Figlia mia, non pensare male! Non sono un senzatetto. Mi chiamo Michele Simeone. Sono venuto da mia figlia. È difficile raccontarlo…

“Figlia mia, non pensare male di me! Non sono un senzatetto. Mi chiamo Michele De Santis. Sono venuto a trovare mia figlia. È difficile raccontare…”

Mancavano poche ore a Capodanno. Tutti i colleghi erano già corsi a casa, ma nessuno aspettava Sofia…

Per non tornare al lavoro il due gennaio, aveva deciso di anticipare il lavoro.

A casa laspettavano: due insalate fatte in anticipo, frutta e una bottiglia di spumante in frigo.

Non aveva nessuno per cui vestirsi bene. Desiderava solo togliersi i tacchi e infilarsi il pigiama di pile.

Con Andrea si erano lasciati qualche mese prima, e il divorzio era stato così doloroso che Sofia non aveva fretta di iniziare una nuova relazione.

Ora stava bene da sola…

Andrea aveva provato a riconquistarla, chiamandola più volte, ma Sofia non voleva ricominciare da capo. Non sarebbero mai stati felici insieme, era troppo complicato.

Non voleva nemmeno ricordarlo, era il passato. Perché rovinarsi le feste?

Sofia scese dallautobus. Ancora pochi passi e sarebbe stata a casa.

Davanti al portone, su una panchina, notò un anziano. Accanto a lui, un piccolo albero di Natale.

“Chissà, starà aspettando qualcuno!” pensò.

Salutò, e luomo annuì senza alzare gli occhi.

A Sofia parve di vedere una lacrima brillare nel suo sguardo, o forse era solo il riflesso delle luci. Non ci fece caso e corse dentro.

La sera si era fatta più fredda, e un brivido la scosse.

Dopo la doccia, indossò il suo pigiama preferito, si versò un caffè e si avvicinò alla finestra.

Strano, quelluomo era ancora lì.

“È passata più di unora da quando sono rientrata. Mancano due ore a mezzanotte. Se è venuto a trovare qualcuno, perché sta ancora fuori? E quel luccichio negli occhi…”

Apparecchiò la tavola, accese le lucine dellalbero, ma i suoi pensieri tornavano sempre a quellanziano solo.

Mezzora dopo, sbirciò di nuovo. Luomo era immobile.

“Starà male? Con questo freddo potrebbe congelarsi!”

Sofia si infilò il cappotto e uscì.

Avvicinandosi alla panchina, si sedette accanto a lui.

Lui la guardò e poi distolse lo sguardo.

“Scusi, sta bene? Lho vista qui da troppo tempo. Fa freddo. Posso aiutarla?”

Lanziano sospirò.

“Tutto a posto, piccola. Resterò ancora un po e poi vado.”

“Dove?”

“Alla stazione. Torno a casa.”

“Non è il caso. Non voglio trovarla qui domattina. Alziamoci, per favore! Venga a casa mia. Si scalderà, poi andrà dove deve.”

“Ma…”

“Niente ma! Andiamo!”

Se lamica Giulia lavesse vista, avrebbe sgranato gli occhi. Ma Giulia non cera, e Sofia non poteva lasciarlo lì.

Lanziano si alzò e prese labete.

“Posso portarlo?”

“Certo, perché no?”

Entrati in casa, mise lalberello nel corridoio e si tolse il cappotto.

Ogni movimento gli costava fatica, si vedeva che aveva davvero freddo.

Seduto in cucina, si scaldò le mani attorno alla tazza di tè. Bevve un sorso e alzò gli occhi.

“Figlia mia, non pensare male! Non sono un senzatetto. Mi chiamo Michele De Santis. Sono venuto a trovare mia figlia. È difficile raccontare…”

Con sua madre ci lasciammo anni fa. Fu colpa mia, incontrai unaltra donna.

Mi innamorai come un ragazzino, non vedevo altro…

Allinizio mentii, poi mia moglie scoprì di me e Maria. Iniziarono litigi, finché un giorno sbatt

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