Provate a suonare di nuovo.”

Il campanello risuonò in casa.

“Stiamo suonando!” disse la donna.

“No, non vi sento,” rispose Valentina. “Adesso bussate.”

Qualcuno bussò alla porta.

“Stiamo bussando!”

“No, non sento niente.”

“Mi sa che ho fatto confusione,” disse la donna, incerta.

“Come?” chiese Valentina.

“Dove sei adesso?”

“Cosa vuoi dire? A casa.”

“Dove a casa?”

“A Palermo,” rispose Valentina, la prima cosa che le venne in mente. “Dove vuoi che sia?”

“Palermo?! Perché non sei a Roma?”

“Mi sono trasferita nove anni fa. Subito dopo il divorzio.”

“Perché?”

“Perché mi sono divorziata?”

“No, perché ti sei trasferita?”

“Roma mi stava stretta. Troppi brutti ricordi.”

“E a Palermo va meglio?”

“Certo, molto meglio.”

“Cosè che va meglio?”

“Tutto. Qualsiasi cosa facess

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