Il Mio Angelo

Oggi ho deciso di scrivere di lei. La mia Elisabetta, la mia luce.

Elisabetta continuava a ignorare le chiamate, ma quel ragazzo, Matteo, insisteva senza sosta.

“Elisabetta, rispondi! Basta così!” – sbottò Marina, la zia, affacciandosi alla porta. “O spegni quel telefono, se non vuoi parlare.” La porta si chiuse con un colpo secco.

Elisabetta spense il telefono e lo scagliò sul divano. Avrebbe potuto farlo prima, ma aspettava una chiamata da Andrea. Lui aveva promesso di telefonarle, ma erano già passati due giorni di silenzio. Con Matteo, invece, non aveva più nulla da dire, tanto meno voglia di vederlo. Per lui era uscita dal suo guscio, quel rifugio in cui si era chiusa dopo la morte dei genitori. E lui l’aveva tradita così cinicamente…

***

Quella sera c’era una lastra di ghiaccio per le strade. I suoi genitori tornavano dalla nonna. All’improvviso, un SUV sbucò da un vicolo. L’autore, ubriaco, perse il controllo sul fondo stradale scivoloso, e il veicolo si schiantò contro la loro macchina. La mamma morì sul colpo, il papà in ospedale.

Era passato esattamente un anno. Prima, Elisabetta amava il Capodanno, lo attendeva con impazienza. Ora, invece, quel periodo le provocava un brivido di terrore. Le ricordava solo la morte, il dolore che non passava.

Non ricordava nemmeno come fosse riuscita a superare il primo anno all’università, o come avesse sopportato quella perdita. Era arrivata a vivere con lei zia Marina, la sorella di suo padre. Divorziata perché non poteva avere figli—un aborto mal riuscito ai tempi del liceo.

“Chiamami semplicemente Marina. Altrimenti mi sento una vecchia zia,” le aveva detto subito.

Ma Marina non poteva sostituire i suoi genitori. E non erano mai diventate amiche. Marina era troppo presa dalla ricerca di un uomo, da appuntamenti e nuovi incontri.

Elisabetta non aveva intenzione di festeggiare il Capodanno. Avrebbe solo dormito. Ma Matteo la convinse ad andare al compleanno di un suo amico, due giorni prima della festa.

“Ho una ragazza, ma non esco mai con lei. E poi, cosa ci faccio lì da solo? Tutti saranno in coppia. Non è Capodanno, è un compleanno. Dai, vieni. Devi tornare a vivere. Neanche tua mamma avrebbe voluto che ti chiudessi in casa,” la supplicò.

Quell’ultimo argomento la convinse, e alla fine accettò. Indossò quel vestito che aveva comprato con la mamma proprio per il Capodanno precedente, ma che non aveva mai avuto occasione di mettere.

“Sarai la più bella,” le aveva detto sua madre.

Ed era vero, quel vestito le stava a meraviglia.

Marina la osservò con occhio critico.

“Finché viviamo insieme, non mi sposerò mai. Chi mi guarderebbe con una bellezza come te accanto?” Sospirò. “Non è un po’ troppo scollato? Aspetta.” Tornò con una sciarpa sottile, di una tonalità leggermente più scura, che aggiungeva un tocco elegante all’insieme.

“Alla mamma sarebbe piaciuto,” pensò Elisabetta.

“Così va meglio,” disse Marina soddisfatta. “Puoi mettertela sulle spalle se senti freddo.”

In taxi ci misero parecchio. Quando arrivarono, la festa era già cominciata. Il festeggiato fischiò appena la vide.

“Ora capisco perché la tenevi nascosta. Amico o no, te la rubo,” scherzò, indicando Matteo con un dito accusatorio.

Elisabetta non conosceva nessuno, ma finché Matteo era accanto a lei, stava tranquilla. Poi iniziarono a ballare. Un ragazzo la invitò, e quando la musica si fermò, Matteo era sparito.

Si sentì subito a disagio tra tutta quella gente. Cominciò a cercarlo, passando da una stanza all’altra. Nella hall, notò che la porta d’ingresso era socchiusa. Uscì e lo vide sulle scale, un piano più giù, che baciava con furia una ragazza, come se non si vedessero da anni. Erano così presi da non accorgersi di nulla.

A Elisabetta venne da vomitare. Cosa fare? Non poteva restare lì. Tornò dentro, prese cappotto e stivali, e uscì di nuovo.

Guardarli le faceva male. Non poteva passarci accanto. Non le restava che salire e aspettare che finissero o che qualcuno li chiamasse. Salì un altro piano, ma anche lì sentiva sussurri e baci.

Decise di salire ancora. La scala portava a una lunga loggia aperta. Si fermò e guardò giù, sentendo il vento fresco sul viso arrossato. Le macchine parcheggiate sembravano cumuli di neve.

“Se saltassi, farebbe male?” le passò per la mente. “Non pensarci nemmeno!” – non sapeva se era stata lei a ordinarselo, ma fece un passo indietro. Poi si avvicinò di nuovo.

“Non pensarci! Allontanati da quel parapetto!” – una voce severa alle sue spalle. E subito due braccia forti la strattonarono via.

La sciarpa si impigliò da qualche parte, scivolò dal collo e, presa dal vento, svolazzò verso il bordo. Elisabetta fece per afferrarla, ma ormai era troppo tardi.

“Lasciami!” – si infuriò con il ragazzo che ancora la tratteneva. “La sciarpa! Marina mi ucciderà!”

“Scusa, ho pensato che volessi buttarti,” disse lui, imbarazzato.

“Ma che dici? Stavo solo guardando giù!” La rabbia cresceva.

“Andiamo a cercarla.” La trascinò via. Quando scesero, Matteo e quella ragazza non c’erano più. Un dolore pungente: non l’aveva nemmeno cercata.

La sciarpa era incastrata su un ramo. Il ragazzo saltò per afferrarla, ma il legno scricchiolò. Riuscì comunque a prenderne un lembo, ma un bel pezzo restò sull’albero.

“Mi dispiace. È preziosa?” chiese, porgendogliela.

“No. Me l’ha data Marina. Cosa le dico ora?” La infilò in tasca, sconsolata.

“Sei scappata dalla festa?” le chiese.

“E a te che importa?” ribatté seccata.

“Ti accompagno.”

“Posso tornare da sola.”

“È buio, e il quartiere è deserto. Andiamo.”

Alla fine accettò. Presero un taxi insieme.

“Dove andiamo, ragazzi?” chiese l’autista, allegro.

Elisabetta diede il suo indirizzo.

Viaggiarono in silenzio a lungo. Poi lui non resistette.

“Davvero non volevi buttarti?”

“E se anche l’avessi voluto? Tu chi sei?”

“Andrea.”

“Chi? Angelo?”

“Se vuoi. Andrea,” rise. “Mia mamma mi ha chiamato così. Negli anni Ottanta c’era un gruppo folk-rock polacco, ‘Andrea e”Da quel giorno, ogni Capodanno divenne una promessa di felicità, e quella stella cadente sulla loggia fu l’inizio di tutto.”

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

17 + three =

Il Mio Angelo