Figlia mia, non pensare male! Non sono un senzatetto. Mi chiamo Michele Semenovici. Sono venuto a trovare mia figlia. È difficile da raccontare…

**31 Dicembre**

Mia cara, non pensare male di me! Non sono un senzatetto. Mi chiamo Michele Semenovitch. Sono venuto da mia figlia. È difficile raccontare…

Mancavano poche ore a Capodanno. Tutti i colleghi erano già corsì a casa, ma per Irene nessuno aspettava…

Per non uscire il 2 gennaio, aveva deciso di finire il lavoro prima.

A casa laspettavano un paio di insalate, frutta e uno spumante comprato in anticipo.

Non aveva motivo di vestirsi elegante. Voleva solo togliersi i tacchi e mettersi il pigiama più morbido che aveva.

Con Andrea si erano lasciati qualche mese prima, e il divorzio era stato così doloroso che Irene non aveva fretta di ricominciare una nuova relazione.

Ora stava bene da sola…

Andrea aveva cercato di riconquistarla, chiamandola più volte, ma Irene non voleva riaprire quella ferita. Niente di buono ne sarebbe venuto, non erano fatti luno per laltra, troppo complicato.

Non voleva nemmeno ricordarlo, era passato, perché rovinarsi le feste?

Irene scese dallautobus. Ancora qualche passo e sarebbe stata a casa.

Davanti al palazzo, sulla panchina, notò un vecchietto. Accanto a lui cera un piccolo albero di Natale.

“Chissà, sarà in visita da qualcuno!” pensò.

Irene lo salutò, e luomo annuì senza alzare gli occhi.

Le sembrò di vedere lacrime brillargli negli occhi, o forse era solo il riflesso delle luci. Non diede peso alla cosa e corse dentro.

La sera era diventata fredda, e Irene rabbrividì.

Dopo una doccia calda, indossò il suo pigiama di pile preferito, si versò un caffè e si affacciò alla finestra.

Strano, ma quelluomo era ancora lì, seduto sulla panchina.

“È passata più di unora da quando sono tornata, mancano due ore a Capodanno. Se è qui per vedere qualcuno, perché sta ancora fuori? E quel sospetto di lacrime…” continuava a pensare.

Irene apparecchiò la tavola, accese le lucine dellalbero, ma la mente tornava sempre a quel vecchietto solo.

Dopo mezzora, diede unaltra occhiata. Luomo era immobile.

“Magari non sta bene. Potrebbe congelarsi…”

In fretta, Irene indossò il cappotto e uscì.

Si avvicinò alla panchina e si sedette accanto a lui.

Luomo la guardò e poi distolse lo sguardo.

“Scusi, tutto bene? Lho visto qui da solo da un po. Fa freddo. Posso aiutarla in qualche modo?”

Il vecchio sospirò:

“Niente, piccola! Tutto a posto, resto ancora un po e poi vado.”

“Dove?”

“Alla stazione. Torno a casa.”

“Sa, non mi sembra il caso. Non voglio trovarla qui domani mattina. Alziamoci! Per favore, venga con me. Si riscaldi un po, poi potrà andare dove vuole.”

“Ma…”

“Niente ma! Andiamo!”

Irene sapeva che se la sua amica Silvia lavesse vista in quel momento, avrebbe sgranato gli occhi… Ma Silvia non cera, e lasciare lì quel vecchio era impossibile.

Luomo si alzò e prese lalbero.

“Posso portarlo?”

“Certo, perché no?”

Entrati in casa, il vecchio posò lalberello con discrezione nellingresso, si tolse il cappotto.

Ogni movimento gli costava fatica, era chiaro che aveva davvero freddo.

Si sedette in cucina, Irene gli versò un tè e lui scaldò le mani attorno alla tazza. Bevve un sorso e poi la guardò.

“Mia cara, non pensare male di me! Non sono un senzatetto. Mi chiamo Michele Semenovitch. Sono venuto da mia figlia. È difficile raccontare…”

Con sua madre ci lasciammo anni fa, la colpa è mia, incontrai unaltra donna.

Mi innamorai come un ragazzino, non vedevo altro…

Allinizio nascondevo tutto, poi mia moglie scoprì di me e Masha. Iniziarono le litigate e un giorno sbatt

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